La commedia è il solo imperituro genere del cinema americano. Non muore mai. Gli altri hanno subito eclissi importanti: l'estinzione del western, la deriva postmoderna del noir, la crisi della fantascienza negli anni 60, l'intermittenza del musical. La commedia si rigenera ad ogni epoca: dallo slapstick della preistoria alla screwball, dal demenziale alla stand up comedy televisiva. Resistenza e adattamento che mantengono forti costanti. Non c'è dubbio che lo humour ebraico tipico della cultura yiddish, almeno dai tempi del sonoro, abbia ad esempio esercitato influenze fortissime. Spesso in Italia arrivano soprattutto le propaggini più volgari della Hollywood che ride, come i cosiddetti spoof, le parodie di titoli celebri (come 3ciento - Chi l'ha duro... la vince, 2008) mentre le incursioni più sofisticate faticano a emergere. Ma ci sono eccezioni, e il notevolissimo successo di Una notte da leoni 3 (12 milioni di euro incassati in Italia in questa stagione se non morta almeno svenuta) dimostra come esista un pubblico per la commedia Usa.

Dove si colloca in questo ragionamento Judd Apatow, classe 1967? Molto in alto, anzi in cima alla lista dei new comedy talent. Una biografia interessante. Umorista fin da adolescente, scrive testi e anima trasmissioni radiofoniche seguendo i modelli più classici, dal Saturday Night Live a Steve Martin, il suo idolo insieme a Howard Stern. Poi diventa il ghost writer di Ben Stiller (soprattutto per i lavori in televisione) e comincia a frequentare e a farsi un nome nell'ambiente della comicità moderna di derivazione ebraica. Produce una serie tv di poco successo, Freaks & Geeks (1999), che però funziona quasi come un manifesto. I geek sono i tipi strani e un po' asociali ossessionati da un hobby o da una occupazione maniacale e solitaria, come ad esempio smanettare sul computer ad libitum. Sono tali Steve Carell in 40 anni vergine (2005), esordio di Apatow dietro la macchina da presa, e soprattutto Seth Rogen in Molto incinta (2007), di cui l'ultimo film Questi sono i 40 (uscito in Usa lo scorso Natale con buon successo, ma da noi in sala solo da questa settimana) rappresenta una specie di spin off. Disadattati, inetti, non necessariamente sfigati (non lo è il personaggio di Rogen) quindi non del tutto paragonabili ai nerd. Perché a Judd e in generale ai comici ebrei interessino così tanto i geek è l'aspetto più interessante della questione. Il termine deriva dall'anglosassone "geck" che significa "sciocco" e "strano", e indicava quelle figure che nelle rappresentazioni di strada o circensi avevano la stessa funzione dello shlemiel yiddish (di cui Shlomo nel film Train de vie è l'ultima incarnazione filologica). Che siano, Adam Sandler e Seth Rogen (non a caso entrambi comici in Funny People, 2011), i nuovi shlemiel?

Certo non se lo chiedono Paul Rudd e Leslie Mann in Questi sono i 40 perché troppo incasinati a non far naufragare il proprio matrimonio e a rifondare l'idea stessa della convivenza. I due attori tornano a interpretare i personaggi di Molto incinta ma il clima si è fatto più crepuscolare, pur restando intatto l'humour feroce tipico di Apatow. Il film è una riflessione anche sulla famiglia cinematografica del regista. Lui e Leslie Mann (marito e moglie nella vita) sono ormai un po' come Blake Edwards e Julie Andrews (si parva licet ovviamente, specie nel paragone Blake-Judd) ma non va sottovalutata la costante collaborazione con Paul Rudd, altro alfiere della new comedy ebraica, o Jason Segel (protagonista di Freaks and Geeks; nel film è Jason), per tacere della presenza di Albert Brooks, già "colonna" del Saturday Night Live dei vecchi tempi.