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ONDA&FUORIONDA

Pericolo e "sproporzione" di un film.
di Pino Farinotti

In foto Greta Garbo in una scena di Ninotchka.
Greta Garbo (Greta Lovisa Gustafson) 18 settembre 1905, Stoccolma (Svezia) - 15 Aprile 1990, New York City (New York - USA). Interpreta Nina Ivanovna 'Ninotchka' Yakushova nel film di Ernst Lubitsch Ninotchka.

domenica 16 settembre 2012 - News

La lettura delle vicende del mondo islamico innescate da L'innocenza dei musulmani, il film su Maometto, è naturalmente complessa. Nel suo insieme accessibile a pochi, pochissimi: il sotterraneo, i servizi segreti, le grandi potenze, Al Qaeda, eccetera. Da quelle parti, - e le parti si sono allargate toccando quasi tute le capitali islamiche, ben oltre l'Africa- di fatto siamo in stato di guerra. Ma non è a me, o a questa sede che competono le valutazioni politiche, a noi compete il cinema.
La forza propulsiva, mediatica, sentimentale del cinema è inutile ribadirla. Così come l'applicazione di quella disciplina alla politica. Tutti i regimi e tutte le culture hanno usato il cinema. E i risultati ci sono stati. In Russia, negli anni della formazione comunista, chiamiamola così, c'era un gruppo di grandi cineasti votati alla rivoluzione. Fecero film di propaganda, ma anche di qualità. In Italia, durante il fascismo, anche nel periodo del consenso, il Duce teneva d'occhio il cinema. A Cinecittà si produssero centinaia di film utili, anche se non avevano la qualità dei russi. Hitler era un altro che aveva capito l'importanza dei film e non lesinò nel favorire le produzioni. Olimpia, della Riefenstahl, è un manifesto trionfale del nazismo, e nonostante la pessima applicazione, è un capolavoro. Nel 1940 Gary Cooper, eroe del cinema, nel ruolo del sergente York, eroe della prima guerra mondiale, favorì l'impulso interventista degli americani. Greta Garbo con Ninotchka diede un ritratto misero e grottesco della Russia negli anni trenta, esorcizzando la paura del comunismo.

Strumento
Il cinema si poneva come strumento politico di Paesi, di governi, di dottrine che avevano un'organizzazione e un destino. La forza di comunicazione era tenuta d'occhio, non usciva da certi, definiti confini. I film venivano programmati nelle sale, poi in televisione. La propaganda non sfuggiva ai centri di potere. Adesso le possibilità di comunicazione si sono moltiplicate. Basta un unico soggetto, o un piccolo gruppetto di operatori irresponsabili e pericolosi, che su Internet viene pubblicato un filmato che rilancia esponenzialmente la diffusione e il pericolo.
Può succedere che un predicatore, Terry Jones, annunci, era il marzo 2011, di voler bruciare il corano, e che nella comunicazione globale si scateni una reazione pericolosa e sproporzionata. Forse non sufficiente per una guerra vera, ma certo per far perdere delle vite. Come accadde nel novembre del 2004 quando il regista olandese Teo Van Gogh venne ucciso da un fondamentalista islamico per aver girato un film offensivo sull'Islam.
Prima si poteva condannare la responsabilità di chi controlla e filtra i media e lascia che tutto sia divulgato. Adesso anche quella fase è sorpassata. Non ci sono, seppure ipotetici, filtri e controlli. Odio, violenze, attacchi alle ambasciate, di fatto, come detto, una guerra. Tutto questo per un film, quando si tocca Maometto. Certo non ci sarebbe proporzione, ma il nodo sta proprio in quella parola, "proporzione", e in un'altra "reciprocità". Noi occidentali per abitudine misuriamo le reciprocità rispetto alla nostra cultura aperta e liberale. Misuriamo anche ciò che non è misurabile e definiamo anche ciò che non sarebbe definibile, come non lo sono- ancora per lo mano- le cosiddette nuove democrazie che sarebbero nate come d'incanto, una volta cadute le dittature di alcuni paesi africani. Reciprocità presuppone un contraddittorio fra religioni e culture che non può valere per la diversità dei codici e delle mistiche che fanno la differenza fra l'islam e l'Occidente. Ho visto i trailer del film L'innocenza dei musulmani, non è neppure didascalico, è dilettantesco e grottesco, serve solo per un pretesto e per un insulto. Ed è talmente eccessivo e trasparente che dovrebbe "autodisinnescarsi". Quando noi vediamo Gesù usato per uno spot di un'agenzia di scommesse, possiamo magari indispettirci, ma possiamo anche riderci sopra. Nessuno va ad assediare le sede dell'agenzia. Ma l'ironia, la tolleranza, non hanno cittadinanza da quelle parti e la religione è qualcosa di serio, molto più serio che da noi. E il film su Maometto, innesco dopo innesco ha generato quella sproporzione "nucleare".

Nodo
Nel 2009 ho scritto un romanzo, "L'eroe", che cercava, se non di mettere a fuoco, cosa non semplice, per lo meno di toccare quel grande, immane nodo. Ho letto il corano, per avere le informazioni necessarie. Il protagonista è Franco Ferrari, un sociologo, che a contatto con l'Islam, si rende conto delle maggiori fede, applicazione, coraggio, azione, di quel mondo rispetto al nostro. Ferrari ha contatto con personaggi molto importanti, gente di grande spessore. Durante un convegno in Kuwait il sociologo si confronta con lo sceicco Medhi Samour "nazionalità saudita, una laurea a Oxford, parentele regali, una fra le maggiori ricchezze del mondo."
L'arabo porta argomenti di ferro nel dibattito con l'occidentale. Riproduco uno stralcio tratto dal romanzo. È lo sceicco a parlare:

«Credo, professor Ferrari che lei alluda a una certa ingerenza da parte nostra. Voi ci lasciate in pace... secondo lei, e noi dovremmo fare altrettanto. Voi venite da noi e siete costretti ad accettare le nostre regole, a limitare le vostre, o ad annullarle, mentre i musulmani hanno tutte le loro libertà, anche da voi. Un musulmano entra in una vostra scuola e toglie il crocefisso dalla parete. Un cristiano sarebbe lapidato, in una nostra scuola. Succede perché noi abbiamo la certezza di Dio. L'Islam non ha bisogno della fede per credere in Dio. Ecco il nodo, la fede c'è e non c'è, ed è discutibile, mentre la nostra certezza non è in discussione. Ecco perché i cristiani sono stupiti dalla difficoltà di convertire un musulmano. Il concetto "infedele" per noi è qualcosa di molto serio. E questo vi fa ... arrabbiare. Parlate di reciprocità. Solo chi non ha capito l'Islam rivendica la reciprocità, che non può esserci fra chi è nel giusto e chi no, fra chi sa e chi non sa. Lei, professore, accetterebbe il principio di reciprocità nei rapporti con i suoi studenti?»
Non potevo mentire. Dissi:
«Non credo».
«Appunto.»
Eh, sì, perdevo. C'era la sicurezza di fronte a me. Lo sceicco prevaleva. Avrei trovato argomenti opposti ma avevo armi spuntate per portarli. Mi favorì continuando:
«Prima ho detto che il nostro profeta ha usato il vostro. È un fatto, mi scusi, di anagrafe. Nel sesto secolo, quando lui è arrivato, Cristo era già nel passato. Noi abbiamo ottimizzato e vi abbiamo sorpassato. E poi il nostro profeta aveva un vantaggio, non da poco, era un guerriero, portava la spada e la usava. E ha detto, se è il caso, usatela. Voglio parafrasare la battuta di un certo western italiano: quando un profeta con la spada ne incontra uno senza spada...»

Naturalmente il discorso non può essere generalizzato. Non si può identificare il mondo musulmano con le frange più estremiste titolari dell'odio e responsabili della "guerra". Sembra un luogo comune ma è lo stato della cose. Quando un anno fa caddero i raìs, milioni di arabi erano fiduciosi di una svolta storica e felice nella loro vita. Ma pochi valgono più di milioni. Così come bastano pochissimi guastatori, criminali del web, a scatenare tutto. Il film su Maometto è l'aspetto peggiore del cinema. Che va a intaccare la vasta parte buona. Il danno è grave, sproporzionato.

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