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Storia "poconormale" del cinema: puntata 112

Una rilettura non convenzionale della storia del cinema. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Gary Cooper e Jean Arthur in una scena del film È arrivata la felicità
Gary Cooper (Frank James Cooper) 7 maggio 1901, Helena (Montana - USA) - 13 Maggio 1961, Los Angeles (California - USA). Interpreta Longfellow Deeds nel film di Frank Capra È arrivata la felicità.

venerdì 15 aprile 2011 - Focus

Giustizia triste e deprimente: meglio il cinema
Ad personam, accanimento, processo breve, prescrizione, concussione, prostituzione, istigazione, minorenne, "politicizzato". Separazione carriere, la piazza, maggioranza-opposizione. Tre righe e 200 caratteri, ed è una sintesi pietosa e penosa. Pietosa e penosa rispetto a un'unica parola che tutto dovrebbe sovrintendere: giustizia.

C'è l'invadenza devastante dei media che fa riavvolgere continuamente su se stesse le istruttorie indicando nuovi moventi o nuovi assassini perché un testimone vuole visibilità o perché una testata vuole più vendite o un programma più audience. Un'irresistibile ragione di share oggi può essere questa: esci da San Vittore e finisci in prima serata. Poi c'è la politica, quella non è neppure invadenza, è semplicemente una nuova chimica politica&giustizia, è un unicum vigente e mortale. E non mi riferisco solo alle vicende di questi giorni, porto ancora come modello il solito Cesare Battisti, un assassino "derubricato", perché serve a una certa politica. Dunque giustizia, come suono e come senso, è diventata qualcosa di triste, grottesco, ambiguo, inquietante. Giustizia era inteso come qualcosa che ci facesse stare bene, invece ci fa stare male.

Poi
Poi c'è il cinema. Nella sua giurisdizione, i processi e la giustizia erano una soluzione che ci soccorreva. In quel senso eravamo tutelati dai film. Dunque: processi e giustizia, il cinema è meglio. Così teniamoci i film. E mi piace indicare, come tutela appunto, e come deterrente, e come promemoria, titoli e autori che, lo ribadisco, ci hanno fatto stare meglio. "Che giustizia sia fatta" stava a cuore, e sta a cuore, a scrittori e registi importanti, a legislatori, a maestri. Una memoria è recentissima, è riferita a Sidney Lumet che è scomparso pochi giorni fa. È l'uomo del "ragionevole dubbio" una formula cardine della giustizia: non l'ha inventata lui, ma certo ce l'ha resa famigliare. Uno stralcio del ricordo che gli ha dedicato MYmovies: "...col suo primo film La parola ai giurati (1957) il trentatreenne regista firmò semplicemente il più grande film processuale della storia del cinema. Il giurato Henry Fonda convince uno a uno gli altri undici che un ragazzo non è colpevole se non c'è sicurezza totale. Dichiara il principio del ragionevole dubbio, pronunciamento garantista assoluto..." Quando vedemmo quel film imparammo che è cento volte meglio un forse-assassino libero che un forse-colpevole in prigione. Dunque un forse-colpevole poteva averla fatta franca, e lo "stare meglio" era dovuto alla salvaguardia di quel "forse". Tenevi a bada, ridimensionavi, l'istintivo giustiziere dentro di te. Era un novità, non da poco, per te e per il cinema.

Ispirazione
Il contrappasso normale, quello del colpevole punito, è stato ispirazione, e azione, di quasi tutti i grandi autori. La lista, parziale certo, è davvero virtuosa, maestri in stretto ordine alfabetico: Capra (È arrivata la felicità); Coppola (L'uomo della pioggia); Costa Gavras (Z- L'orgia del potere); Ford (I dannati e gli eroi); Hitchcock (Il caso Paradine); Kramer (E l'uomo creò Satana, Vincitori e vinti); Kubrick (Orizzonti di gloria); Lumet (La parola ai giurati, Il verdetto); Pollack (Il socio); Preminger (Anatomia di un omicidio); Schumacher (Il momento di uccidere, Il cliente); Wilder (Testimone d'accusa).

Scrittore
A questo punto va privilegiato un nome, trattasi di scrittore, contemporaneo. È a lui che dobbiamo molte delle magnifiche catarsi all'uscita delle sale. John Grisham, avvocato, romanziere, uomo-giustizia. Alcuni dei titoli riportati sopra sono suoi, Il socio, Il momento di uccidere, Il cliente, L'uomo della pioggia. Ma ce ne sono altri, magari non squisitamente processuali, come Il rapporto Pelican di Pakula. E poi La giuria di Gary Fleder. La vicenda di Grisham è quella di un predestinato. Nasce povero a Jonesboro, cittadina dell'Arkansas. Dunque sud, dunque questione razziale, dunque disparità, dunque giustizia da reperire. Sono cinque fratelli, il padre è operaio e coltivatore di cotone. C'è un figlio che ha dimostrato intelligenza e applicazione, ma non è facile farlo studiare, tuttavia la famiglia ci riesce e John si laurea in legge alla Mississippi State University nell'81, a ventisei anni. La sua lettura preferita è John Steinbeck, grande scrittore del sud, premio Nobel, narratore che sta coi buoni e coi giusti. Nel 1991 Grisham comincia a lavorare al suo primo romanzo, Il momento di uccidere. Intende sciogliere un nodo molto difficile, giustificare legalmente, accreditare, provare l'"innocenza" di un uomo che uccide gli stupratori di sua figlia. La sua tesi è credibile, lo stile è aggressivo, la competenza giuridica alta. Ci sono tutte le condizioni perché il romanzo scali le classifiche e perché il cinema lo acquisti. Sarà il primo di una lunga serie di film tratti dai romanzi dello scrittore avvocato.

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