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Red carpet, il nuovo status del successo

Il festival di Roma: qualità, giuria, critici, star. Prevale il tappeto rosso.
di Pino Farinotti

Prevale il tappeto rosso
George Clooney (George Timothy Clooney ) (63 anni) 6 maggio 1961, Lexington (Kentucky - USA) - Toro. Interpreta Ryan Bingham nel film di Jason Reitman Tra le nuvole.

lunedì 26 ottobre 2009 - Focus

Prevale il tappeto rosso
Non ero a Roma, avevo altri impegni, e poi ero sicuro che... non mi sarei molto divertito. Tuttavia ero quotidianamente informato, dai redattori di MYmovies, dai giornali, dalla letteratura che accompagna i titoli. Che quella manifestazione non sia ... indispensabile lo si dice da quando è nata e alla fine le sensazioni sono quelle, che vengono riconfermate anno dopo anno: la quasi-continuità rispetto a Venezia, quella grottesca excusatio dell'antagonismo sempre negato, e poi la qualità, sempre in subordine proprio a Venezia, visto che spesso i film presenti sono "scarti" di quella mostra. Così com'erano stati scartati i titoli che hanno ottenuto i premi più importanti a Roma, Broderskab (miglior film), di Nicolo (accento sulla i) Donato, danese, e L'uomo che verrà (gran premio Marc'Aurelio d'argento) di Giorgio Diritti. Broderskab è la storia d'amore di due neonazisti "con scene reali e crude" dice una didascalia. A Venezia devono aver pensato che dopo il Leone d'oro ai cow boys gay di Brokeback Mountain (ma guarda che assonanza) quattro anni fa, forse non era opportuno insistere sull'argomento. Anche il film di Diritti è una rinuncia di Venezia, che voleva inserirlo nella sezione B, "Orizzonti", fuori concorso. Il regista ha preferito cimentarsi in gara, e ha vinto. L'uomo che verrà è stato sponsorizzato da buona parte della critica, a cominciare dal titolare del maggior quotidiano nazionale, un competente, uno che fa testo. Lo stesso titolare aveva indicato anche A Serious Man, dei Coen, che invece è stato ignorato dalla giuria presieduta da Milos Forman. Tendo a fidarmi del titolare detto sopra più che di quella giuria. Un altro dato di fatto, certo accreditato è la qualità: a Roma non ci sono mai grandi film, anche perché i grandi film, nell'era recente, sono molto rari.

Grande
Nessun grande film, ma un grande red carpet, questo sì. È stato soprattutto il tappeto rosso a identificare quella manifestazione romana. Questo spazio, largo e lungo, che ospita le personalità che dovrebbero essere quelle intorno al cinema, è diventato un contenitore completo, un giardino e una corte, un'assemblea e un'aula magna, una vetrina esagerata e grottesca. Una testata onnicomprensiva. È legittimo che sia così, perché il red carpet, cioè la premessa della sostanza, vale molto più della sostanza stessa. Il cinema proposto a Roma, come a Venezia, da molte stagioni è, per lo più ... inadeguato, appunto. E allora occorreva, per sopravvivere, o per fingere di sopravvivere, elaborare una confezione. Una scatola scintillante e rossa, appunto, molto grande, con tutte le più costose coccarde, con dentro... una penna che non scrive. Il red carpet è un paradosso triste e imbarazzante che non nobilita e non fa differenze. È omologo di una certa nostra televisione, dove Platinette viene chiamato/chiamata a dibattere di sociologia con Francesco Alberoni. Sul tappeto di Roma è passato tutto. Qualcuno aveva persino a che fare col cinema e con la qualità, come Terry Gilliam, che ha portato il suo Parnassus, con tutti quei divi, Colin Farrell, Johnny Depp, Jude Law, a sostituire il povero Heath Ledger morto di overdose durante la lavorazione. Dunque grandi vicende sul tappeto con Gilliam. Un film che avrà un destino. E naturalmente Meryl Streep, una delle più grandi di sempre, artista ed essere umano, una sicura garanzia di tutto, anche di Roma.

Modelli
E poi tanti altri modelli sul tappeto, come una Asia Argento, ex ragazzina trasgressiva e difficile, che ha sfilato nel deserto sorridendo e salutando... nessuno. Asia non interessa più, ma calpestare il carpet può essere un piccolo (auto)promemoria. E poi eroi/modelli opposti. Di Clooney/Canalis si sa tutto, tutto di niente. Ore e ore, giornate e giornate di programmi tivù, con conduttori, direttori, opinionisti, sociologi, scrittori a studiare la coppia. Si amano, fingono, si toccano, non si toccano, troppo perfetti, troppo eleganti, lui sorride, lei non parla, non c'è passione, quel gesto esprime amicizia, quell'altro gesto noia. Lui forse è gay, lei sarebbe donna dello schermo. Nessuna vicenda, la crisi economica del mondo, i morti delle guerre, porta via un quinto dello spazio della coppia. È la solita televisione devastante. Sappiamo. E il "red" è davvero invincibile. Qualche giorno fa le prime pagine dei quotidiani più importanti recavano un'immagine anomala del carpet. Un non senso estetico: suore che sfilavano con un frate. Facevano parte del gruppo chiamato ad assistere alla prima del film Popieluszko di Rafal Wieczynski.

Eroe
È la storia del cappellano di Solidarnosc, il prete assassinato dai servizi segreti russi quando la Polonia si batteva per la libertà e vinse. Popieluszko è un eroe di quella Polonia. Solidarnosc richiama l'eroe maggiore, Lech Walesa, che fu, è notorio, leader di quel sindacato, poi Presidente della Repubblica (da lui creata) e successivamente premio Nobel per la pace. E Walesa evoca un altro polacco importante, Wojtyla, che fu vicino a Walesa e, si può dire, "lavorò" per lui e con lui. Gente che ha fatto la storia del novecento. Fra gli invitati alla prima c'era anche il cardinale Sodano decano del Collegio Cardinalizio, Segretario di Stato emerito. Altra personalità altissima. Sodano non ha partecipato alla passeggiata sul carpet, ma Walesa sì. Certo serviva alla promozione del film e della vicenda, serviva alla memoria e alla causa, e Walesa, credo con scarso entusiasmo, ha accettato di ripercorrere le orme di Canalis. Penso a quei due mondi su quel tappeto. La storia e la qualità, la più alta, a fronte ... del niente. Uniti da un tappeto rosso steso a Roma per il cinema quasi sempre, come ho detto, con scarsa qualità. Quando avremo un cinema migliore, che vivrà di se stesso, senza confezioni strabilianti, il red carpet sarà solo il percorso che porta nella sala, da fare in fretta, e non una sfilata del grottesco e del paradosso.

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