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Obama, Clooney, Bruni: divi a L'Aquila

Divi per il terremoto a L'Aquila.
di Pino Farinotti

Non c'è mai stato un simile set
George Clooney (George Timothy Clooney ) (63 anni) 6 maggio 1961, Lexington (Kentucky - USA) - Toro.

lunedì 13 luglio 2009 - Focus

Non c'è mai stato un simile set
La premessa è ormai un assunto, riconosciuto: la politica la fanno i politici ma anche le star. Quando è in atto una grande piattaforma ecco che gli uni si affiancano agli altri. A dire il vero i politici (di mestiere) preferirebbero non essere tallonati dal quelle ombre ingombranti, ma tant'è, occorre stare al gioco. George Clooney è calato a l'Aquila e ha ottenuto il suo cospicuo palcoscenico, una piattaforma tutta sua, ma se la merita, trattasi infatti di attore e uomo completo, impegnato e informato, schierato sul versante progressista e inoltre, grande sponsor di Obama. È stato accompagnato da Veltroni, solo che in questo caso il peso, anche politico, dell'attore schiacciava quello dell'ex leader, sconfitto, dell'opposizione. Era il politico a mettersi all'ombra della star. Clooney si è mosso bene, accompagnato delle autorità locali. Si è mostrato sinceramente toccato dal dolore e, secondo la sua attitudine pragmatica, ha detto che farà un film laggiù, sperando di essere utile, anche economicamente. Poi c'è stata Carla Bruni, (ex) top model. Anche lei ha cercato la sua piattaforma, anzi il suo G8 personale. Solita, conosciuta strategia: arrivi dopo e diventi il centro di tutto. La passerella sarà libera e sfilerai da sola. Solo che quando lei ha sfilato, intorno alla passerella erano rimasti in pochi. Tuttavia Carlà è stata a sua volta positiva e pragmatica, staccando un suo assegno personale di 50.000 euro. Ed è ciò che più conta.

Star prevalente
Ma in tutte le chiavi, la star prevalente è stato Obama. E qui voglio inserire uno stralcio da un pezzo da me scritto al tempo dell'elezione di Obama. L'idea era che la sua vicenda assomigliasse a una fiction, persino troppo perfetta.

"...Si chiamerà (anche) Hussein, sarà un segnale, un'insinuazione all'Islam. Ma quel nome potrebbe non essere gradito in America; ma no sarà un altro segnale creativo di discontinuità, piacerà ai progressisti e servirà per battere Hillary, che è sì una democratica, ma convenzionale, 'conservatrice'. L'uomo assomiglierà, anche fisicamente, a Sidney Poitier quando fa Indovina chi viene a cena. Poitier, bello e aitante, primo divo e primo premio Oscar (protagonista) di colore e grande simbolo del sentimento antirazziale negli anni Sessanta, quelli di Luther King. Il futuro Presidente avrà una famiglia etnica, non una ma due generazioni prima. Ci vuole una nonna etnica, sarà collocata alle Hawaii, con Barack bambino eccetera, ed è opportuno che muoia in un momento utile, proprio sotto l'election day, e sarà il nipote triste a darne notizia: approvato. La moglie deve essere omologa di Barack, alta quasi come il marito, facciamo 7 cm di meno, in modo che la testa dell'uomo sopravanzi quella della moglie ma non di molto. Michelle sarà moderatamente aggressiva, al fianco del marito, non dietro. Le bambine saranno, naturalmente, molto belle, educate, figlie perfette di genitori perfetti. Occorre ricordarsi di mostrare un piccolo dettaglio intimo, un educato promemoria sessuale, il torso nudo magari. Una piccola azione domestica? Una passata di colore a una parete? Non è un gran che ma può servire per un certo target. Gli abbiamo dato Hussein, diamogli anche la bibbia, che sia enfatizzata nel giuramento, che sia quella di Lincoln, e che ricordi, Barack, di pronunciare la parola "dio" almeno due volte. I discorsi naturalmente saranno curati, saranno perfetti, un assoluto. Ideale, attitudine pragmatica e romantica, affabulazione: Kennedy, Roosevelt, Lincoln e Washington riuniti...."

Rilevavo anche un episodio, un pezzo di cinema davvero strepitoso, che ... neppure Spielberg: il gran finale del giorno dell'incoronazione, quando Obama, il suo vice Biden e le rispettive consorti salutavano, nel vento dei rotori, l'elicottero che portava via Bush, come Peter Pan verso l'isola che non c'è. Con gran sollievo di tutti. Un the end che innescava un incipit dalle prospettive eroiche, da "nuova frontiera" americana. Non voglio entrare nel merito politico anche se Obama sembra davvero capace, nel concreto, da presidente e non da candidato-che-tutto-promette-e-poi-chissà-se-manterrà, di... mantenere. Ma in termini di cinema e di spettacolo la grande star dell'Aquila è stato lui: per carisma, per umanità, per estetica. Altro che Actor's Studio. E rispetto all'ultimo saluto all'elicottero, Barack ci concesse momenti di cinema ancora più alti.

Spanna
La delegazione dei grandi si muoveva negli spazi all'unisono. Barack è alto uno e novanta, sovrasta tutti di una spanna. Si muove da nero nobile, con quelle gambe lunghe, da pantera ondeggiante sicura nel proprio habitat. Altro che un Danzel corpulento, o un Will certo elegante ma non presidenziale. Ha caldo e si toglie la camicia. Sconcerto di quelli del protocollo, ma Barack non bada a quegli sconcerti. Alla grande cena ufficiale si siede vicino (a due posti) a Gheddafi che lo aveva attaccato poco prima, questo è spettacolo&politica e convenzione (politica) capovolta. In mezzo alla gente e al dolore, Barack ha stazionato sotto quel frontespizio "Sede del governo", spaccato in tre dal terremoto e quello non era il set di un film catastrofico. E niente Actor's in quel momento, occhi lucidi veri.
Come in un film ricorro a un flash beck: la sequenza recente del Presidente che durante un'intervista viene disturbato da una mosca. Barack per un po' sopporta, piccole mosse della testa per allontanarla, poi visto che quella insiste, si concentra, studia il tempo e lo spazio, aspetta che la mosca si posi, sulla sua mano sinistra, e con la destra la schiaccia. La mosca è a terra, abbattuta.

Colt&Magnum
Poteva il presidente essere da meno di Clint Eastwood che non mancava il bersaglio, sia con la Colt nel West che con la Magnum nel Bronx? Solo che Clint è un eroe di fiction, le armi sono caricate a salve. E Barack l'eroe (vero, non da fiction) ha centrato il bersaglio. Se lo avesse mancato certo avrebbe rimediato con un sorriso o una battuta, ma... intanto lo avrebbe mancato. E, lo sappiamo tutti, non è facile colpire una mosca, ti riesce una volta su molti tentativi, sempre che ti riesca. Durante un comizio a Teheran, Ahcmadinejad è stato infastidito da un insetto. Ha cercato di liberarsene, ma non è riuscito ad abbatterlo. Ma Ahcmadinejad, - mi si perdoni ma anche qui non parlo di "politica", parlo di immagine e di eroe spettacolare - davvero non è Obama. Niente frontiera, niente Actor's, niente gambe da pantera. Il leader iraniano può anche mancare l'insetto, quasi ce lo aspettiamo.
A l'Aquila la politica ha concentrato tutto questo, è stata fortunata. I grandi del G8, gli africani, dunque i ricchi e i poveri, Obama, la città distrutta, la commozione, Clooney e la (ex) top model. Mai visto un set così. Per la regia del presidente del consiglio.

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