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Mickey Rourke: il ritorno dell'eroe

The Wrestler, vincitore a Venezia, ha riproposto un personaggio che sembrava essersi smarrito, Mickey Rourke, che oggi compie (forse) 52 anni.
di Pino Farinotti

Il trionfo di Venezia
Mickey Rourke (Philip Andre Rourke Jr.) (67 anni) 16 settembre 1956, Schenectady (New York - USA) - Vergine. Interpreta Randy 'The Ram' Robinson nel film di Darren Aronofsky The Wrestler.

lunedì 15 settembre 2008 - Celebrities

Il trionfo di Venezia
Quando si tratta di costruire una predestinazione i cronisti, gli uffici stampa delle majors, si mettono all'opera. Il punto è: trovare elementi utili, altrimenti inventarli. La formula finale quasi sempre è un mix fra realtà e invenzione, con equilibri che pendono, per lo più, dalla parte dell'invenzione. Se si parla di Mickey Rourke gli elementi sono molti, singolari e promettenti, fermo restando il suo appeal, che nel tempo si è manifestato, poi si è più o meno offuscato, ma c'era, e continua ad esserci. Adesso si parla di lui perché ha dato una grande prova d'attore in The Wrestler, che ha vinto il Leone d'oro a Venezia. La legittimazione finale è venuta da Wim Wenders, il presidente della giuria, che ha dichiarato con perentorietà e senza sottintesi che il film deve la vittoria alla grande interpretazione di Rourke "che ha commosso tutti". La traduzione è: la Coppa Volpi, attribuita al migliore attore –andata a Silvio Orlando- sarebbe stata di diritto dell'americano, che comunque si "consola" col Leone al film.

Le origini
Per arrivare al wrestler Mickey ha dovuto fare un percorso che sembra davvero un happening dichiarato da lontano, una piccola mitologia e un sortilegio. Nasce a Schenectady, stato di New York nel... ed ecco il primo elemento di mistero, '56, o forse '57, o addirittura '52. La data più accreditata sembra essere la prima. I genitori sono cattolici irlandesi, ha molti fratellastri e fratelli, la madre si è sposata e risposata. Si trasferisce a Miami dove vive per strada, nel famigerato sobborgo Liberty City, dove prevale la maggioranza nera: cattive compagnie, doversi difendere, trarre la sopravvivenza con furbizia o con trucchi. Tutti elementi "utili". Difendersi significa fare a botte e lui sa come cavarsela, tanto che un vecchio pugile lo nota e lo iscrive alla Miami Beach Senior High School. Diventa pugile dilettante con un curriculum discreto: 20 incontri con 17 vittorie e 3 sconfitte. Ce n'è abbastanza per un segnale da predestinato. Qualcun altro, di diverso ambiente, lo nota ancora e questa volta la scuola non è di pugilato, ma la prestigiosa Lee Strasberg Institute, dove si pratica il famoso "metodo", già frequentata da gente come De Niro e Pacino. Da quel momento gli "incontri" sono quelli giusti. Spielberg gli dà un piccolo ruolo in 1941 Allarme a Hollywood; Levinson lo impiega in A cena con gli amici, dove si fa notare fra molti giovani emergenti; Coppola lo inserisce in due titoli culto dei giovani, I ragazzi della 56a strada e Rusty il selvaggio. La grande occasione arriva con Michael Cimino che lo vuole protagonista de L'anno del dragone. Ma la consacrazione è dell'anno dopo, il 1986. E lì, in 9 settimane e mezzo ecco che Mickey riaggiorna l'immagine del sex symbol, portandovi una morbosità particolare ma ironica e per nulla fastidiosa. E può contare su una partner che sul piano della sessualità davvero non scherza, Kim Basinger. La scena erotica davanti al frigorifero, dove i due giocano col corpo e col cibo diventerà un'estetica capace di insidiarsi nella memoria del cinema e di ispirare, riscontro decisivo di popolarità, una serie di spot pubblicitari. Con quel film Rourke si trova divo di vertice e primo sex symbol. Mickey aveva allora trent'anni, l'età di colleghi come Gibson e Costner, due che sul piano della popolarità e dell'appeal c'erano già, al vertice.

Il successo perduto
Quello è il momento più alto. E da lì Rourke deve probabilmente fare i conti con la sua attitudine "maledetta" e con una personalità propensa all'autodistruzione. Comincia a sbagliare tutto. Sbaglia nella scelta dei ruoli, lega il suo nome a strane gang di motociclisti, qualcuno lo accosta al famoso gangster John Gotti. Ha un sussulto professionale e umano quando offre corpo e volto per il film della Cavani Francesco. In realtà il santo è più Mickey che Francesco: corpulento, ambiguo, portatore di un dolore inadatto. Nel 1996 fa parlare di sé per un'iniziativa singolare (per un artista): si schiera col candidato Bush. Il successo perduto gli fa vivere una crisi di identità. Da quel momento, decidendo di tornare alla boxe, inconsciamente comincia un nuovo percorso, un esercizio umano e professionale che lo porterà al wrestler. Una sorta di accademia strarigorosa, alla De Niro quando prese 30 chili per fare Toro scatenato.

The Wrestler
Combatte davvero, è triste e grottesco, il corpo è quello di un attore non più in età e fuori forma. E il ring gli presenta il conto: naso, denti e costole rotti, lingua ferita, faccia sfigurata. Un'analogia, mitologica, può essere rinvenuta. È Marlon Brando. Morì e risorse più volte, nei decenni, rinacque proprio come l'araba fenice, ma Brando aveva le regole assolute dell'uomo che stava al cinema come il cinema sta a se stesso. Il cinema gli obbediva mentre Rourke doveva ubbidirgli. Tutto perfetto per arrivare al ruolo del ritorno e del destino, The Wrestler, appunto. È la storia di un eroe... compromesso. E ha costretto Venezia a ricordarsi dell'eroe. Controtendenza grande e buona. Era l'unico film (insieme a La terra degli uomini rossi) portatore di un briciolo di epica: il vecchio lottatore che deve arrendersi al tempo. E trattandosi in qualche modo di "ritorno all'antico" mi piace porre, certo con un po' di enfasi, una didascalia, antica, che definisce quel film alla perfezione. È di Kipling ed è parte di una poetica che conosciamo tutti: Se riesci... a vedere le cose per le quali hai dato la vita distrutte e umiliarti a ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori....
Un augurio per Mickey Rourke, e per il cinema futuro.

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