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Funny Games: la realtà della violenza

Michael Haneke porta negli Stati Uniti il suo film, nato come reazione a un certo cinema americano.
di Tirza Bonifazi Tognazzi

Mi hanno accusato di violentare il pubblico con i miei film. Tutti i film assaltano lo spettatore in un modo o nell'altro. A differenza degli altri io cerco di farlo dandogli libertà
Michael Haneke (82 anni) 23 marzo 1942, Monaco di Baviera (Germania) - Ariete. Regista del film Funny Games.

mercoledì 9 luglio 2008 - Approfondimenti

Mi hanno accusato di violentare il pubblico con i miei film. Tutti i film assaltano lo spettatore in un modo o nell'altro. A differenza degli altri io cerco di farlo dandogli libertà
Quando nel 1997 Michael Haneke realizzò Funny Games, non nascose che il film si ispirava a un certo cinema americano traboccante di violenza gratuita. Pestando sul pedale dell'esagerazione e dell'orrore, il regista austriaco si propose di mettere a disagio lo spettatore abituato alla brutalità televisiva e hollywoodiana. "Cerco di mostrare la violenza per come è davvero, qualcosa di difficile da mandar giù" ha dichiarato di recente. "Voglio mostrare la realtà della violenza, il dolore, le ferite inflitte da parte di un essere umano sull'altro. Per questo motivo mi hanno spesso accusato di violentare il pubblico con i miei film. La verità è che tutti i film assaltano lo spettatore in un modo o nell'altro. A differenza degli altri io cerco di farlo dandogli libertà. Uscendo da una proiezione statunitense, un amico giornalista mi ha detto che il film adesso aveva trovato il suo vero posto. Ed è vero. Quando nei primi anni Novanta ho iniziato a pensare al primo Funny Games, pensavo soprattutto al pubblico americano. La mia era una reazione a un certo tipo di cinema americano, alla sua violenza, al suo essere naïf, al modo in cui gioca con gli esseri umani. In molti film americani la violenza è diventata un prodotto di consumo. Tuttavia, poiché Funny Games era un film in lingua straniera e poiché gli attori erano sconosciuti in America, il film originale non ha raggiunto il suo pubblico".

Sebbene io sia il primo a criticare il sistema degli studios, non vuol dire che non possa lavorare all'interno di quel sistema
Nel momento in cui Chris Coen, il produttore inglese, suggerì a Haneke di pensare a un remake americano, il regista decise di occuparsene personalmente, a patto che Naomi Watts fosse la protagonista. Tra tutti i suoi film, Funny Games è infatti l'unico che non avrebbe mai lasciato dirigere ad altri (mentre di recente Ron Howard si è procurato i diritti di Niente da nascondere). Tuttavia, la decisione del regista di rimettere le mani sul suo proprio film in terra statunitense ha suscitato le polemiche di seguaci e colleghi. "Sebbene io sia il primo a criticare il sistema degli studios, non vuol dire che non possa lavorare all'interno di quel sistema" ha commentato Haneke, che oltre a Naomi Watts si è circondato di attori di serie A come Tim Roth e Michael Pitt nei ruoli che nel film originale erano stati rispettivamente di Susanne Lothar, Ulrich Mühe e Arno Frisch. "Per quanto ne so, nessuno ha mai rifatto un suo film in maniera così precisa. La nuova versione di Funny Games è molto simile alla prima, naturalmente, ma è anche diversa: l'atmosfera è differente, le interpretazioni sono differenti e il risultato finale è differente".

Un film manipola sempre lo spettatore, ma Funny Games fa della manipolazione il suo soggetto primario
La versione originale, come anche il remake di Funny Games, non è etichettabile in un genere specifico. Di fatto si potrebbe dire che si tratta di un film anti-genere, come afferma lo stesso Haneke. "Si muove come un thriller, possiede la struttura del thriller, ma allo stesso tempo si commenta da solo. Un film, che si tratti di un biopic o di una commedia romantica, manipola sempre lo spettatore, ma Funny Games fa della manipolazione il suo soggetto primario. Per questo il pubblico si sente a disagio di fronte alla sua messa in scena. La gente dell'industria cinematografica tende a sottovalutare il pubblico. Sono convinto che lo spettatore sia fondamentalmente più intelligente di quello i film vogliano far credere, ma solo se gli dai l'opportunità di usare il cervello". Nel commentare altre produzioni, che come la sua sfruttano la violenza come spunto di riflessione, il regista austriaco ha dichiarato: "Ho visto Pulp Fiction e penso sia un grandissimo film. Il problema sta nel genere. A mio avviso l'umorismo rende la violenza maggiormente fruibile. Quel tipo di humour è giusto e anche utile finché fa riflettere il pubblico sul perché stia ridendo. Ma credo che Tarantino abbia fallito in questo. Quanto a Natural Born Killers e Arancia meccanica, sono film che utilizzo con i miei studenti per spiegare un principio: non puoi fare una dichiarazione anti-fascista usando metodi fascisti".

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