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Cannes, il giorno del Divo

Ultime battute per il Festival di Cannes, tra Sorrentino, Wenders e Tarantino.
di Chiara Renda

L'ultimo italiano in concorso

venerdì 23 maggio 2008 - News

L'ultimo italiano in concorso
Si avvia verso la conclusione il Festival di Cannes. Tra party esclusivi, glamour e divi di ogni nazionalità, anche il cinema, teoricamente vero protagonista della kermesse, si è difeso bene, presentando un buon numero di film di qualità. Tra questi anche l'ultimo italiano in concorso, presentato ieri con successo alla stampa internazionale e atteso oggi per la passerella. Il Divo del regista napoletano dallo stile visionario, Paolo Sorrentino, è un'esplorazione simbolica e mai banale della vita del senatore a vita Giulio Andreotti.
Lo stile registico dell'autore de Le conseguenze dell'amore e L'amico di famiglia è originale, rigoroso e minimalista come sempre, come pure l'attenzione - a livello di scrittura – ai dettagli, alle sfumature e alle debolezze dei personaggi, sempre in bilico tra antipatia e vulnerabilità. L'atteggiamento di Sorrentino nei confronti della figura di Andreotti non è mai esplicitamente schierato ma ha sicuramente il pregio di raccontarne l'umanità e gli aspetti privati del senatore attraverso uno sguardo originale e "sbilenco", raccontando più con silenzi che con le parole questa personalità così complessa. È attraverso il rapporto con la moglie Livia (Anna Bonaiuto), la segretaria Enea (Piera Degli Esposti) e la quotidianità del senatore magistralmente interpretato da Toni Servillo (ormai attore feticcio di Sorrentino) che il regista sceglie di raccontare questo capitolo di storia italiana. Un capitolo importante quanto l'attualità di Gomorra, altro film applauditissimo sulla Croisette. Almeno in Francia due dei più talentuosi autori di casa nostra sembrano avere il giusto riconoscimento. E chissà che non arrivi anche una Palma...
L'altro grande evento di questa conclusione di festival, che ormai attende soltanto Wim Wenders e il suo Palermo Shooting, è stata la 'lezione di cinema' di Quentin Tarantino, che, ai numerosi fan e aspiranti registi ha consigliato: "Se si vuole fare questo mestiere la cosa migliore è partire da se stessi. Le scuole servono a poco, l'importante è provare a girare, magari il film non verrà stupendo, però sarà comunque il vostro film". Lui, che voleva fare lo scrittore, è un cineasta che lavora molto sui dialoghi: "Ho lavorato un po' come Sergio Leone, i dialoghi prima delle esplosioni creano un clima teatrale, sono carichi di tensione". È questo uno dei punti di forza del cinema di Tarantino, che in conclusione ha espresso tutto il suo amore per la settima arte: "Ho bisogno di fare film, e tra l'uno e l'altro ho voglia di vivere la vita. Al cinema dò tutto me stesso, e ogni volta è come scalare l'Everest".

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