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Transformers tra modelli reali e creazioni al computer

Dopo aver appassionato migliaia di giovani, i Transformers approdano al cinema con una produzione firmata Steven Spielberg.
di Gabriele Niola

La trasposizione cinematografica di un prodotto di culto

mercoledì 27 giugno 2007 - Making Of

La trasposizione cinematografica di un prodotto di culto
I Transformers sono un tipico esempio di prodotto culturale declinato attraverso vari media: fumetti, cinema, televisione, merchandising. Si tratta di un brand creato dalla Hasbro decenni fa e che ha imperversato dall'America al Giappone in diverse maniere nell'immaginario collettivo. Già finiti al cinema una volta con un lungometraggio animato, ora ritornano nelle mani di un forte produttore (Spielberg) e di un regista da botteghino (Michael Bay) per il classico blockbuster ad alto tasso di effetti speciali.
E come spesso accade per le produzioni più importanti (specialmente per quelle dietro le quali c'è Steven Spielberg) gli effetti speciali sono stati affidati alla Industrial Light And Magic, lo studio numero uno del settore, che ancora una volta ha fatto un lavoro assolutamente senza paragoni.
Il problema questa volta era declinato in diverse dimensioni: rendere la verosimiglianza di robot alti metri e metri, animare con credibile fluidità le trasformazioni e integrarli alla perfezione nelle complesse scene d'azione.

Un casting sui generis
Il cinema di Michael Bay è molto semplice e prevedibile, fatto tutto di effetti al rallentatore, movimenti di macchina vorticosi e circolari e riprese a effetto dense di elementi spettacolari. Non è stato dunque difficile per gli esperti della ILM prevedere in che tipo di riprese e di ambiente sarebbero entrate le loro creazioni, i loro Transformers virtuali.
Un lavoro che dunque dal punto di vista registico non ha presentato particolari difficoltà, ma che invece è stato molto complesso dal punto di vista dell'ideazione, ovvero la parte a monte.
Innanzitutto è stato importante decidere quali Transformers inserire nella storia: se infatti i classici Bumblebee, Megatron e Optimus Prime non potevano mancare, gli altri erano tutti da decidere. Per non scontentare nessuno, o quantomeno per scontentare il minor numero di persone, la produzione ha deciso di procedere chiedendo ai fan quali Transformers avrebbero voluto vedere sullo schermo e poi facendo un sondaggio interno per stabilire (dopo la visione ripetuta di molti episodi della serie) quali erano secondo i membri della troupe che avrebbe dato vita al film i personaggi più interessanti. La fusione dei due sondaggi ha decretato il cast finale.

Le necessarie differenze tra un cartone e un film
Ma ancora più importante della scelta di quali robot inserire nel film è stato fondamentale scegliere in quale maniera i robot sarebbero stati resi sullo schermo, quanto cioè sarebbe stato necessario allontanarsi dalla versione televisiva dei personaggi. L'idea era naturalmente di rimanere il più fedeli possibile, sempre per non scontentare i fan, ma i film necessariamente hanno esigenze diverse dei cartoni e le rappresentazioni di questi ultimi erano troppo semplicistiche per reggere il confronto con la realtà. A differenza delle serie animate infatti i robot del film di Michael Bay dovevano necessariamente sembrare verosimili.
Per fare un esempio l'Optimus Prime della serie animata è abbastanza rigido nei possibili snodi e movimenti, mentre quello del film si compone di 10.108 parti differenti tutte quante animate separatamente. E se i momenti in cui i robot si trasformano sono stati i più semplici da realizzare (e anche quelli per i quali gli animatori si sono potuti sbizzarrire con le soluzioni più creative) quelli più complessi sono stati di converso i momenti in cui i robot si devono muovere realisticamente, perché come sempre sono i movimenti di stampo umano i più complessi, quelli con i quali abbiamo più dimestichezza e conosciamo meglio.

Il realismo delle superfici
Ma non è tutta animazione computerizzata quella che si vede in Transfomers.
Come alcune foto scattate sul set e visibili in rete prima dell'uscita del film hanno dimostrato, esistevano anche delle ricostruzioni reali dei giganteschi robot, utili per le scene in cui questi non devono muoversi e vengono avvicinati dagli umani.
Il problema in questo caso era di non far notare allo spettatore medio lo stacco tra le scene in cui il robot è una creatura computerizzata e quelle in cui si tratta di una ricostruzione dal vivo. Obiettivo che gli specialisti della fotografia e della ILM centrano perfettamente. Infatti solamente un occhio esperto si rende conto della differenza tra le scene con robot virtuali e quelle con modelli reali.
Questo accade grazie alla complessità delle texture, ovvero quei "motivi" o "trame" che riempiono le superfici. Quando bisogna disegnare al computer un modello 3D di un qualsiasi oggetto che sembri reale non si può dare alla sua superficie un colore unico come si farebbe in un cartone animato, perché nella realtà le superfici hanno diverse sfumature a seconda del materiale di cui sono composte o di come la luce vi batte. Per questo vengono usate le texture, disegni che imitano una superficie tridimensionale che può essere una corazza di metallo come un tipo di terreno.
Nel caso dei Transformers le texture applicate alle corazze di metallo erano talmente accurate e definite nei minimi dettagli (specialmente per quanto riguarda il colore e la gestione del riflesso della luce) da essere quasi indistinguibili dagli equivalenti reali. Un vero passo avanti per questo genere di animazione.

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