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Cinema, politica e identità di genere, da Oscar Wilde a Tel Aviv

Il cinema ha spesso affrontato il complicato rapporto tra sessualità e società. Lo fa oggi anche con The Happy Prince, film di Rupert Everett in sala dal 12 aprile.
di Ilaria Ravarino

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Rupert Everett (Rupert James Hector Everett) (65 anni) 29 maggio 1959, Norfolk (Gran Bretagna) - Gemelli. Interpreta Oscar Wilde nel film di Rupert Everett The Happy Prince - L'Ultimo Ritratto di Oscar Wilde.
mercoledì 11 aprile 2018 - Focus

Fare politica con il corpo, sul corpo, nonostante il corpo, e produrre la propria identità sessuale e di genere in relazione alla società, alla cultura e allo spazio in cui ci muoviamo. La politica e l'identità di genere sono temi su cui il cinema riflette da tempo, prendendo spesso in prestito, come nel recente caso di The Happy Prince (al cinema dal 12 aprile) l'esempio di grandi figure storiche. Qui il "campione" che lotta contro il resto del mondo è Oscar Wilde, trasformato dal regista-attore Rupert Everett in una figura cristologica che alla fuga sceglie consapevolmente il sacrificio della condanna per omosessualità, nell'Inghilterra di fine Ottocento.

Ma la chiave dei grandi personaggi storici non è l'unica con la quale il cinema ha imparato a declinare il complicato rapporto tra sessualità e società.
Ilaria Ravarino

Storia degli ultimi anni di vita di Oscar Wilde, uscito di prigione dopo aver scontato il carcere per omosessualità, The Happy Prince di Rupert Everett è un film fortemente politico nel porre l'accento sul sacrificio compiuto dall'artista inglese, primo ad accendere la miccia dell'esplosiva battaglia per i diritti degli omosessuali. "La sua è stata la prima storia di omosessualità davvero pubblicizzata. Dopo di lui il mondo intero ha iniziato a parlarne: all'epoca era ancora tabù - ha detto Everett in un'intervista - Wilde ha segnato l'inizio del movimento di liberazione omosessuale e Lgbt. L'omosessualità è diventata un tema dopo la sua morte. Le libertà per cui abbiamo tanto combattuto sono iniziate con i suoi sacrifici".


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In foto una scena del film The Happy Prince.
In foto una scena del film The Happy Prince.
In foto una scena del film The Happy Prince.
I CAMPIONI GENDER

Un tema che torna, in tutt'altro contesto storico, in Milk di Gus Van Sant: ancora una volta si parte da una figura storica, quella di Harvey Milk, primo gay dichiarato a ottenere a una carica politica negli Stati Uniti, per raccontare una storia di riscossa di genere - anche in questo caso con un finale amaro - iniziata negli anni Settanta e non ancora veramente conclusa. È invece la costruzione di una (nuova) identità femminile al centro de La battaglia dei sessi di Jonathan Dayton e Valerie Faris, ambientato negli anni della rivoluzione sessuale. L'alfiere del cambiamento è qui la campionessa mondiale femminile di tennis Billie Jean King, raccontata durante il celebre match del 1973 che la oppose all'ex campione maschile Bobby Riggs. Una lotta combattuta sullo sfondo della nascita del femminismo e condotta su due fronti: contro la società che non concedeva uguaglianza alle donne, e contro la morale che non ammetteva che una donna potesse amare una compagna.


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In foto una scena del film Milk.
In foto una scena del film La battaglia dei sessi.
In foto una scena del film Pride.
IDENTITÀ E STORIA

Raccontare i movimenti e le manifestazioni che hanno fatto la storia, puntando l'attenzione sugli attivisti, è un escamotage spesso utilizzato dal cinema per sviluppare il tema dell'identità di genere in politica. Succede in Pride di Matthew Warchus, ambientato negli anni del governo Tatcher, che mette in parallelo le storie di un gruppo di omosessuali londinesi, all'esordio delle battaglie per l'uguaglianza dei diritti, con quelle dei minatori inglesi, in protesta per le dure condizioni lavorative. E succede in 120 battiti al minuto di Robin Campillo, ambientato in un'epoca di poco posteriore, gli anni '90. L'esplorazione dell'identità di genere è condotta qui attraverso il racconto della lotta degli attivisti di Act Up, che a Parigi tentavano di sensibilizzare l'opinione pubblica ormai indifferente all'AIDS, considerato una malattia "da tossicodipendenti e omosessuali". Un film nato dall'urgenza personale di Campillo e del co-sceneggiatore Philippe Mangeot, entrambi attivisti del movimento: "Ho voluto raccontare questa storia - ha detto Campillo - perché sentivo che non era stato ancora fatto, e occorreva farlo in un modo che ottenesse la massima visibilità. Anche andando aldilà della nostalgia per chi abbiamo perso".


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In foto una scena del film Vergine Giurata.
In foto una scena del film Oriented.
In foto una scena del film 120 battiti al minuto.
ALTRI MONDI

Rifiutare il proprio genere può essere un atto politico. Di esclusione, ma anche di inclusione. È questa in fondo la storia di Vergine giurata, film d'esordio di Laura Bispuri, ispirato a una storia vera già diventata romanzo grazie a Elvira Dones. Il setting è quello di un piccolo villaggio in Albania dove sono ancora in vigore le regole arcaiche del Kanun, sistema che impone alla comunità un rigido sistema patriarcale attraverso la sistematica umiliazione del corpo femminile. La protagonista, Hana, è costretta dal Kanun ad annullare la propria individualità di donna trasformandosi in Vergine giurata, ovvero una donna riconosciuta come uomo dalla società - e come tale in grado di godere degli stessi diritti dei maschi. Ma cosa accade a quel corpo, a quell'identità di genere, quando Hana abbandona il piccolo villaggio in Albania per cercare l'amata amica Lila in Italia?

Esistono poi luoghi in cui l'omosessualità è ancora un tabù, un tabù particolarmente pericoloso quando l'identità sessuale si scontra con l'identità di una nazione. Lo racconta magnificamente Oriented, documentario di Jake Witzenfeld sulle vite di tre ragazzi omosessuali palestinesi durante il conflitto Israele-Gaza del 2014. Un film che per mesi segue la quotidianità tre giovani uomini molto diversi tra loro, ma decisi a trasformare la propria identità sessuale in una bandiera che inneggi alla libertà e alla pace fra i popoli. Un "cambiamento dolce" che i tre portano avanti politicamente, fondando il Qambuta: un movimento di avanguardia culturale e resistenza non violenta, ma soprattutto il punto di partenza per costruire un'identità condivisa palestinese e israeliana.


THE HAPPY PRINCE: RECENSIONE

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