Titolo originale | L'empire de la perfection |
Titolo internazionale | John McEnroe: In the Realm of Perfection |
Anno | 2018 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Francia |
Durata | 91 minuti |
Regia di | Julien Faraut |
Attori | John McEnroe, Ivan Lendl, Mathieu Amalric, Gil de Kermadec, Jacques Pernod Cédric Quignon-Fleuret, Nicolas Thibault. |
Uscita | lunedì 6 maggio 2019 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Wanted |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,49 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 13 maggio 2019
Un documentario che indaga le tensioni e il particolare carattere di John McEnroe durante un Roland Garros dei primi anni '80. In Italia al Box Office John Mcenroe - L'Impero della Perfezione ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 9,3 mila euro e 4,7 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Gil de Kermadec è stato un cineasta appassionato di tennis che aveva creato un metodo di osservazione delle posture dei tennisti con finalità didattiche. A un certo punto però decise di rinunciare alle riprese finalizzate allo scopo per seguire invece dal vero ciò che un campione faceva nel corso di una gara. Il soggetto prescelto fu John McEnroe.
La citazione in apertura ha lo scopo di metterci in guardia. Recita: "Il cinema mente. Lo sport no". È firmata Jean-Luc Godard ed è, come di solito per il regista, apodittica.
In realtà le immagini che aprono il film sono legate allo sport ma suonano false, costruite, si potrebbe dire 'in posa'. Quando entra in campo (sulla terra rossa del Roland Garros) John McEnroe le cose cambiano e le valenze di interpretazione aumentano. Perché la voce di Mathieu Amalric ci guida in un percorso complesso che ci riporta indietro nel tempo e non solo per la datazione degli incontri sostenuti dal tennista statunitense a Parigi. Come Godard vuole ci vengono proposte riflessioni sul 'gesto' del tennista che, supportate dalla presenza sulle tribune di uno dei più importanti redattori dei Cahiers du Cinèma, ci impongono riflessioni su una delle riviste di cinema che sono ancora in grado di influire sul lessico dei cinefili (francesi e francofoni soprattutto) con qualche eco che suona un po' rètro.
C'è poi l'obiettivo centrato sul nervoso campione che consente di mettere in luce una psicologia complessa focalizzandosi sulla necessità per lui quasi cogente di un bisogno di rivalsa costante. Se l'arrabbiatura durante la partita per la quasi totalità dei suoi colleghi rappresentava un motivo di deconcentrazione per lui era invece uno stimolo a fare di più e meglio. In fondo la sua, come viene affermato, era una gara contro se stesso che aveva bisogno di trasformarsi in conflitto.
Assistiamo alle sue contestazioni con gli arbitri, alla tensione che lo pervade anche quando deve fare una foto di gruppo o solitaria per lo sponsor ma soprattutto ci vengono forniti strumenti per 'leggere' l'interazione produttiva tra l'oggetto delle riprese e lo sguardo della camera che lo osserva. Il grande campione così finisce con il trasformarsi in un pre-testo.
Un archivista appassionato di cinema e di sport ritrova quasi per caso 20 ore di doppi, tagli e scarti di un cineritratto anni 80 di John McEnroe. E poiché sa che «per un cineasta il "found footage "è ciò che i rifiuti sono per gli archeologi: una miniera», estrae da quei materiali un film che è insieme un ritratto parzialissimo e appassionante del grande tennista americano una riflessione sul cinema, [...] Vai alla recensione »
Partendo da Gil de Kermadec, documentarista didattico, e dalle sue rilevazioni/rivelazioni sul comportamento fisico e psicologico dei tennisti, Julien Faraut riesce a costruire una supefacente analisi sul "gesto" e al tempo una riflessione sul cinema, partendo da una citazione godardiana ("Il cinema mente, lo sport no"). La celebre finale del Roland Garros tra John McEnroe e Ivan Lendl, con tutto il [...] Vai alla recensione »
Avete presente la non corriva bio-pic Borg-McEnroe di Janus Metz Pedersen? Ebbene, volendo questo John McEnroe - L'impero della perfezione ne è quasi un proseguimento documentario e filosofico. Con la regia di Julien Faraut e la morbida voce narrante di Mathieu Amalric (in originale), il raffinato e stilizzato lungometraggio parte sulle tracce delle ricerche didattiche di Gil de Kermandek, cineasta [...] Vai alla recensione »
Gil de Kermadec, primo direttore tecnico nella storia della Federazione francese di tennis, ha passato la sua vita realizzando documentari didattici sul tennis. Ha anche osservato i tennisti migliori giocare sui campi in terra rossa a Porte d'Auteil, dove ha sede il Roland Garros. Li ha filmati, li ha seguiti. Dal 1977 ha realizzato ritratti di molti campioni, in 16 mm.
Un documentario su John McEnroe? Sarebbe svilire questo film inaspettato e sorprendente che usa il grande campione statunitense per riflettere sulla genialità, sullo sport, sulla perfezione, ma anche sul cinema e sulle sue regole. Lo mette in chiaro fin dai primissimi secondi, quando sullo schermo appare una delle celebri frasi a effetto di Jean-Luc Godard - «Il cinema mente, lo sport no» - mentre [...] Vai alla recensione »
"Il cinema mente, lo sport no", dice Godard, segnando la distanza tra l'immagine e il gesto. E Julien Faraut parte dalla graffiante traccia di quest'affermazione, dissepolta da una vecchia intervista a L'Équipe, per condurre il suo fenomenale viaggio tra lo sguardo cinematografico e lo sport. Due campi di gioco in cui la realtà e l'illusione, i limiti materiali e le utopie entrano in rotta di collisione, [...] Vai alla recensione »
L'urlo e la perfezione: in scena c'è quel corpo agonistico in dissidio con tutto e tutti, se stesso compreso, che è stato John McEnroe, molto più di un semplice campione del tennis, piuttosto l'emblema di un rapporto dissociato tra la sacralità di uno sport d'élite e il suo essere icona del genio incontenibile. Se il tennis è una questione di gesti, movimenti, posizioni reciproche tra se stessi e l'altro [...] Vai alla recensione »
John McEnroe non è stato il tennista perfetto. Allo stesso modo non ha rappresentato la perfezione dell'atleta e del professionista e, fermo restando che l'uomo sia ontologicamente imperfetto, in alcun modo il noto campione ha costituito un'eclatante eccezione. Dunque perché il titolo John McEnroe - L'impero della perfezione? La risposta è di una semplicità disarmante e risponde alla parola "verità": [...] Vai alla recensione »
Julien Faraut confeziona L'Impero della perfezione, un documentario su John McEnroe, tra le figure più giganti nella storia del tennis. Ma non è il "canonico" documentario (non ci sarebbe nulla di male), il regista traccia dall'inizio uno stretto parallelismo tra cinema e sport. I due macro-contenitori di storie trovano appigli comuni in ogni svolta descrittiva della pellicola ma divergono nel punto [...] Vai alla recensione »
Il profano non può percepire quello che succede dentro il giocatore". Al Tennis come esperienza religiosa ci introdusse David Foster Wallace, complici l'ineffabile Roger Federer e uno Us Open da antologia, al tennis come esperienza epistemologica ci ammette il francese classe 1978 Julien Faraut, tramite il documentario John McEnroe - L'impero della perfezione.