Con 'tantissime ore di volo sulle spalle', l'attore e regista dirige Massimo Boldi e Max Tortora ne La coppia dei campioni. Al cinema.
di Gabriele Niola
Si definisce un regista con "tantissime ore di volo sulle spalle" Giulio Base, e non ha torto, con 9 lungometraggi per il cinema, diversi per la televisione e un numero impressionante di ore girate per serie popolari come Don Matteo, è come un capitano di lungo corso.
Per questo sorprende che, dopo aver finito e portato in sala un film come La coppia dei campioni, cioè una commedia perfettamente nelle sue corde, ancora dichiari di aver imparato qualcosa dal lavoro con Massimo Boldi e Max Tortora. E quel qualcosa è la forza dell'umorismo visivo.
La sceneggiatura è tua e gli attori appaiono perfettamente in linea con il tipo di film, sembra in buona sostanza che sia stato tutto pensato com'è finito per essere fin dall'inizio, è andata così?
Non proprio, io non avevo pensato a nessuno mentre scrivevo, avevo proprio scritto dei personaggi diversi dai loro. Poi il mercato, le leggi, la lettura, chi può chi non può, chi vuole il distributore e via dicendo hanno fatto il resto. Sai, per chi non è Sorrentino e non può decidere tutto, le scelte sono sempre una mediazione. Tuttavia anche io ora non vedo nessun altro possibile interprete per questi personaggi. Alla fine è stato il prodotto dello sforzo di tutti, anche se nella sceneggiatura c'era un tessuto diverso dal comico puro che abbiamo raggiunto, Max e Massimo per fortuna ci hanno messo del loro.
Quanto si può dirigere attori del genere, che conoscono il genere comico e hanno un loro stile, e quanto invece ci mettono del loro?
Per me è stato abbastanza chiaro. Il film è al 90% quello che ho scritto ma c'è un 10% di loro improvvisazione che è fondamentale. Avevano entrambi letto il copione che gli piaceva molto e sono entrati nello spirito del farsi dirigere e non fare degli sketch.
Se c'è una cosa che ho imparato dalla commedia è che più lasci liberi gli attori e meglio è.
Se improvvisano facilmente uscirà fuori qualcosa di divertente e questo aiuterà anche a creare un clima di allegria sul set. È difficile fare commedia con un clima triste.
Mi pare di capire che inizialmente avevi pensato il film per essere più una commedia e meno un'opera comica, giusto?
Era un film sentimental-comico inizialmente, non mi ero preoccupato troppo di costruire la risata oceanica frutto di chissà che pensiero sulla carta, quanto di dare una verosimiglianza alle loro avventure, è evidente che Massimo Boldi che viene dalla comicità semplice, e lo dico con affetto, ha portato un po' della sue gag e benvengano! Del resto in una commedia quel che conta sono le risate.
Eppure Tortora e Boldi sono molto diversi tra di loro, tu li hai approcciati alla stessa maniera?
Massimo è un clown, infantile come lo sono i clown e dotato anche di quel retrogusto un po' amaro che hanno i clown, ma è puro. Ha dei colpi tipici del repertorio, dalla banana alla botta in testa, lo squillo, il suono. Un clown da circo nel senso alto del termine.
Max invece è un attore più strutturato, uno che si muove nell'ottica dello studio di un personaggio. In questo senso Max è un costruttore di gag, le mette in scena giorno per giorno sul set senza preoccuparsi troppo di dove vadano o da dove vengano, in più è un attore di teatro e capisce bene determinati risvolti narrativi.
La storia del film, due italiani diversi tra loro, un romano e un milanese, costretti a viaggiare insieme per vedere la finale di Coppa dei Campioni, sembra un classico della commedia nostrana, ma a te cosa dice? Come mai proprio questa trama?
Mi interessava molto l'amicizia.
Come tanti mi sono innamorato anche io di Quasi amici e quando uno ama un film un po' ci pensa mentre realizza i propri.
Molti dei miei film poi ruotano intorno a questo tema. Ho pensato quindi che avrei potuto realizzare un miniaffresco di due personaggi e due diversità che non è solo Roma contro Milano, ma sono proprio culture, ceti sociali, e idee politiche distanti, attitudini alla vita che non coincidono. Per questo non volevo fare il solito romano coatto contrapposto al milanese colto ma semmai viceversa; qui il romano è istruito e l'altro benché più ricco non sa niente. Infine tutto questo incastrato in un viaggio agli inferi mi allettava, specie perché amo i film che utilizzano l'unità di tempo e i miei tre giorni di spirale verso il basso a questo puntano.