Anno | 2014 |
Genere | Thriller, Drammatico, Sentimentale |
Produzione | India |
Durata | 160 minuti |
Regia di | Vishal Bhardwaj |
Attori | Tabu, Shahid Kapoor, Shraddha Kapoor, Kay Kay Menon, Narendra Jha Kulbhushan Kharbanda, Lalit Parimoo, Ashish Vidyarthi, Aamir Bashir, Sumit Kaul, Rajat Bhagat, Ashwath Bhatt, Irrfan Khan, Anshuman Malhotra, Lankesh Bhardwaj, Sameer Bhat, Javaid Khan, Bhawani Muzamil, Mohommed Ali Shah, Rajeev Sharma, Deependra Singh. |
MYmonetro | 2,98 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 16 marzo 2015
Il film è stato premiato a Roma Film Festival, ha ottenuto 4 candidature a Asian Film Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Kashmir, 1995. Il dottor Hilaal Meer accetta di operare di appendicite, a casa sua, un guerrigliero separatista, ricercato dall'esercito di occupazione indiano. Il giorno successivo i militari, che sembrano già informati del fatto, catturano il medico e radono al suolo la sua abitazione, inclusi i terroristi nascosti al suo interno. Alcuni giorni dopo Haider, figlio del dottore, torna a casa per scoprire ben presto di non averne più una: la madre si è trasferita dal fratello di Hilaal, il politico Khurram, e del padre si sono perse le tracce. A nulla servono le ricerche sul suo destino e in Haider crescono i sospetti che si sia trattato di un subdolo complotto.
Terzo di un'audace trilogia di adattamenti shakespeariani - i precedenti sono Maqbool, un Macbeth ambientato a Bombay, e Omkara, un Otello nel mondo dei gangster - Haider rappresenta la più ambiziosa e temeraria tra le operazioni di Vishal Bhardwaj. Dalla Danimarca medievale la storia si trasferisce al Kashmir di metà anni Novanta, un Paese dilaniato tra una voglia di indipendenza alimentata dal vicino Pakistan e le briglie di ferro del governo indiano. Bhardwaj per scrivere la sceneggiatura coinvolge un giornalista originario del kashmir, Basharat Peer, particolarmente attento a ricostruire la situazione per chi la conosce meno bene e coraggioso nell'aggiungere sale su una ferita aperta e sanguinante per l'India. Difficile concepire una produzione indiana capace di assumersi così tanti rischi, denunciando le atrocità commesse dall'esercito con il pretesto di individuare i terroristi pro-Pakistan, ma la macchina da presa di Bhardwaj non si tira mai indietro, dimostrando un coraggio pari a quello del suo protagonista, pronto a sfidare da solo un mondo che ha dimenticato la giustizia. Quasi il film costituisse una rappresentazione fittizia, ma portatrice di verità, simile a quella inscenata da Amleto-Haider per illustrare ciò che non può essere detto, quel che tutti sanno o presumono, ma di cui non possono parlare. In questo meccanismo di scatole cinesi, in cui è la denuncia delle abiezioni commesse dallo stato maggiore militare il reale focus, il canovaccio del Bardo finisce per essere quasi sacrificato, come un gigantesco MacGuffin. Ma la sua spettacolarizzazione in un contesto così radicalmente differente rispetto a quello originario spezza ogni resistenza, a colpi di eccessi e fotografia flamboyant come solo Bollywood al suo meglio sa esprimere. La tensione erotica tra Haider e la madre Ghazala è rafforzata dalla scarsa differenza di età tra Shahid Kapoor e Tabu, oltre che dal fascino senza età della seconda (dove il primo invece fatica a esprimere più di una monomaniaca sete di vendetta). Non manca un cameo di Irrfan Khan (Vita di Pi, The Lunchbox), al solito iconico nei panni del misterioso guerrigliero Roohdaar, ispiratore delle gesta di Haider e depositario delle ultime volontà del padre.