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Passione: Turturro torna in Italia

Dopo il documentario sulla cultura siciliana ora tocca a quella partenopea.
di Gabriele Niola

Il Turturro napoletano di Passione
John Turturro (John Michael Turturro) (67 anni) 28 febbraio 1957, New York City (New York - USA) - Pesci. Regista del film Passione.

sabato 4 settembre 2010 - Approfondimenti

Il Turturro napoletano di Passione
Dopo Prove per una tragedia siciliana, John Turturro torna ad occuparsi dello studio (che significa anche esportazione) della cultura popolare meridionale italiana. Se nel precedente film si parlava di teatro in Sicilia in Passione si parla di musica a Napoli. Ma non traggano in inganno le premesse "Non è assolutamente un film nostalgico, anzi, quella napoletana è una musica viva e molto moderna" dice il regista.
Il punto del documentario di Turturro non è infatti spiegare il passato ma illustrare come la modernità derivi da esso: "Ritengo Napoli uno dei punti più importanti per la musica nel mondo. Per fare questo film ho ascoltato un'infinità di dischi che Peppe (Barra) mi ha messo a disposizione. Non ne conoscevo molti, ci sono state molte scoperte ma il percorso comunque è stato prima ascoltare e poi incontrare gli artisti". Nessun confine temporale quindi ma nemmeno geografico: "Quello che si vede nel film" continua Turturro "è come la musica e la cultura napoletana siano molto internazionali. È possibile sentirci voci dalla Spagna, dalla Francia, dall'Africa....".
Il film avrà una distribuzione mondiale "abbiamo fatto delle prove a New York e la risposta è stata eccezionale" con una particolare attenzione (sempre secondo il regista) all'America Latina, ma non prima di una serata in grande stile a Napoli da tenersi in Ottobre. I distributori hanno infatti dichiarato che sarà da lì che partirà il tour della pellicola, con un grande evento ancora da decidere ma "certamente esplosivo".

Un italoamericano a Napoli
J ohn non è americano, è napoletano!" dice Raiz, uno dei musicisti coinvolti nel progetto e presenti in Passione, raccontando delle riprese "figuratevi che una volta eravamo in un vicolo e uno scooter passando ci ha quasi preso, allora John li ha apostrofati con un urlo talmente perfetto e napoletano che quelli si sono fermati per attaccare briga riconoscendolo come uno di noi". Se la ride ovviame John Turturro, italiano solo di origini ma sinceramente appassionato della cultura meridionale del nostro paese.
Le scelte di Turturro infatti sono ricadute sui quartieri più disastrati perchè "sono i più interessanti" dice il regista "è lì che la musica è indispensabile, è importante e fa parte del tuo DNA". Certo non tutti i cantanti storici della tradizione napoletana sono presenti ma questo non è un limite per Turturro "non potevamo fare un film di dieci giorni, dovevamo rimanere fedeli alla nostra opera ed evitare un lungo elenco, perchè non è un film storico ma uno attuale".
"La cosa strana è che siamo tutti i realizzatori sono stranieri rispetto alla cultura napoletana, eppure tutti ce l'avevamo dentro, tanto da apprezzare come lo sguardo di John sia stato totalmente scevro dai soliti clichè e anzi mirato a cogliere le mille piccole differenze che sono la ricchezza del territorio". Questa volontà di evitare i clichè è anche il motivo per il quale ogni canzone è sottotitolata anche nella versione italiana, una cosa che, continua ha molto aiutato a strutturare il racconto in fase di montaggio.

I cantanti
I veri protagonisti di Passione sono loro e infatti erano tutti schierati alla conferenza stampa a partire da Peppe Barra della Nuova Compagnia di Canto Popolare: "Io vengo dal teatro e faccio poco cinema, sono l'unico attore che non è andato via da Napoli, o forse saremo 2 o 3. Eppure non lo rimpiango perchè ho vissuto un momento molto bello, cioè quello del recupero delle tradzioni. Dal 1967 in poi con la Nuova Compagnia di Canto Popolare lo stiamo facendo, e se oggi Turturro può fare questo film lo deve anche alle forza di quell'epoca e di chi per 20 anni hanno combattuto per recuperare una tradizione. Napoli è una città difficile, oggi bisogna fare attenzione che le nostre radici vengano protette e divulgate. Questo filo rosso che parte da Napoli e arriva alla punta estrema dello stivale, fatto di tamburiate, canti e filastrocche protegge il sud ma anche il nord, pure se loro non lo sanno".
A lui fa eco Misia che parlando della tradizione sottolinea come "Le canzoni della tradizione spesso rimangono nella modernità e benché tutti parlino della tradizione come di qualcosa di immutabile, sappiamo che essa nasce per esigenza di cambiamento e di adattamento alla modernità della propria epoca. Quello che rimane poi immutato nel tempo è la stessa energia, l'emozione e il linguaggio del corpo".
E di parere uguale è l'africana M'barka: "È stata una bellissima esperienza, ci sono vecchie e nuove voci napoletane con anche i giovani di poca esperienza. Vengono presentate davvero tante individualità arabe, francesi, slave... Tutte le lingue. È stato un piacere lavorare con artisti veri per strada, è un film senza quartiere in cui si trova poi anche il vero napoletano".

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