Anno | 2009 |
Genere | Documentario |
Durata | 77 minuti |
Regia di | John Turturro, Roman Paska |
Attori | John Turturro, Mimmo Cuticchio, Donatella Finocchiaro, Vincenzo Pirrotta . |
MYmonetro | 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 14 settembre 2009
L'attore italo-americano va alla ricerca delle origini della sua natura istrionica
CONSIGLIATO SÌ
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John Turturro soggiorna in quel di Palermo e Aragona per ritrovare la storia dei propri nonni ma soprattutto una vocazione alla teatralità, che parrebbe -se si dà ascolto ad Andrea Camilleri- scorrere nel sangue dei siciliani e possedere per lo più il gusto di tragedia. Mosso dal proposito di fare un giorno un film sulla figura di un puparo, Turturro va a bottega da Mimmo Cuticchio, che ha destato questo patrimonio dall'isolamento secolare e da una destinazione esclusivamente turistica imponendolo come fatto teatrale, artistico e poetico, e, nel tempo del film, impara l'arte di far muovere il furioso Orlando, ne assume i codici gestuali e verbali, mentre si presta a sua volta a far da maestro ad un gruppo di ragazzine che si provano nell'arte del "cunto" e dell'improvvisazione.
Gli attori Donatella Finocchiaro e Vincenzo Pirrotta sono rispettivamente la madrina e il Virgilio della recherche di Turturro all'inseguimento della propria eredità siciliana, mentre Roman Paska, regista teatrale esperto di marionette, è collaboratore paritario dell'attore nella costruzione del documentario.
Senza falsa retorica ma anche senza reale incisività, il mediometraggio scorre testimoniando la sincera curiosità della star hollywoodiana per la terra di Sicilia e per le sue tecniche espressive, il suo affetto, il sentito tributo. Turturro si muove con grazia e consapevolezza, evitando di imporre costantemente e narcisisticamente il marchio della sua presenza al film: capace di fare passi indietro e di diventare allievo e comprimario quando si trova di fronte personaggi il cui carisma e la cui esuberanza meritano di dominare la scena, ma pronto anche a mettere il suo spessore al servizio del film, dei personaggi che racconta e del perpetrarsi dell'identità regionale, come nel confronto con le giovanissime allieve del laboratorio teatrale di Pirrotta.
La città che fa da sfondo è una Palermo di luci e luoghi reali, da attraversare in vespa, passando dalla sovrabbondanza dei mercati al silenzio dei dintorni del mare: perché gli ambienti raccontano quanto le parole, nonostante l'effetto cartolina non sia sempre eluso e la curiosità dell'attore italoamericano non eviti sempre gli eccessi di un folklorismo che pure è alla base della sua ricerca.
Fuori dagli schemi di genere, Prove per una tragedia siciliana è un lavoro libero, piacevole, che poteva andare più a fondo e invece resta una collezione di prove, a testimonianza forse di qualcosa di inafferrabile, di una distanza, tra qui e là, tra oggi e ieri, letteralmente oceanica.
Gli occhi incantati del bambino che esplorano il mondo con la curiosità e meraviglia di chi vuole imparare a vivere come i propri padri. L'anelito a ricongiungersi con il proprio passato ormai perduto, con le proprie radici, e la tristezza e la nostalgia che esitano da un impossibile ritorno al passato, che non esiste più se non nel nostro cuore.