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Horror Frames: Zone of the Dead e l'ubiquità dell'horror

Un apocalittico film zombesco prodotto e ambientato in Serbia.
di Rudy Salvagnini

Una scena del film Zone of the Dead di Milan Konjevic e Milan Todorovic.

martedì 14 giugno 2011 - News

L'horror è il genere transnazionale per eccellenza. Proprio perché può accontentarsi di budget contenuti e si adatta a ogni realtà, è un genere che ha trovato spazio sotto ogni latitudine, producendo varianti infinite, spesso legate alle specificità territoriali. Suscitare tensione o paura è una cosa che fa effetto in qualunque realtà e i meccanismi utilizzati sono frequentemente gli stessi. Quello che cambia e che genera spesso l'originalità della proposta è la particolarità della “visione”, l'unicità che deriva dall'adattamento alle sensibilità e all'immaginario locale. Dalle mummie azteche messicane protagoniste di un ciclo curioso e ingenuamente macabro ai vampiri saltellanti di Hong Kong, dai tonitruanti incubi sadico-metafisici del brasiliano José Mojica Marins ai fantasmi melodrammatici dell'horror thailandese, dagli scatenati zombie finlandesi a quelli pop e sanguinari giapponesi, gli esempi sono molteplici e ogni nazione aggiunge qualcosa di suo, qualcosa di specifico alla formula orrorifica contribuendo alla sua perpetuazione e diffusione.

E parlando di zombie, è interessante segnalare un film che fa comparire nella geografia dell'horror catacombale anche la Serbia. Zone of the Dead (noto anche come Apocalypse of the Dead, il titolo con cui è stato distribuito in Gran Bretagna), diretto da una coppia di registi esordienti nel lungometraggio (Milan Konjevic e Milan Todorovic), racconta ancora una volta di un apocalittico contagio zombesco, ambientandolo questa volta in Serbia, in un arco temporale che comprende un prologo nel quale esisteva ancora la Yugoslavia.

Zona industriale di Pancevo, Yugoslavia, 1985. Durante gli scavi per l'esecuzione di lavori, vengono trovati dei cadaveri pluricentenari: un tempo lì c'era un cimitero turco e pare che i cadaveri appartengano a persone morte di peste, dato che sono stati ricoperti di calce. Il fatto strano è che non sono abbastanza decomposti, tenuto conto del tempo che hanno trascorso sotto terra. Uno degli uomini che si occupano dei cadaveri si ferisce con la costola di uno scheletro. Sembra una cosa da niente, ma l'uomo muore in breve tempo. Di peste fulminante, si pensa. In realtà, subito dopo l'uomo si sveglia con una rabbia famelica. Pancevo, Serbia, oggi. Gli agenti Mina Milius e Mortimer Reyes dell'Interpol prelevano il Prigioniero 611 da un carcere serbo per trasferirlo prima a Belgrado e poi a Londra. Mortimer, ex agente della Cia, vive in Serbia da vent'anni ed è sull'orlo del ritiro, amareggiato per la morte della moglie: quello è il suo ultimo caso. Nella zona sono in corso delle esercitazioni militari e in una piccola stazione ferroviaria è in sosta un treno merci contenente materiale segreto e pericoloso. Tre militari buzzurroni in cerca di divertimento causano una rissa nel corso della quale sparano accidentalmente a uno dei tecnici di scorta del treno merci e colpiscono anche la cisterna trasportata, contenente un pericoloso gas che si sprigiona nell'aria. Detto fatto, si trasformano tutti in zombie, tranne un anziano in attesa di un treno che riesce a mettersi tempestivamente una maschera antigas. Il contagio si sparge e coinvolge altre persone nella zona. Mina e Mortimer si ritrovano nel mezzo del guaio, nella stessa barca del loro misterioso e pericoloso prigioniero.

Simpaticamente old fashioned, il film sposa in pieno una struttura narrativa molto collaudata che richiama stilemi e suggestioni risalenti a qualche decennio fa, giustificazione del contagio compresa. Anche qui la causa di tutto è un esperimento segreto del Governo, iniziato in seguito alla scoperta dei cadaveri di tre secoli prima: pare infatti che il virus della peste quando viene a contatto con una sufficiente quantità di benzene e ammoniaca riporti in vita i morti. Ovviamente,.come chiunque può immaginare, un tale virus ha notevoli potenzialità militari.
Il tratteggio dei personaggi è approfondito quel tanto che basta a renderceli interessanti, cosa che non avviene spesso nei film di zombi. Certo, sono fortemente appoggiati su noti stereotipi - la novellina volenterosa, l'anziano agente con trauma, il carcerato tenebroso e così via - ma sono tutti (almeno i protagonisti, alcuni dei secondari sono meramente funzionali e talvolta inverosimili nei comportamenti) resi in modo abbastanza credibile. Uno dei più interessanti, la cui apparente marginalità trova poi riscontro nella parte finale, è il fissato parareligioso e millenario che si prepara da tempo a un'apocalisse di qualunque tipo: peccato che sia poi usato per una morale pedissequo-ambientalista che avrebbe molto guadagnato a essere suggerita invece che enunciata. Curioso, anche se un po' forzato e non appropriato, il collegamento alla tragedia nucleare di Chernobyl.

Lo schema del racconto è quello tipico degli zombie movie più classici, con una pluralità di personaggi alle prese con l'improvviso e letale contagio, da cui scaturiscono carneficine a profusione. Il ritmo è però tenuto alto e, se la storia non riserva particolari sorprese, la vivacità dell'insieme rende tutto sommato gradevole la visione soprattutto per gli appassionati del genere, che potranno anche apprezzare la buona riuscita di trucchi ed effetti speciali, oltre che la ricercatezza pittorica di alcuni esterni notturni colmi di zombie ondeggianti. Gli zombie, dal canto loro, sono adeguati, aiutati anche dal traballio concitato della camera quando sono in scena. Il film non dice nulla di nuovo, ma è apprezzabile nella sua onestà di seguire con modestia e impegno le regole e le strutture del sottogenere zombesco facendo riferimento a modelli illustri e inarrivabili. In particolare, è interessante il tentativo di fondere i film romeriani ad alcuni elementi tratti dal capolavoro di John Carpenter, Distretto 13 - Le brigate della morte, che è sì un chiaro omaggio - con i “buoni” assediati nel distretto di polizia - a Un dollaro d’onore di Howard Hawks, ma è anche chiaramente debitore, per clima e stile, de La notte dei morti viventi. La figura del carcerato beffardo, laconico e pieno di risorse è qui replicata con applicazione e discreta resa da Emilio Roso e si inserisce in modo accettabile nello stereotipo romeriano. Ken Foree, anche produttore associato, è sicuramente uno dei plus di questo film. Attore simbolo del cinema horror sin dai tempi di Zombi di George A. Romero, ha caratterizzato altri film significativi nel genere, come From Beyond - Terrore dall’ignoto di Stuart Gordon. Attore capace e carismatico, porta con sé l'esperienza implicita di ammazzazombie che lo accompagna sin dai tempi del film di Romero, ma è anche in grado di dare profondità al suo personaggio e di usare l'arma dell'ironia senza diminuire l'impatto drammatico e la credibilità.

Alla lunga, la risaputezza della storia, il tono predicatorio del finale e certe lungaggini che dilatano la durata del film diminuiscono in modo sensibile la riuscita complessiva, ma questo esperimento di uno zombie horror serbo (in coproduzione con Spagna e Italia: produttore è Loris Curci) riserva diversi motivi di interesse.

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