Million Dollar Baby |
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Un film di Clint Eastwood.
Con Clint Eastwood, Hilary Swank, Morgan Freeman, Mike Colter, Lucia Rijker.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 132 min.
- USA 2004.
- 01 Distribution
uscita venerdì 18 febbraio 2005.
MYMONETRO
Million Dollar Baby
valutazione media:
4,14
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Istruttore incattivito allena una giovane promessadi Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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lunedì 27 aprile 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
MILLION DOLLAR BABY (USA, 2004) diretto da CLINT EASTWOOD. Interpretato da CLINT EASTWOOD, HILARY SWANK, MORGAN FREEMAN, JAY BARUCHEL, MIKE COLTER, LUCIA RIJKER, BRIAN F. O'BYRNE, ANTHONY MACKIE, MARGO MANTINDALE, RIKI LINDHOME
Il proprietario di una scalcinata palestra per pugili è diviso fra rispetto e risentimento per il suo unico amico, un ex boxeur nero che lo aiuta nell’addestramento dei giovani che intendono praticare lo "sport dei poveri". Un giorno l’anziano uomo vede capitarsi fra capo e collo una cameriera trentenne che cerca nella boxe l’unica, e ultima, ragione di riscatto sociale, in quanto frustrata dagli insuccessi di una vita che, anche a livello famigliare, non la soddisfa. Benché l’allenatore la ritenga ormai un po’ troppo anziana per intraprendere una carriera agonistica, accetta di istruirla nella nobile arte del combattimento corpo a corpo. La ragazza, con l’esperienza e una tenacia assai perseverante, si rivela una campionessa, tanto che passa velocemente da una categoria di peso a quella superiore fino ad ambire alla conquista di un titolo internazionale, che deve contendere a un’ex prostituta di carnagione scura, nota per la sua potenza e scorrettezza. Colpita a tradimento, la ragazza batte la testa contro lo spigolo del suo sgabello ed entra in coma. Tenuta in vita artificialmente, chiede al suo manager di aiutarla a morire. Intriso di una malinconia esistenziale e di una tristezza basilare che strappa le sensazioni più crude e meno malleabili, non è un film sull’eutanasia. Ma non è neppure un film sul pugilato. «Sport contro natura», esplica la voce narrante di M. Freeman. Tratto da un racconto di F. X. Toole, è un’opera che spiega il funzionamento della lotta per la sopravvivenza in un mondo di perdenti che comunque non perdono la speranza per aprirsi un futuro più soddisfacente e crearsi un angolo di gloria quando questa rimane sempre un valore da guadagnare col sudore della fronte, e non solo. Passata da qualche tempo la boa dei settant’anni, Eastwood recupera nella regia la durezza e il taglio iperrealistico che avevano caratterizzato le interpretazioni che lo imposero all’attenzione del grande pubblico, per mettere in scena un dramma umano capace di impressionare non tanto per il finale tragico e totalmente pessimistico quanto per il senso di desolazione che arriva a permeare perfino le battaglie che la determinata e affiatata pugile (cui giova moltissimo l’espressione agguerrita e il piglio deciso di H. Swank) affronta con cuore impavido e mente concentrata per trovare una rivincita contro le avversità di cui è responsabile soprattutto la sua degenerata famiglia, interessata soltanto al denaro che lei incassa vittoria dopo vittoria. Il personaggio probabilmente più riuscito, in virtù della sua saggezza profonda e del suo atteggiamento distaccato ma pur sempre onesto, è il campione in pensione di Freeman, che giunge a disputare il suo 110° match contro l’arrogante apprendista (Mackie) che sfida a viso aperto il ragazzo vivace e inesperto (Baruchel) per dargli una lezione esemplare di bullismo e di falsa modestia, venendo però sconfitto pesantemente dal vecchio professionista. C’è anche da notare che, avendo ormai imparato ampiamente a dirigere sé stesso, Eastwood ha affinato notevolmente la sua tecnica recitativa abbandonando la maschera dell’uomo coriaceo e imperscrutabile per approntare di fronte a degli spettatori mai disillusi l’immagine di un attore la cui esperienza gli ha insegnato a portare sul grande schermo personaggi la cui varietà risiede appunto nella loro malleabilità, plasticità, quiete e volontà di cambiare, possibilmente in direzione di un carattere più aperto e solare. Quattro Oscar: film, regia, attrice protagonista (Swank), attore non protagonista (Freeman).
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