Titolo originale | Fuchi ni tatsu |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone, Francia |
Durata | 118 minuti |
Regia di | Kôji Fukada |
Attori | Tadanobu Asano, Kanji Furutachi, Mariko Tsutsui, Taiga Nakano, Momone Shinokawa Kana Mahiro, Takahiro Miura. |
Tag | Da vedere 2016 |
MYmonetro | 3,49 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 18 gennaio 2017
Toshio lavora operoso nel suo laboratorio portando avanti la tradizione, all'improvviso un vecchio amico uscito di prigione torna a fargli visita. Il film è stato premiato al Festival di Cannes,
CONSIGLIATO SÌ
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Toshio assume Yasaka, appena uscito dal carcere, nella sua piccola officina. Convivendo con Toshio e la sua famiglia, Yasaka si fa strada a poco a poco nelle simpatie della piccola Hotaru e la aiuta a imparare a suonare l'harmonium. Dopo qualche tempo Toshio comincia a sospettare che ci sia una complicità tra sua moglie Akie e Yasaka, mentre quest'ultimo impercettibilmente rivela di serbare del rancore nei confronti di Toshio, legato a misteriosi eventi del passato. L'instabile equilibrio è destinato ben presto a crollare.
È tutta una questione di stile in Harmonium. Un intreccio così classico nella sua parabola da rifarsi ai meccanismi della tragedia greca, per la gravità con cui affronta i più stretti vincoli di sangue e per l'infallibile ereditarietà della colpa. Ma la maniera di elaborare il processo di lutto e la catena quasi fatalista di trasmissione del dolore è totalmente nipponica: un modello di sottrazione e minimalismo, per il quale Fukada Koji si avvale di un cast straordinario, con il fedele Furutachi Kanji nei panni di Toshio e la star Asano Tadanobu in quelli di Yasaka. Per quest'ultimo il ruolo rappresenta quasi una maschera ricorrente, visto come l'attore in passato abbia già abituato a personaggi enigmatici e silenziosi, tanto gentili e intriganti nei modi quanto imprevedibili e folli nelle loro azioni improvvise. Con la sua presenza apparentemente discreta ma impercettibilmente invadente, è come se Yasaka riempisse tutti gli spazi, provasse a unire tutti i vuoti di comunicazione e affetto in seno al nucleo familiare. Potrebbe sembrare lo straniero di Teorema, ma potrebbe anche rappresentare una minaccia, dai contorni inafferrabili ma ben contraddistinta a livello fenotipico. Se il cinema insegna a non fidarsi mai di chi si allaccia la camicia fino all'ultimo bottone, è ancora più chiaro il passaggio da una camicia bianchissima a una maglietta rosso fuoco come segnale di mutamento e di pericolo imminente.
Harmonium richiede pazienza e compartecipazione al proprio spettatore. Doti necessarie per ricostruire le ragioni e i torti di una famiglia lacerata dai silenzi e dall'incomunicabilità prima, dal rimorso e dal dolore poi. I due segmenti principali e speculari - colorato e ammantato di una falsa levità il primo, avvolto in un funesto grigiore il secondo - in cui è suddiviso Harmonium mostrano in realtà, nella sua sostanza invisibile, lo stesso volto. Il medesimo scenario di disperazione e di impossibilità di accontentare l'uno e l'altro insieme. Se la tendenza è quella di rievocare Rohmer e i registi della Nouvelle Vague per la particolare predilezione dimostrata in passato da Fukada, la ieratica presenza dei personaggi di Harmonium, dannati più o meno consapevoli della loro condizione di dannazione, ha in sé qualcosa di Bresson, declinato assecondando un profondo senso di anaffettività, tutto nipponico.
Dopo un epilogo volutamente insoddisfacente, privo di qualunque forma di catarsi, a rimbombare nelle orecchie è solo il suono, mai così sinistro, di un harmonium. Una nota quasi stonata di semplicità artefatta in un mondo che sembra non poter conoscere la felicità o non saperla adeguatamente ripartire tra gli uomini.