Titolo originale | Gaobie |
Anno | 2015 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Degena Yun |
Attori | Tu Men, Liya Ai, Yingerile Ba, Degena Yun, Bayaneruul . |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 28 novembre 2015
Film dell'esordiente Degena Yun, viene presentato in anteprima mondiale al Tokyo International Film Festival 2015. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
CONSIGLIATO SÌ
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Shanshan torna dall'Inghilterra, dove si trovava per studiare, a Pechino per assistere il padre malato di cancro. La convivenza con lui e con la madre non è delle più semplici: comunicazione scarsa, empatia assente. Shanshan non sa che strada intraprendere nella vita e si smarrisce tra alcool e relazioni insignificanti.
Lo spunto di partenza del secondo lungometraggio di Degena Yun è autobiografico, anche se lo si comprende solo in una fase avanzata di A Simple Goodbye. L'elaborazione del lutto per la scomparsa del padre, il regista mongolo Saifu, porta a una rivisitazione degli ultimi giorni trascorsi con lui, svolta in chiave fiction ma senza edulcorare la vicenda. Ogni membro della famiglia disfunzionale protagonista emerge nei suoi difetti più macroscopici: un padre incapace di comunicare affetto ai suoi cari, che ha rinunciato ad affrontare la malattia; una madre ansiogena, workaholic e intollerante; una zia ossessionata dal feng shui; una figlia che abbandona gli studi e porta avanti inconcludenti relazioni via chat.
L'unico elemento di novità che smuove un pattern consolidato e molto sfruttato è rappresentato dalla figura paterna, di cui si scopre man mano un passato come regista di film western ambientati nelle steppe della Mongolia (il climax coincide con il padre che rivede il suo film un'ultima volta, The Sorrows of Broke). La Yun mescola le carte dell'intreccio per rendere unico quel che altrimenti sarebbe convenzionale: lo stato d'animo del padre, che si credeva abulia, risulta invece nostalgia di un passato a suo modo glorioso. E la riflessione sul cinema acquisisce un nuovo senso. Insieme al padre va a morire anche un cinema in pellicola di stuntmen e cavalli veri, che sfrutta ciò che la natura è in grado di offrire, anacronistico in un mondo di alienazione da abuso di dispositivi digitali.
A Simple Goodbye paga il prezzo dell'immaturità della sua regista, capace di ricostruire con buona fattura tecnica una vicenda molto personale, ma non di tradurla in immagini memorabili e lontane dalla convenzionalità (il personaggio della figlia in particolare procede per cliché). Uno schema cinematograficamente consunto che culmina nel più prevedibile degli epiloghi, ma che lascia intravedere delle potenzialità autoriali, seppur ancora acerbe.