Anno | 2020 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 83 minuti |
Regia di | Giuseppe Pedersoli |
Attori | Giuseppe Amato, Valeria Ciangottini, Sandra Milo, Giovanna Ralli, Luigi Petrucci, Mario Sesti . |
Uscita | martedì 15 settembre 2020 |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 11 settembre 2020
La genesi di uno dei capolavori della storia del cinema. Ha vinto un premio ai Nastri d'Argento, In Italia al Box Office La verità su La dolce vita ha incassato 4,6 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
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Ottobre 1959: il film su Via Veneto che Federico Fellini ha ricostruito (in piano) a Cinecittà ha raggiunto le quattro ore di lunghezza e ha largamente sforato il budget, al punto che la sua uscita nelle sale è a rischio. Peppino Amato, che produce il film insieme ad Angelo Rizzoli, crede fortemente che il film avrà successo e ne difende il caotico set contro ogni evidenza, ogni tradimento e le svariate bizze del regista riminese, finendo per compromettere l'amicizia con il socio. Per rivendicare il ruolo determinante di Amato nella realizzazione di questo titolo iconico, Giuseppe Pedersoli (figlio dell'attore Carlo Pedersoli, più noto come Bud Spencer, e di Maria Amato, figlia di Peppino) sceglie una formula ibrida tra fiction e documentario, facendo leva sui carteggi privati tra il nonno, Rizzoli e Fellini e i ricordi di famiglia.
Produttore tra gli altri di La cena delle beffe, Umberto D, la serie di Don Camillo, Francesco, giullare di Dio, Un maledetto imbroglio, il napoletano Giuseppe Vasaturo più noto come Peppino Amato (1899-1964), attore del muto prima di essere produttore e regista, viene ricordato per la sua esperienza americana negli anni Venti, per aver fatto esordire Vittorio De Sica, sostenuto il teatro di Eduardo e Peppino De Filippo, aver diretto Totò, ma anche per le madornali storpiature della lingua italiana (come riportò puntualmente Ennio Flaiano), sceneggiatore di La dolce vita insieme a Fellini, Tullio Pinelli e Brunello Rondi.
In una stridente alternanza di ricostruzione finzionale dalla messa in scena approssimativa (in cui Amato è interpretato da Luigi Petrucci) e di interviste molto differenti per provenienza e qualità, Pedersoli ripercorre i mesi della complicatissima lavorazione del film utilizzando ogni parola, aneddoto, dialogo raccolti in famiglia, esaltando enfaticamente (anche con la lettura dell'epistolario ad opera di attori in studio) il carattere inedito delle fonti in suo possesso.
Il "colore" giornalistico non manca: al di là del corposo archivio fotografico con star dell'epoca, da Orson Welles a Walt Disney, e del racconto di Mastroianni dello schizzo di Fellini per il personaggio di Marcello, si ricorda che dopo aver strappato il progetto a Dino De Laurentiis, il religiosissimo Amato, innamorato del copione e devoto alla Madonna di Pompei, ma con ufficio a via Veneto, come ricorda la figlia Maria (in casa campeggia il ritratto della moglie e delle figlie, inquadrato a più riprese come una reliquia) andò con l'amico Alvaro Mancori a chiedere a Padre Pio la benedizione per uno dei titoli più scandalosi della storia del nostro cinema.
Per il resto, sfila una teoria di contributi molto eterogenei, inframmezzati dai rilievi storico-critici a cura di Mario Sesti (il compianto Tullio Kezich si limita a dire che il Centro Safa Palatino fu "il covo" da cui partì La dolce vita). Omaggio kitsch, anedottico, partenopeo e di parte alla tenacia di un produttore picaresco e uomo d'azzardo ("Angelo, per fare un grande film ci vuole un grande cuore", dice Amato al telefono per esortare Rizzoli a restare in gioco), tributo a un cinema dal rischio letteralmente letale e non più praticabile.
Peppino Amato era devoto al Santo di Pietralcina e quel film stava diventando un’ossessione. Fellini non mollava, “devo lavorare in pace” e “non voglio essere disturbato”, Angelo Rizzoli sbraitava sui costi di quello che per lui sarebbe stato un disastro, un’ecatombe, la notte Peppino, il produttore, aveva gli incubi, sognava i film fatti, si svegliava [...] Vai alla recensione »
Raccontare la genesi di un capolavoro dal punto di vista non degli artisti, ma dei produttori. È un partito preso, che innesca una retorica inevitabile (le virtù del produttore: lungimiranza, pazienza, concretezza); ma nel caso di La dolce vita ha risvolti interessanti e spesso impensati, che Giuseppe Pedersoli ricostruisce attraverso documenti in gran parte inediti.
L'avventurosa storia del cinema italiano è anche - o soprattutto - una storia di produttori e non solo di autori o attori come a molti piace pensare per comodità. I produttori, d'altronde, non sono solo figure fondamentali da un punto di vista economico e finanziario, ma - in particolare nella nostra storia - dei personaggi larger than life. Il merito principale di La verità su La dolce vita è di [...] Vai alla recensione »