Boy Meets Girl è la formula usata a Hollywood per descrivere la più elementare delle storie possibili. Un ragazzo incontra una ragazza. Qualche difetto dell'uno, un pregio dell'altro e poi l'amore. Ma cosa accade se il più immediato e per certi versi redditizio spunto narrativo di sempre ha modo di espandersi in un'intera serie, firmata per giunta da Judd Apatow?

Creata da Judd Apatow, Lesley Arfin e Paul Rust, anche protagonista, Love si snoda in 10 episodi, esplora il punto di vista maschile e quello femminile, la loro inconciliabilità in un universo strampalato al quale fa da teatro Los Angeles; quella delle luci e dei bar, ma anche quella delle periferie e dei luoghi più improbabili, messa in scena con la stessa attenzione con cui si guarda al percorso di avvicinamento dei due protagonisti.

Love, nuovo show targato Netflix, risponde ampiamente alla domanda. Del resto, proprio dalla voglia di capire com'è che le due metà del cielo si avvicinano, respingendosi non poco fino a conoscersi veramente, è partito l'autore di 40 anni vergine e Questi sono i 40. "Quando giri un film di solito devi metterci attorno un bel nastro dopo solo un'ora e mezza, ma cosa accade a questi personaggi quando una pellicola termina?".

Per raccontare la storia di Gus e Mickey, due trentenni così male assortiti da essere perfetti insieme, l'ultimo guru della commedia americana si prende tutto il tempo necessario, cominciando a raccontare dal fallimento delle due vite "sentimentali" dei protagonisti.

Più una strana coppia che l'insieme di due unità complementari, Gus e Mickey sono oltremodo veri, attendibili perché diversi, nuovi campioni di una rom-com in presa diretta sull'irriverenza e sulla voglia di spaginare le attese dello spettatore.

Incontrarsi in un drugstore di Los Angeles dopo una nottataccia e riconoscere il proprio vuoto nell'altro può non essere facile, ma alcune situazioni non si sa bene come pigliarle, quindi non resta che viverle così come viene. Allo stato dei fatti, Gus è un geek che si è appena scoperto preso in giro dalla fidanzata, mentre Mickey sta insieme ad un bambino di trent'anni, con seri problemi di dipendenza, che fa avanti e indietro tra la casa di lei e quella di origine. Solo poche ore prima del loro incontro, Gus cercava di venire fuori da un ménage à trois con due ragazze che ignorava essere sorelle, mentre Mickey, imbottita di psicofarmaci, finiva in una specie di chiesa-tempio insieme all'ormai ex fidanzato.

Gus è goffo, insicuro e per vivere fa da assistente ad una piccola star sul set di una serie televisiva young adult, mentre Mickey, fortemente impertinente e mediamente disillusa, è impiegata in una radio, alle direttive di un capo che nessuno vorrebbe avere. Quando si incrociano alla cassa del drugstore, lei non ha soldi per caffè e sigarette, lui paga. Si stuzzicano Mickey e Gus, scorgono le proprie differenze, si frequentano senza pensare a niente: non è certo un colpo di fulmine il loro. Tra appuntamenti improbabili e timide vicinanze, il cruccio dell'anima gemella, da (non) cercare (più) in una città assolata e difficile da vivere, rimane sospeso nell'aria, specchiato in quello di una nuova e stramba amicizia dai contorni sfumati.

Accanto all'occhialuto e nasone Paul Rust, misto tra un Woody Allen 2.0 e un introverso genialoide alla Wes Anderson, svolge alla grande il suo ruolo di ribelle Gillian Jacobs, psicofarmaco a portata di mano e faccia da schiaffi. A voler essere molto generici, Love racconta la storia di un ragazzo sfigato che incontra una ragazza alla sbando, ma quel giocare con gli schemi e gli stereotipi tipico delle produzioni Apatow, adesso, è ancora di più un modo per parlare d'altro: del tema prediletto dell'apprendistato alla vita vera, soprattutto, delle paure connesse con le responsabilità, di un sentirsi sempre e comunque diversi rispetto agli altri.

Un ragazzo incontra una ragazza. A volte funziona, a volte no. Nessuna ricetta da studiare né tanto meno la banalità degli opposti che si attraggono, Love mette in scena una storia più vera del vero, imprevedibile nonostante il lieto fine incluso già nel titolo.