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Talk show: la grande angoscia (II parte)

ONDA&FUORIONDA di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

In foto Bruno Vespa, giornalista e conduttore della trasmissione "Porta a Porta".

domenica 5 ottobre 2014 - Focus

Dunque i membri del partito "Talk l'angoscia" sono una ventina. Non posso trattare la fenomenologia di tutti, sarebbe lungo e noioso. Mi limiterò ai leader, agli (ex)campioni di audience. Ponendo due assunti: la conferma della competenza degli "attori", e il dato irreversibile della crisi del genere.

Santoro è in grave difficoltà. Non ha più terreno su cui muoversi. Prima aveva due punti fermi, l'ex presidente del consiglio e il nuovo presidente del consiglio. Il primo è stato reso (quasi) inoffensivo, il secondo, ammainando la coccarda con falce e martello, ha tutto sparigliato. Così Michele si è visto crollare il suo personale muro di Berlino. Dalle due parti. Non aveva più materia di guastatore, ed è caduto. La mancanza del grande bersaglio non ha ammutolito solo Santoro, ha messo tutti in una palude. Sappiamo. Non ci sono temi che possano sostituire la "grande guerra" destra/sinistra. Tutto diventa debole e astratto. Mancano protagonisti e antagonisti veri. Manca la potenza. Ma voglio tornare all'angoscia. Ciascun conduttore si è ritagliato la sua personale categoria di angoscia da trasmettere. Formigli con la sua "Piazza pulita" ha mostrato le scene di violenza delle piazze, appunto, con quelle masse minacciose e pericolose. Non ha lesinato nel mandare e rimandare le decapitazioni. E la sua è una comunicazione che non ha neppure il deterrente dell'ironia. E non so quanto valga la deontologia giornalistica del mostrare. Dico che se mostri un'istantanea dell'uomo che sta per essere decapitato, una sola è più che sufficiente. Certo, serve per l'audience, ma l'audience, quasi sempre, è un disastro. Bruno Vespa è "fuori concorso", è stato troppo presente, nei secoli. È come il nostro edicolante, il bar sotto casa, il ritornello del TG1, la visita di un cugino. Ce lo teniamo, e poi non porta grandi angosce. Giovanni Floris dopo il passaggio alla "Sette" ha tutto occupato: il programma del martedì e poi "DiciannoveEquaranta", che veniva distribuito durante la giornata, in ogni fascia, e finita la giornata veniva ancora replicato. Inoltre ha sostituito la Gruber in "Otto e mezzo". Forse è lui l'angoscia maggiore. Ma lo aiuta l'aspetto, il look e il sorriso perenne, rassicuranti, in superficie. Ha adottato la comunicazione dei venditori di classe, quelli di Fininvest per esempio, che piazzano la banca, le assicurazioni, le case e tutto il resto. La "Gabbia" di Gianluigi Paragone è perfetta per il suo conduttore, soffocante e urlante, e tutti in postura aggressiva, è il teatro di un cantante rock, e Gianluigi ogni tanto ci prova: è ansimante e sudaticcio, proprio come un rocker a fine concerto. Paolo Del Debbio gestisce le sue piazze, ma è più bonario di Formigli, si mostra comprensivo, amico del popolo. Enrico Mentana è un Vespa più dinamico e progressista, ma si identifica più come giornalista che come conduttore, il suo tg ha avuto grandi momenti. Adesso è in calo verticale. Alessandra Sardoni mostra competenza travolgente, da anni vive fra i politici. È temuta. Pone domande dolorose, a volte si dà anche le risposte. Fosse anche bella sarebbe troppo, le tornerebbe come un boomerang. Un altro aspetto che va rilevato è il confronto, il duello. I competitor si sfidano nella fascia, si preparano studiando l'avversario e apprestano le contromisure. Attivano i redattori per chiamare questo o quell'ospite, lo lusingano "starò dalla tua parte, vai tranquillo".

Lo spettacolo, chiamiamolo così, è sempre stato pieno di antagonismi. Hollywood ne era la regina. De Mille si informava su Ford, programmava il suo film secondo genere e stagione. Ma quelli erano giganti portatori di incanto, questi di angoscia, noiosa per di più. Qualcosa di personale: nei primi anni del duemila lavoravo a quella che adesso è La7. Si chiamava Telemontecarlo, non era di Cairo, ma di Cecchi Gori. Lavoravo ai programmi, soprattutto alla collocazione dei film che prevalevano nel palinsesto. Credo che tutti ricordino la fascia pomeridiana della grande Hollywood, e i grandi titoli storici della serata. La share oscillava fra il 3 e mezzo e il 4 per cento. Come adesso. E senza portare tante angosce. E con investimenti ...diversi. In Ginger e Fred Fellini fa dire a Mastroianni che quelli della televisione sono gente poco seria. Suggerisco un'evoluzione del mitologico girotondo finale di "Otto e mezzo". A correre sulla giostra, per mano, sono "quelli del talk". Poi la giostra si ferma. E non occorre neppure organizzare un movimento No Talk, è nato spontaneamente.

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