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ONDA&FUORIONDA

E tutti salirono sul carro di Sorrentino.
di Pino Farinotti

In foto Sabrina Ferilli in una scena del film La grande bellezza di Paolo Sorrentino.
Sabrina Ferilli (60 anni) 28 giugno 1964, Fiano Romano (Italia) - Cancro. Interpreta Ramona nel film di Paolo Sorrentino La grande bellezza.

domenica 9 marzo 2014 - Focus

L'Oscar a La grande bellezza, com'era previsto, ha portato lo stile italiano sulle prime pagine di tutto il mondo. Da noi naturalmente c'è stata grande esposizione ed enfasi, com'era legittimo. Sul grande, colorato, sfarzoso carro del cinema tutto è salito, a cominciare dalla politica. Per alcuni giorni il primo servizio, di molti minuti, dei telegiornali è stato dedicato a quello che certamente è un evento. Il governo, le spaccature interne, le doppia legge elettorale, la casa, tutto il grottesco del nostro momento politico...momento lungo, si sono valsi del momento buono, del sortilegio buono del film di Sorrentino, come promemoria di ciò che noi sappiamo fare. Quando siamo nelle condizioni di farlo.
Sorrentino è un superdotato, perfetto per la disciplina del cinema che è, per genetica, imperfetta. Il regista napoletano trasmette iperbole, carnevale, eccesso, magniloquenza, sfarzo, frenesia, ipertrofia: roba da cinema. Poi c'è qualcosa che si chiama grande sostanza. Che va ancora scovata.
Rossella Farinotti, nel suo libro "Il quadro che visse due volte" racconta il film secondo pittura: "... Dietro a ogni singolo spunto (e sono tanti) cosa rimane? Rimane il volto (o non volto, come un'opera della body artista Orlan, che da cinquant'anni lavora sulla chirurgia plastica) di una Sabrina Ferilli intensa, diversa e umana. Rimangono scene romane glitterate, come una fotografia di La Chapelle, scintillante ma dalla poca sostanza, rimane l'enorme, felliniana Serena Grandi, caricatura di se stessa, sfatta, che balla, si fa fare il botulino e non si stacca dalla cocaina, quella "buona" servita ai ricchi romani che popolano strade, uffici e party...". È il focus più appropriato, e una chiave che apre una porta. Tutto ciò non è riduttivo, perché La grande bellezza ha meritato l'Oscar, trattasi di grande "polittico" dalle larghe ispirazioni anche se a emergere, è notorio, è quella romana, romano-felliniana, che niente ha a che fare col correntone prevalente del cinema italiano contemporaneo, coi suoi contenuti domestico-ideologici, che lo hanno penalizzato per anni nelle massime competizioni. Infatti nell'era recente una sola volta, nel 2006 con La bestia nel cuore eravamo riusciti a entrare nella selezione finale. Ma il film di Cristina Comencini era palesemente inadeguato a fronteggiare i titoli in gioco.
Negli anni successivi ricordo: La sconosciuta, di Tornatore; Gomorra di Garrone; Baarìa, ancora di Tornatore; La prima cosa bella di Virzì; Terraferma di Crialese; Cesare deve morire di Taviani. A parer mio solo quest'ultimo -Shakespeare girato in napoletano in un carcere- possedeva una sorta di qualità universale per farsi considerare. Ma non sufficiente per la statuetta. L'opera di Sorrentino, ribadisco, all'Oscar ci sta, anche se non è un film perfetto, ma quasi nessuno lo è. Certo, il "quasi", rimanendo agli Oscar italiani, può anche essere sorpassato. Un paio di esempi: Ladri di biciclette e Otto e mezzo erano film perfetti. Ma questo non è quel tempo. La ... superdotazione del regista lo ha portato a oltrepassare qualche misura, come nell'episodio in cui dissacra, magari deride "madre Teresa", facendone una mistica che dice banalità e parla coi fenicotteri.

Iperbole
L'iperbole scatenata dalla vittoria de La grande bellezza sta portando riscontri che non si erano mai visti. Il piccolo schermo per cominciare. La grande audience era ampiamente prevedibile. Focalizzerei alcuni punti. Per cominciare l'eccezionalità anzi, direi l'unicità del programma. Mediaset ha.. prodotto il prodotto, eccolo l'unicum. E poi ha gestito il tutto secondo le sue possibilità infinite di comunicazione. Servizi continui e capillari nelle fasce di maggiore ascolto. A cominciare da una rincorsa preventiva, quando già si sapeva che il film avrebbe vinto l'Oscar. Gli speaker informavano, insistevano sul magnifico regalo di Mediaset ai suoi utenti. Naturalmente il network il regalo lo ha fatto soprattutto a se stesso. La lettura dei dati di ascolto è significativa, un gradimento, per un film, che non si registrava da dieci anni. Un numero di quasi 9 milioni di telespettatori con una punta di oltre 10 milioni nella prima parte. Anche qui è interessante la lettura. Il pubblico era predisposto dalla grancassa messa in campo, aspettava quasi con passione l'evento. L'effetto, il "sentimento promozione" può valere come forte abbrivio, ma poi è il film che deve resistere con le proprie forze. E La grande bellezza ha "resistito" al livello più alto nella prima parte, che è quella rutilante delle feste e dei balli e della Roma di notte. Quando la storia si fa "di parole", seppure in una cornice ricca e colorata, comincia, per dirlo coi latini a "faticare della propria mole", ecco che l'attenzione comincia a cadere. È uno dei limiti del film. Un... Amarcord avrebbe tenuto i numeri fino alla fine.

Marketing
E poi il marketing, un esempio: le agenzie hanno organizzato il percorso "Grande bellezza" attraverso le vie del film, con un istantaneo incremento dei valori, un metro quadrato di un appartamento in Piazza di Spagna tocca i 25mila euro. E ancora, è partita una campagna, a tambur battente, dove Sorrentino, al volante della macchina, pronuncia parole importanti per concludere: "Fiat 500, la piccola grande bellezza". Torno alla politica che, come un falco, ha avvinghiato e si è appesa all'evento. Tutti i presidenti, di repubbliche, consigli, regioni, camere e senati, e poi capi di partiti e di movimenti dimenticati si sono allineati all'epopea della rinascita artistica del paese. Ma le facce di Sorrentino e Servillo, sorridenti e magnificamente "talentuose" ... quelle facce non sono proprio quelle della politica. La "faccia" è un'altra, quella dell'Italia della fantasia e delle aziende che la tengono in piedi, come una Mediaset, che ha prodotto La grande bellezza. Di This Must Be the Place, precedente film di Sorrentino, avevo scritto che si tratta di una magnifica, colorata confezione legata da nastri preziosi, ma scuotendola, "dentro" si sentiva poco. Il film era un rutilante esercizio alla Coen ma senza la sostanza, appunto, dei fratelli. Con La grande bellezza una visibile evoluzione c'è stata, dopo decenni di (quasi) oscurantismo italiano, ecco finalmente un film da oltreconfine, che resterà. Certo, se lo devi giudicare dal nuovo status acquisito, cioè il massimo riconoscimento del cinema, allora i parametri devono cambiare, si deve partire dalla più alta categoria ed essere rigorosi, magari severi.
E allora, in sintesi fulminante, dico che La grande bellezza è una collana di pietre pregiate fluorescenti, senza il filo che le tenga insieme. Per le singole pietre Sorrentino è, appunto, un fuoriclasse, e se riuscirà ad accordare grande estetica e grande bellezza con sostanza vera, insomma quando riuscirà a trovare il "filo", - magari giovandosi di qualche "penna" sicura-, allora sì, forse, avremo un altro Fellini.

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