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Muscoli e vintage

Nostalgia e riscatto in Escape Plan.
di Roy Menarini

In foto Sylvester Stallone in una scena del film Escape Plan di Mikael Hafström.
Sylvester Stallone (Michael Sylvester Enzio Stallone) (78 anni) 6 luglio 1946, New York City (New York - USA) - Cancro. Interpreta Ray Breslin nel film di Mikael Hafström Escape Plan - Fuga dall'inferno.

domenica 20 ottobre 2013 - Approfondimenti

Perché occuparsi di un film che nella migliore delle ipotesi verrà guardato con accondiscendenza dalla maggior parte dei critici e ben poco premiato dal pubblico? L'ipotesi è che Escape Plan rappresenti oggi il cinema d'essai nel contesto della produzione commerciale. È da anni che il cinema d'azione, quello classico e analogico, sortisce risultati mediocri al botteghino, anche se l'operazione di "reinserimento reduci" dei forzuti hollywoodiani ideato con formidabile competenza da Stallone in I mercenari e I mercenari 2 ha almeno ottenuto di occupare una fetta del mercato. Non è bastato: i come-back di Schwarzenegger e Willis hanno raggiunto più flop che successi. Vedere Escape Plan in una sala semivuota di un multiplex del nord, a fianco di altri spettatori soli, appassionati di eroi duri a morire, offre la sensazione di toccare con mano un pubblico perduto, ingoiato dall'home video negli anni Novanta e ora marginalizzato e ridotto al lumicino nell'epoca della Hollywood globalizzata.
I volti segnati (e quasi imbarazzanti, nel caso di Stallone), i corpi gonfiati a forza di vitamine e allenamento pur in terza età, le scazzottate con nemici più giovani, tutto potrebbe condurre alle soglie del ridicolo. E invece, il ridicolo paradossalmente ci sembra oggi appartenere a quei corpi enfatici degli anni Ottanta, appena attraversati da lampi di ironia, ma probabilmente significativi solamente per chi è cresciuto con quelle produzioni - perché a ben vedere furono i Rambo e i Commando a operare in maniera discutibile per il trionfo di una Hollywood che stava espellendo qualsiasi voce di dissenso, e riducendo al silenzio gli autori degli anni Settanta. Come a dire: ricordiamoci di che cosa è successo quando indirizziamo la nostra nostalgia verso oggetti destoricizzati.
Oggi, invece, per la legge del contrappasso, tocca ai forzuti d'antan essere visti come il fumo negli occhi all'epoca del trionfo del fantasy digitale, e a rappresentare - estrema contraddizione - la quintessenza di una filosofia positiva del cinema americano. In questo senso, Escape Plan costruisce una metaforica prigione, nella quale gli eroi dell'epoca e i corpi stanchi che tuttora resistono, vengono rinchiusi dalle corporation. Senza successo, perché Stallone e Schwarzenegger, e con loro il cinema d'azione, non possono essere allevati in cattività o, peggio, ammutoliti dall'oblio audiovisivo. L'evasione è sempre una rinascita (del cinema americano d'azione), e chi se ne importa dei mercati emergenti, vera ossessione della Hollywood contemporanea. Il film di Hafstrom ha sicuramente molti difetti, ed enumera una serie di ingenuità sesquipedali, eppure convince e talvolta commuove, pur senza avere la lucidità stilistica e la precisione ideologica della serie Mercenari voluta da Stallone.
Questo cinema, in ogni caso, è inconciliabile con il "multiplex movie" di questi anni, e perimetra un pubblico diverso, particolare, alternativo, il vero cinema d'essai interno al sistema dei generi di oggi. Film come il dignitosissimo The Last Stand - L'ultima sfida, Jimmy Bobo - Bullet to the Head di Hill, Fire with Fire, Die Hard - Un buon giorno per morire e altri titoli simili stanno costruendo un immaginario postumo - ma al contempo vivissimo - che finisce col superare di slancio il conservatorismo verso gli anni Ottanta di provenienza per giungere infine al tardo classicismo, al b movie, all'action come riappropriazione del proprio onore cinematografico.

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