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Avatar è molto lungo, eppure si regge fino in fondo senza noia. E' tutto uno stereotipo, fatto di topos visti e rivisti, eppure emoziona. E' recitato da pupazzoni animati immersi in uno scenario tutto finto, eppure risulta credibile. Potrebbe essere freddo, ipertecnologico com'è, come un videogioco; potrebbe, soprattutto in alcune sequenze, sfiorare il ridicolo, come una favoletta per bambini scemi; e invece - horribile dictu, ma bisogna ammetterlo -, anche e soprattutto in quelle sequenze, esalta e commuove.
La sua forza sta, credo, nell'ostinata determinazione del suo regista di mettere in scena un complesso, sublime e minuzioso immaginario autenticamente prodotto dalla sua mente e nutrito da sue profonde convinzioni. Si sente, nel film, che la potenza visionaria e la potenza del messaggio vanno di pari passo, e l'una alimenta costantemente l'altra, come se le tesi che il film vuol sostenere - forti e quasi brutali nella loro semplicità - traessero forza dalla favolosa ricchezza visiva delle immagini. All'esagerazione dell'assunto, insomma, corrisponde la meravigliosa esagerazione delle scene. E' così che un kolossal-macchina per far soldi diventa un'opera d'arte popolare, capace di parlare ad ogni tipo di pubblico e di veicolare, attraverso il mezzo cinematografico, sogno, divertimento, riflessione, incanto. Cinema, insomma: niente più che puro, semplice, autentico cinema.
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recensioni di critica, pubblico e dizionari.
