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Soava Gallone

Soava Gallone (Stanislawa Winaver). Nasce nel 1880 ed è morto il 30 maggio 1957 a Roma (Italia).

Questa trentenne polacca se ne era venuta con la madre ed il fratello in Italia per dimenticare le amarezze di un matrimonio risoltosi poco tempo prima. A Sorrento, dove i Winaver si sono stabiliti, Stanislawa - ma per tutti è Soava - conosce un giovane di belle speranze che si chiama Carmine Gallone. È un po' più giovane di lei, ha scritto un poema in versi che vorrebbe rappresentare in teatro; Soava invece vorrebbe recitare nella commedia di Carmine, di cui si è innamorata. Pochi mesi dopo - siamo nel 1911 - i due diventano marito e moglie e, animati da grandi sogni, si trasferiscono a Roma, anche se a Sorrento lasciano il cuore e tanti bei ricordi.
L'esperienza capitolina si presenta negativa. Il Coriolano di Gallone viene rappresentato in un piccolo teatro, ma ha poco esito. Soava è bella e anche brava, ma parla l'italiano con molta difficoltà e con un forte accento straniero, quindi non va bene per le scene. Meglio tentare con il cinema che, essendo muto, non pone il problema della lingua. Scritturati entrambi dalla Cines, nei primi due film girati per la Casa romana, Carmine recita al fianco della moglie, poi preferisce passare dall'altra parte della macchina da presa, un posto che non abbandonerà più per tutta la vita. La coppia Gallone chiede e ottiene di girare una serie di film, il cui soggetto è opera di Carmine, ambientati tra la costiera amalfitana, Sorrento e Capri; Soava vi figura in genere come la fidanzata di un marinaio, di un pescatore, di un guardiamarina, di un pirata, tutti personaggi legati alle splendide acque che fanno da sfondo a queste vicende. La Cines esporta questi prodotti in tutta Europa e anche in America, dove i recensori non si stancano di lodare l'eccezionale qualità della fotografia ed i meravigliosi landscapes su cui si svolgono queste suggestive avventure marinare. In Italia, invece, questi film passano sotto silenzio. Sarà solo nel 1916, prima con Avatar e poi con La chiamavano Cosetta, il cui soggetto è stato scritto espressamente per lei, che Soava, impersonando il tipo bizzarro della protagonista con incantevole grazia, coglie un caldo successo di pubblico e di critica.
Bisogna dire che Gallone ebbe l'intelligenza di scegliere accuratamente i film che più si confacevano all'immagine esile, quasi evanescente, alla sensibilità artistica di spirituale raffinatezza della moglie, limitando peraltro le sue apparizioni sullo schermo a non più di due all'anno.
Tra i migliori film di Soava vanno ricordati La storia di un peccato (1918), Il bacio di Cirano (1919) e in particolar modo Maman Poupée (1919), un soggetto originale di Washington Borg, dove Soava ricopre il ruolo di una madre gioiosa che verrà distrutta dalla malvagità di una rivale: un'interpretazione finissima. Ancora da ricordare, il singolare Amleto e il suo clown (1920) ed un bel film garibaldino, La cavalcata ardente (1925).
Nei suoi ricordi cinematografici, Lucio D'Ambra ci fornisce un ritratto dell'attrice:« Una donna leggiadrissima con un volto che ha un non so quale carattere mongolo sotto una rosea patina di porcellana di Sèvres, con due meravigliosi occhi - occhi slavi, non te la cavi - pieni d'azzurro verdastro e adorni di lunghissime ciglia, splendenti d'un fascino irresistibile».
A parte la ricercatezza di questo giudizio, basta rivederla nei due o tre film che le sono sopravvissuti per rendersi conto di quanto Soava Gallone sia stata delicata interprete, misurata nei gesti e nelle espressioni, una delle poche a opporsi agli stravaganti atteggiamenti coi quali molte dive mascheravano le loro modeste qualità.

Da Le dive del silenzio, Le Mani, Genova, 2001.

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