FERNALDO DI GIAMMATTEO
Non è stato un grande regista, nonostante che almeno due dei suoi film (Le straordinarie avventure di Mister West nel paese dei bolscevichi, 1924; Dura Lex, 1926) posseggano qualità egregie. Non è stato un teorico sistematico (non può essere accostato ad Ejzenštejn) e non ha potuto realmente innovare in una struttura culturale così «paralizzata» com'era quella dello stalinismo e dello zdanovismo succeduta ai fermenti rivoluzionari del futurismo, della LEF, del costruttivismo. Eppure la sua importanza nella storia del cinema è indiscutibile.
Intanto, per i suoi film migliori: il primo, una satira contro la goffaggine dell'americano piombato in un mondo che non capisce; il secondo, una meditazione sulla necessità (e sulla inevitabile ingiustizia) della legge, inserita in una vicenda - ricavata da un racconto di Jack London - di cercatori d'oro lungo lo Yukon. Contengono entrambi il rifiuto assoluto di accettare le categorie astratte del realismo così come lo intende (specchio della lotta di classe) il marxismo ortodosso e pietrificato. E anticipano un concetto che nel 1933, con il sonoro, Kulesov svilupperà in un altro film - confuso ma stimolante - derivato anch'esso da uno scrittore americano (O. Henry, ossia William Sidney Porter): Il grande consolatore. Vivendo nel carcere e fuori del carcere, nella realtà e nella immaginazione, e intrecciando i due piani, perché entrambi posseggono effettiva realtà, lo scrittore - portavoce del regista - rivela quale sia il potere (e il dovere) dello spettacolo,(del cinema): mostrare (insegnare, come il marxismo unicamente esige) e consolare, ossia divertire (aprire per l'uomo spazi di libertà). Per questo, Kulesov ha fatto in URSS pochi film (lui che per cinque anni, durante la grande penuria, aveva realizzato, con il suo Laboratorio, i «film senza pellicola», esperimento geniale da tutti i punti di vista).
I suoi scritti teorici - saggi sparsi, raccolti più volte in volume - non hanno la profondità di Ejzenštejn, ma anticiparono di parecchio Ejzenštejn e tutti gli altri. Sulla regia e, soprattutto, sulla recitazione (dove si giovò del contributo della sua attrice e compagna Aleksandra Chochlova), ha lasciato un segno forte. E sul montaggio ha dato credibilità pratica a quel paradosso che la storia del cinema registra come «effetto Kulesov»: montato accanto a oggetti e situazioni differenti, lo stesso primo piano di un attore (era Ivan Mozzuchin) cambia «realmente» espressione.
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995