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Gianfranco Mingozzi

Gianfranco Mingozzi è un attore italiano, regista, scrittore, sceneggiatore, co-sceneggiatore, assistente alla regia, è nato il 5 aprile 1932 a Molinella (Italia) ed è morto il 7 ottobre 2009 all'età di 77 anni a Roma (Italia).

Documentari

A cura di Fabio Secchi Frau

L'inquietante erotismo passionale italiano rappresentato da quella ragazzaccia giunonica di Serena Grandi. Chissà perché, di Gianfranco Mingozzi, il pubblico ricorda solo quello. Mentre le maestranze, i distributori e gli storici del cinema preferiscono al ritratto di un regista di film erotici, quello di un grande maestro del documentario italiano che ha fatto scuola anche all'estero. Erano gli inizi degli Anni Sessanta e Mingozzi, dopo essere stato assistente regista di Federico Fellini, aveva voglia di dirigere anche lui qualcosa. Dopo alcuni anni di silenzio, ecco i suoi documentari etnografici. Opere che lo imposero, assieme a un altro regista (Luigi Di Gianni), come un esperto nella difficile arte visiva del documentarismo italiano. Alla base di tutto, la grande passione per la cultura del Mediterraneo come crocevia di culture e luogo di contaminazione, che poi lo portò a puntare le luci sulla settima arte, sui suoi protagonisti e sulle loro storie, aggiungendovi solo allora gli insoliti, lambiccati e pienamente riusciti film intriganti e sessuali. Ispirato da grandi penne come quelle di Tonino Guerra, Roberto Roversi e Apollinaire, diventa un alacre autore coraggioso e molto realistico, che predilige i racconti provinciali a quelli delle grandi città, racconti che vengono portati sul grande schermo con "modi finissimi di rappresentazione, tempi abilmente trattenuti, risvolti narrativi seguiti con garbo, caratteri disegnati con accenti sottili", un cinema di metafora e di poesia, ripieno di coerenza stilistica. Purtroppo fu questo suo perdere la testa per la straordinarietà della vita, questo suo abbandonare la rigidità cinematografica di allora nella rappresentazione di mondi lontani e unviersi personali - che in altre condizioni e in altre nazioni, avrebbero potuto farlo diventare un Maestro del cinema - a non farlo amare dalla critica e dal pubblico del nostro paese. Non andrebbe mai dimenticato Gianfranco Mingozzi che, è giusto che si scriva a chiare lettere, è l'occhio che ha diretto alcuni capolavori del genere documentaristico italiano e ha anticipato la tendenza minimalista già dagli Anni Settanta, lavorando con la drammaturgia del quotidiano e sulla sua immagine. Sulla sua filmografia, spiccano titoli e film che sembrano lontani dalle corde di Mingozzi, ma il risultato complesso, pieno di sfumature e anche commovente del suo lavoro, da vedere e rivedere, ha reso ricco il cinema italiano e lo ha reso esistente.

Aiuto regista di Fellini
Cresciuto a San Pietro Capofiume, una frazione di Molinella, nella provincia bolognese, passa lì tutta la sua infanzia e la sua adolescenza. L'amore per il cinema fiorisce grazie ai suoi genitori, proprietari dell'unico cinema dei dintorni. Cagionevole di salute, è spesso a casa e, per passare il tempo, occupa le ore leggendo una quantità enorme di libri, così tanti da spingerà anche i suoi amichetti del paese a leggerne alcuni. Si trattava soprattutto di romanzi d'avventura inglesi o americani e di fumetti italiani. Poco incline all'ideologia fascista, riesce a sopravvivere alla Seconda Guerra Mondiale, e negli Anni Cinquanta decide di iscriversi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dove si diploma. Scelto da Federico Fellini come suo assistente per il capolavoro La dolce vita (1960), all'interno del quale compare nel ruolo di un pretino, e 8 ½ (1963). Ma non è il solo regista che affianca. Sarà accanto a: Gianni Franciolini nel film Ferdinando I - Re di Napoli (195) con Peppino, Eduardo e Titina De Filippo, Vittorio De Sica, Aldo Fabrizi, Marcello Mastroianni, Renato Rascel, Nino Taranto, Rosanna Schiaffino, Memmo Carotenuto, Pietro De Vico e Giacomo Furia; a René Clément in Che gioia vivere (1961) con Alain Delon, Gino Cervi, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Ugo Tognazzi, Aroldo Tieri, Didi Perego, Annibale Ninchi, Carlo Pisacane, Gastone Moschin e Leopoldo Trieste; e a Philippe de Broca per L'amante di cinque giorni (1961) con Jean Seberg, Jean-Pierre Cassel e Carlo Croccolo.

I documentari
Nel 1959 comincia a pensare di poter firmare anche qualcosa di suo. Ma invece di porre la sua attenzione per il lungometraggio e per i film a soggetto, sceglie il documentario. Arrivano così i suoi primi lavori Festa a Pamplona (1959) e Gli uomini e i tori (1959), seguiti da Le finestre (1962), Tarantula (1962), Via dei Piopponi (1962), Il putto (1963), I mali mestieri (1963) e altri documentari dai titoli poetici che lo imporranno come uno dei migliori documentaristi italiani: Al nostro sonno inquieto (1964); Il sole che muore; Notte su una minoranza (1964); Con il cuore fermo Sicilia (1965), realizzato con Cesare Zavattini; Michelangelo Antonioni - Storia di un autore (1966), realizzato sul grande maestro che ha lo ha largamente influenzato con la sua poetica; Corpi (1969) e Per un corpo assente (1968). Poi una pausa dal genere per dedicarsi alle pellicole e all'esplorazione dei film a soggetto. Ritornerà solo nel 1982, quando dedicherà alla grande diva del muto Francesca Bertini l'opera L'ultima diva - Francesca Bertini. Il suo percorso continuerà con: Sulla terra del rimorso (1982); Arriva Frank Capra (1986); Bellissimo - Immagini del cinema italiano (1985) composto da una serie di interviste fatte a registi, produttore, attori, costumisti e maestranze varie del cinema italiano; Noi che abbiamo fatto la dolce vita (2009) e Giorgio/Giorgia (Storia di una voce) (2009) incentrato sull'artista transessuale Giorgia O'Brien.

Il primo micro-film a soggetto
Uno dei primi film a soggetto è invece legato alla pellicola corale Le italiane e l'amore (1962), realizzato con Francesco Maselli, Giulio Questi, Marco Ferreri, Giulio Macchi, Piero Nelli, Lorenza Mazzetti e Gian Vittorio Baldi, dove Mingozzi firma il segmento La vedova bianca. Il primo lungometraggio è invece Trio (1967) con Piera Degli Esposti e Nico Fidenco.

Il successo di Flavia, la monaca musulmana
Importante, nella sua carriera è il sodalizio artistico con Ugo Pirro, insieme al quale scrive il giallo di denuncia sociale Sequestro di persona (1967) con Charlotte Rampling, anche se la sua migliore e più conosciuta pellicola è Flavia, la monaca musulmana (1974) con Florinda Bolkan. La storia è quella di Flavia, giovane pugliese costretta a prendere i voti che si ribella allo stato di soggezione in cui vive e si allea con i saraceni. Un film definito anomalo e sadico (vanta un buon numero di decapitazioni, castrazioni, violenze carnali, torture, sodomizzazioni, impalamenti e scuoiamenti), ma che ha comunque una sua sensibilità, riscoperta nella liberazione di una donna anticlericale. Un film che suscitò molte sorprese fra il pubblico e che poi lo spinse, negli Anni Ottanta, a impegnarsi nell'erotismo di matrice letteraria con L'iniziazione (1986) tratto da "Le imprese di un giovane Dongiovanni" di Guillaume Apollinaire e con Il frullo del passero (1988), tratto da "Il polverone" di Tonino Guerra con Philippe Noiret. L'ultimo film a soggetto è, invece, Tobia al caffè (2000), tratto dalla raccolta "Grande Raccordo" di Marco Lodoli.

I lavori televisivi
Notevole è anche il contributo che Gianfranco Mingozzi diede al piccolo schermo italiano firmando i film tv: Gli ultimi tre giorni (1977); La vita che ti diedi (1991); Vento di mare (1991) e la miniserie Il treno per Istambul (1980) con Stefano Satta Flores, William Berger, Mimsy Farmer, Alfredo Pea, Lea Padovani e József Madaras.

La morte
Dopo una lunga malattia, il 7 ottobre 2009, Mingozzi si spegne a Roma, lasciando abbandonato il progetto di un ultimo documentario, quello sull'attore popolare italiano Gabriele Tinti, nato a pochi chilometri dal suo paese. Si è spento così un autore sincero, un lavoratore che non è mai salito in cattedra, un narratore audio-visivo che amava raccontare figure tormentate (spesso ben vestite dall'efficace Piera Degli Esposti), ritrovando in esse quelle maschere tragiche che traducono la verità della vita. Attento, delicato, elegante, Mingozzi è stato un attore di vaglia, espressivo e che amava circondarsi di grandi professionisti del cinema per i suoi film: Jean Claude Carrière e Peter Fleischmann, il fotografo Luigi Verga e il musicista Nicola Piovani. Capace di evocare l'introspezione umana con una sola inquadratura, ha stimolato (anche eroticamente) il cinema italiano dietro le pieghe della gonna di questo nostro cinema.

Ultimi film

Commedia, (Italia - 2000), 112 min.
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