Gabriele Muccino è un attore italiano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, è nato il 20 maggio 1967 a Roma (Italia). Al cinema il 31 ottobre 2024 con il film Fino alla fine. Gabriele Muccino ha oggi 57 anni ed è del segno zodiacale Toro.
Si iscrive alla facoltà di Lettere dell'Università "La Sapienza", ma l'abbandona presto per avvicinarsi al cinema, in qualità di assistente volontario per Pupi Avati e Marco Risi. Nel 1991 segue i corsi di sceneggiatura tenuti da Leo Benvenuti e frequenta uk Centro Sperimentale di Cinematografia. Approdato in Rai, realizza tre cortometraggi trasmessi in "Mixer", dei brevi filmati per la trasmissione "Ultimo minuto" ed il cortometraggio Io e Giulia, interpretato da Stefania Rocca. Dopo alcune esperienze da documentarista, nel 1996 dirige Max suona il piano, uno degli episodi di Intolerance. Nel 1998 il suo primo lungometraggio, Ecco fatto (1998), con il quale partecipa al Festival di Torino, riceve una buona accoglienza da parte della critica. I tratti distintivi della sua cinematografia ci sono già tutti: il protagonista Giorgio Pasotti è un'anticipazione del futuro Accorsi (e dalla recitazione parimenti isterica e nervosa), il tema è quello del tradimento, della gelosia, della difficoltà di crescere e di maturare Ancor meglio vanno le cose con Come te nessuno mai (1999), garbato e divertente ritratto di adolescenti, che partecipa con successo alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film vede come protagonista il giovane fratello di Gabriele, Silvio Muccino che partecipa anche alla sceneggiatura: fresco, divertente e attuale, il film vale più di tanta letteratura sull'adolescenza. Nel 2001 L'ultimo bacio sbanca il botteghino con oltre 15 milioni di euro di incasso e piace anche alla critica: il film si colloca al secondo posto nella graduatoria dei maggiori incassi per pellicole nostrane e vince cinque David di Donatello (tra i quali quello per la miglior regia). La coppia (allora anche nella vita) Accorsi-Mezzogiorno diventa il simbolo di una larga parte di trentenni disillusi e cinici. Nasce la "stellina" di Martina Stella ed il film è impreziosito dalla colonna sonora di Carmen Consoli, presente anche in un cameo. Il messaggio non è propriamente positivo - e non tutti i trenetenni sono "sbalestrati" come i protagonisti del film - ma L'ultimo bacio resta uno dei più importanti film italiani degli ultimi anni. Nel gennaio 2002, al film viene assegnato il premio del pubblico al Sundance Film Festival. Segue la distribuzione, negli Stati Uniti, nell'estate dello stesso anno, ed è inserito dall'autorevole "Entertainment Weekly" tra i dieci migliori film dell'annata. È del 2003 l'uscita di Ricordati di me (2003) salutato da un ampio consenso critico. La coppia protagonista formata da Bentivoglio e Morante è la proiezione, a venti anni di distanza, de L'ultimo bacio. La stellina di turno si chiama Romanof e alcuni nomi noti della televisione italiana vi fanno capolino (il "guerriero" Taricone e Enrico Silvestrin). Il vero miracolo che avviene nel film è la recitazione di Monica Bellucci che riesce a dare spessore e credibilità al proprio personaggio. Il film, che dispensa ottimismo a piene mani (si fa per dire..) è uscito, paradossalmente, il 14 febbraio, il giorno di San Valentino.
Gabriele Muccino (sopra, con l'attore Will Smith, sul set di La ricerca della felicità), il regista romano quarantenne de L'ultimo bacio, di Ricordati di me e adesso di questo suo primo film americano, La ricerca della felicità, ha un problema: parla male. Non che sia incapace di formulare una frase o di esprimere un concetto, ma l'eloquio è impastato, eccitato, nervoso, confuso: persino il suo ultimo protagonista, il bellissimo nero Will Smith, lo prende in giro pubblicamente per questo. Avrebbe pure un altro problema, il fratello minore Silvio Muccino, sceneggiatore, attore, dialoghista, interprete di spot pubblicitari, autore di libri, aspirante regista: mai visto un essere tanto invadente, sgomitante, incompetente.
M a sono problemi governabili: in compenso Gabriele Muccino ha sempre avuto successo, persino quando all'inizio faceva l'attore, e ora più di sempre. La vita privata è un poco più difficile, si innamora con facilità (anche di Elisabetta Canalis), ha avuto una compagna e poi una moglie dalla quale è dolorosamente separato, da ciascuna ha avuto un bambino, i due figli vivono a Roma mentre lui, se i progetti si realizzano, lavorerà a Hollywood. Sembra probabile. Anche se nessun regista italiano è andato più in là di un unico film americano, il percorso di Muccino potrebbe essere differente. Quando vedi La ricerca della felicità, dopo cinque minuti ti dici: «Ma questo è un film americano», tanto è forte l'analogia dello stile, delle luci, della fotografia nitida e pastosa, del dinamismo, del lieto fine. Dopo un po', ti dici: «No, è un film realista italiano», tanto è rara nel cinema Usa una simile descrizione drammatica della vita di chi è povero in America, la fila interminabile davanti al dormitorio pubblico, le notti passate al gabinetto della metropolitana, la perdita di moglie, casa, auto, soldi e tutto, il cibo occasionale e cattivo, il disordine personale.
Gabriele Muccino è un filmaker bravo. Per ora non è un autore, ossia un cineasta con un proprio mondo o una propria visione del mondo: anche i film che lui considera autobiografici (L'ultimo bacio, Ricordati di me) paiono piuttosto racconti generazionali senza varianti rispetto alle idee correnti, e La ricerca della felicità è tratto da una storia vera narrata in un libro. In questo senso, Muccino pare adatto a Hollywood almeno quanto altri registi non americani di successo, Ang Lee o M.N. ShyamaIan, Paul Verhoeven o Wolfgang Petersen.
Da Lo Specchio, 25 gennaio 2007
«In Italia, siamo al naufragio morale. Tutto è stato condonato, la coscienza civile cancellata. Tutto è stato fatto a pezzi: hanno massacrato la Costituzione, la legge elettorale, la magistratura, la scuola. Non credevo che sarebbero arrivati a modificare il sistema di voto che costò agli italiani milioni di schede, le firme, i tavoli in piazza, anni di referendum promossi da Mario Segni. E invece, è stato possibile. Silvio Berlusconi e i suoi hanno voluto sfidare il senso della legalità, hanno fatto cose impensabili. Quando vinse, regalando sogni, ho pregato che riuscisse a farle davvero, le cose promesse. Oggi, dopo cinque anni, sono sfiduciato. Il primo punto, per il governo che ho votato, è il ritorno alla legalità. Pagare le tasse, rispettare i semafori, i limiti di velocità: negli Stati Uniti, se sgarri, ti beccano immediatamente. Da noi, c’è sempre una scappatoia. Io stesso, appena torno qui faccio un clic e cambio modo di guidare.»
Gabriele Muccino è a Roma di passaggio. Lo incontro all’hotel d’Inghilterra, beviamo un cappuccino. Riparte subito per gli Usa, deve completare il montaggio di The pursuit of happiness, storia di un uomo che fa fortuna, la perde di colpo e poi ricomincia, ambientato nel 1981, protagonista l’attore nero più amato d’America, Will Smith. Un film da sessanta milioni di dollari, prodotto dalla Sony, da una sceneggiatura di Steve Conrad, «muccinata e zavattinata» dal trentenne romano che ha spopolato con L’ultimo bacio e Ricordati di me. Entrambi finanziati, sostenuti e supersponsorizzati anche dalla Medusa berlusconiana; non posso dimenticare la passione con cui Giampaolo Letta, capo della Medusa, cercava di convincere noi giornalisti delle capacità di un ragazzino timido e introverso, e però geniale con la macchina da presa in mano. «È così. Hanno creduto nel mio lavoro. Non ho avuto alcun problema, anzi. E dire che Ricordati di me era un film difficile, contro la tv delle veline, contro Mediaset, Gerry Scotti e il suo Passaparola. Sono stato libero, liberissimo, mai la minima preoccupazione o censura. Mettiamola così: io ero libero, anche se non di Forza Italia. Ma quando sono arrivato io, l’egemonia di sinistra, quella cappa che molti hanno avvertito fino agli anni Novanta, ere già svanita da un pezzo. È rimasta la critica, che è molto orientata.»
Nato nel 1967, figlio della pittrice Antonella Cappuccio e di Luigi, dirigente Rai con tessera del Pci in tasca, il giovane Gabriele studia nel liceo più politicizzato della capitale, il Mamiani, ma non partecipa a manifestazioni e assemblee. «Annusavo qualcosa in casa, papà parlava sempre di lottizzazione, partecipava ai collettivi di sezione all’epoca di Enrico Berlinguer. A scuola, non mi appassionavo ai dibattiti, mi mettevano a disagio. La politica deve nascere da una rabbia, da un’indignazione. E quella arrivò, per me come per tanti, nel 1992, l’anno di Tangentopoli. È sembrato – allora – che tutto potesse cambiare, che fossimo alla vigilia di un secondo Rinascimento italiano. I cattivi arrestati, i buoni che venivano allo scoperto: la storia di Mani Pulite, la lunga inchiesta dei magistrati di Milano, era anche vincente. Improvvisamente, gli intoccabili erano diventati toccabili: il dio Craxi crollava e con lui un’intera classe dirigente. In quegli interrogatori televisivi si realizzavano utopie che oggi sono sepolte. Ricordo la freddezza e la serietà, anche in prigione, di Sergio Cusani, il finanziere socialista. Ho rispetto per quelli come lui. E peccato che Craxi abbia scelto l’esilio invece di farsi processare, in questo modo non si è aiutato e non ha permesso ad alcuno di aiutarlo. Adesso, tornano le manette, tornano gli scandali, ma i cittadini sono delusi e rassegnati, schiacciati e vinti. Dei politici di oggi, mi piace Walter Veltroni, gli credo quando dice che si occuperà di Africa, dopo avere fatto bene il sindaco. È una persona che ha sentimenti nobili, ha un cuore e le persone lo hanno capito. Nell’altro schieramento, stimo Stefania Prestigiacomo, una che rompe le righe, esce fuori dal coro e scommette sulle donne.»
Per Gabriele Muccino, il più grande regista politico italiano è Vittorio De Sica: «Lo so, ti aspettavi che dicessi Francesco Rosi o Elio Petri, o Ettore Scola, registi che adoro. I loro capolavori, però, sono tutti terribilmente datati e tutti troppo espliciti: il messaggio è più forte del racconto. In De Sica, invece, il regista attende, un passo indietro, che i suoi personaggi vivano di vita propria. I suoi film sono universali, senza tempo. Ladri di biciclette o Umberto D. spiegano sottovoce, a tutto il mondo, senza urlare, drammi che diventano evidenti negli sguardi degli attori. Mi sono ispirato a lui, a Cesare Zavattini e al loro universo cinematografico così sofisticato eppure così affollato di persone normali, per il film americano. Ho rallentato la macchina da presa, ho abbandonato la mia nevrosi delle immagini, ho cercato di mandare il mio sguardo fino all’anima degli attori e di riportarlo al pubblico. Mi piacerebbe che qualcuno dicesse, dopo averlo visto: è un film neorealista, con un pizzico di Frank Capra, l’autore di favole indimenticabili». Anche la vicenda professionale di Gabriele è un po’ una favola: il ragazzino difficile che si incanta, si distrae e preoccupa i genitori, un giorno convince sua nonna a fingersi morta per girare un cortometraggio... realizza due film che incassano e divertono, e conquista un budget miliardario da spendere come vuole: «È stato Will Smith, dopo aver visto i miei film, a cercarmi. Stavo a Londra e quasi non ci credevo...». Se la favola sarà sul serio a lieto fine, lo diranno gli incassi: «Per gli americani conta soltanto il mercato». Per Gabriele contano anche gli affetti: mentre girava in America, suo fratello Silvio, ventitreenne, è diventato una star. «È stato bravissimo, ha il suo spazio, diverso dal mio.» Miracoli romani. Gabriele corre all’asilo a recuperare uno dei due figli, non se la tira e non sembra ancora così diverso da quando era un esordiente. Il portiere dell’albergo, davanti al ragazzo in maglione e giubbotto, non si toglie il cappello
Da Registi d’Italia, Rizzoli, Milano, 2006
Si è fatto conoscere negli Stati Uniti dirigendo la fortunata pellicola del 2006 La ricerca della felicità (The Pursuit of Happyness), con protagonista Will Smith. Sebbene molti registi avessero espresso interesse verso questo progetto, Smith e il suo partner di produzione James Lassiter hanno voluto Muccino. Il film ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui una candidatura agli Academy Award come miglior attore protagonista per Will Smith. Inoltre, la pellicola ha incassato più di 300 milioni di dollari nel mondo.
Muccino ha anche diretto L’ Ultimo Bacio, la storia di un giovane che si sente soffocare dai doveri dell’età adulta quando la sua compagna gli annuncia di essere incinta. Il film è stato candidato a 10 David di Donatello e se ne è aggiudicati cinque, tra cui quello per il miglior regista. Da questo film, è stato realizzato un remake americano con protagonista Zach Braff. Negli Stati Uniti, la pellicola si è aggiudicata il premio del pubblico per la sezione World Cinema al Sundance ed è stata citata da Entertainment Weekly come uno dei dieci migliori film del 2002.
Il suo lavoro successivo, Ricordati di me, con protagonista Monica Bellucci, è stato ammirato dai critici di tutto il mondo.