La prima stagione di The Punisher - serie Netflix incentrata sul vendicatore dei comics Marvel - è la cronaca del percorso di un uomo verso il recupero di un'umanità soffocata. C'è molto in gioco nello show prodotto da Steve Lightfoot - si parla di sensi di colpa, di famiglia, di guerra e terrorismo - il quale ha voluto strutturare la serie come un lungo film in tredici parti scandite da scene chiave.

È partito da queste, momenti cruciali dell'esistenza di Frank Castle, e ci ha costruito il resto della narrazione intorno: tredici tappe, una meno della via crucis (riservata alla seconda stagione?), per riappropriarsi - attraverso passione, morte e resurrezione - del proprio statuto di essere umano.

Lo showrunner Steve Lightfoot descrive così la storia di Castle, marine che si aggrappa alla vita solo per vendicare la morte dei propri cari: "The Punisher segue il percorso del protagonista verso la vendetta; tuttavia è un sentiero sul quale Frank incontra un ostacolo imprevisto, il prossimo. Ha scelto l'isolamento ma non è possibile escludere completamente l'interazione con gli altri. La vicinanza di Karen e Micro, persone che non può definire altro che amici, il confronto con altri soldati, come Billy, Lewis e Rawlins, lo costringeranno a una serie di prese di coscienza fondamentali".

Ecco le scene chiave del percorso di Frank Castle.

Castle salva Madani, agente della Sicurezza nazionale che gli sta dando la caccia, portandola via dall'automobile prima di un'esplosione. È la prova, inconfutabile, che Frank ha ancora a cuore gli altri. Lo aveva già dimostrato all'inizio della stagione intervenendo per difendere un collega, ma qui va ben oltre confermando che il suo istinto di protezione verso gli altri è più forte di quello di autoconservazione (sa che Madani continuerà a cercare di arrestarlo). L'ex marine, macchiatosi di azioni innominabili, in guerra sta inconsciamente coltivando il suo senso di giustizia personale (i colpevoli devono essere uccisi, gli innocenti devono essere salvati).

Frank implora Karen di non immischiarsi nella ricerca degli assassini dei suoi familiari perché teme per la sua incolumità. È uno dei tre punti di svolta attorno a cui ruota la parabola personale di Frank Castle: l'ex marine è solitamente introverso, ma in questo frangente la prospettiva di perdere di nuovo qualcuno che ama lo spinge ad aprirsi. È il momento in cui un atterrito Castle realizza di provare affetto verso qualcuno, così mettendosi nelle condizioni di soffrire ancora. In questo episodio c'è un'altra breve scena - apparentemente un mero sollievo comico - significativa, durante la quale Castle si lamenta con Micro - l'hacker che lo sta aiutando a rintracciare i suoi nemici - per non aver preparato la cena anche a lui. Secondo Lightfoot è importante perché è il momento: "in cui Frank ammette con se stesso di considerare David un amico".

Karen e Micro sono, come accennato, i due foil principali di Castle, le chiavi per interpretare la sua anima. La convivenza con David, senz'altro meno macho e più sensibile di Frank, genera non di rado conversazioni in cui l'ex marine si mette a nudo. Qui Castle fa un altro passo avanti, attraverso un'amara constatazione, nella presa di coscienza di sé: ha sempre adorato la vita militare e l'opportunità che gli offriva la guerra di dar sfogo alla violenza, e ha sempre apprezzato il cameratismo dei commilitoni. Per lui erano "come una seconda famiglia", una che a volte preferiva alla moglie e ai figli.

Questo è il secondo momento cruciale del percorso emotivo del protagonista. Frank e Micro si lasciano andare di nuovo a uno scambio di battute in complicità che minano il sacro disagio di Castle nei confronti delle confidenze. L'unica cosa che hanno in comune lui e l'hacker è, oltre alla missione, l'essere uomini di famiglia. I due rievocano il primo incontro con le rispettive mogli, e questo momento, come ha puntualizzato Lightfoot, "assieme a un flashback di Castle che insegna alla figlia a suonare la chitarra, dimostra quanto sia importante per lui essere un padre e un marito". Poco dopo, Frank ammetterà di voler sterminare tutti i nemici, a qualsiasi costo, e Micro lo definirà uno psicopatico il cui animo vive in perenne stato di guerra. È il momento della presa di coscienza da parte di Castle che, delle due metà di cui era formata la sua anima - quella costruttiva dell'uomo di famiglia e quella distruttiva del soldato - ne è avanzata soltanto una.

Il motivo per cui l'uscita di The Punisher è slittata di un mese è perché il mini arco narrativo riservato al veterano di guerra Lewis evocava i recenti fatti di Las Vegas. Negli USA la serie è stata ben ricevuta da militari e forze dell'ordine perché affronta un tema quasi tabù come quello della PTSD e dello scarso supporto offerto dal governo ai soldati, tema che il piccolo schermo ha per lo più disertato. In questa puntata le due anime di Frank, quella del soldato e quella dell'uomo, entrano in collisione. Frank affronta Lewis, giovane veterano che minaccia una strage e ha preso come ostaggio proprio Karen materializzando l'incubo peggiore di Castle, quello di non riuscire a protegger i propri cari. La scena cruciale è quella in cui l'ex marine incita Lewis a trovare il coraggio per farsi saltare in aria, per "andarsene come un soldato". È quello che Frank non è riuscito a fare, andarsene da soldato, perché i padre e marito dentro di lui devono prima vendicarsi.

Per ogni momento in cui Frank ci mostra la sua umanità, c'è ne è uno che ricorda al pubblico, implacabilmente, che Castle è un assassino. Del Punitore si è visto poco fino a questo momento, ma nell'imboscata ai suoi avversari, rispolvera il suo talento per la guerra. È metodico, sistematico, efficiente, spietato. Di più, la violenza gli è amica, familiare, e qualcosa che gli dà estrema soddisfazione. Ha pagato per il proprio spirito bellicoso il prezzo più alto, ma quella resta la sua natura.

È il terzo fulcro della stagione, il frangente in cui Frank deve decidere se vivere o morire. Castle ha scelto di immolarsi per vendicare la sua famiglia, lasciandosi torturare in diretta streaming dal mandante dell'omicidio della moglie e dei figli. È una sequenza capitale, non solo perché dimostra che l'indole costruttiva di Frank ha vinto su quella distruttiva (ha scelto di salvare la famiglia di Micro al posto di uccidere la sua nemesi), non solo perché evidenzia tutto il suo senso di colpa (Castle accetta la tortura come espiazione), ma perché ha raggiunto finalmente la destinazione del viaggio: Castle si è vendicato e ha espiato, ha salvato i suoi cari e quelli del suo migliore amico. Gli resta solo se scegliere la vita o la morte. Sceglierà di vivere un futuro che lo spaventa, dove per la prima volta non ha una guerra da combattere. E niente fa più paura dell'ignoto.