The Morning Show

Film 2019 | Drammatico 60 min.

Regia di Mimi Leder, David Frankel, Lynn Shelton, Tucker Gates, Stacie Passon, Kevin Bray, Roxann Dawson, Michelle MacLaren, Miguel Arteta, Lesli Linka Glatter, Victoria Mahoney, Rachel Morrison, Jessica Yu, Thomas Carter, Jennifer Getzinger, Millicent Shelton. Una serie con Jennifer Aniston, Reese Witherspoon, Nestor Carbonell, Steve Carell, Billy Crudup. Cast completo Titolo originale: The Morning Show. Genere Drammatico - USA, 2019, STAGIONI: 3 - EPISODI: 30

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Ultimo aggiornamento venerdì 10 novembre 2023

Una serie TV su chi costruisce i programmi mattutini americani. La serie ha ottenuto 7 candidature a Golden Globes, 6 candidature e vinto 2 Critics Choice Award, 7 candidature e vinto un premio ai SAG Awards, 2 candidature a Writers Guild Awards, 1 candidatura a CDG Awards, 1 candidatura a Producers Guild, La serie è stato premiato a AFI Awards, 2 candidature a ADG Awards,

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Cosa accade nel backstage dei programmi del mattino?

La storia ruota attorno alla redazione di un famoso, fittizio, programma televisivo americano, The Morning Show, travolto da uno scandalo sessuale: Alex Levy, interpretata da Jennifer Aniston, è la star dello show insieme a Mitch, accusato di aver molestato sessualmente alcune colleghe all'interno della produzione. Il passaggio da co-host a principale padrona di casa sarà un'ardua impresa, volta a scongiurare che il programma sia associato agli eventi. A complicare la situazione, il network UBA metterà in campo una nuova protagonista, Bradley Jackson (Reese Witherspoon), che otterrà inaspettata attenzione all'interno della rete. Attraverso rivalità che si trasformano in alleanze e viceversa, la serie esplora le dinamiche tossiche dell'industria televisiva senza risparmiare dettagli disturbanti tra carnefici, vittime e chi si trova nel mezzo, tentando di proporre possibili reazioni.

Episodi: 10
Regia di Mimi Leder, David Frankel, Lynn Shelton.

MeToo, cancel culture e satira vengono abbandonati. La terza stagione sembra una soap opera da prima serata

Recensione di Andrea Fornasiero

Terminata la pandemia, la fittizia UBA non se la passa benissimo: il tentativo di rilancio con una piattaforma streaming ha infatti incontrato delle difficoltà e c'è bisogno di un influsso di nuovo denaro. Per questo Cory Ellison cerca di vendere la compagnia a Paul Marks, un magnate dell'industria aerospaziale. Il miliardario però ha le sue ritrosie e servirà tutto lo charme di Alex per convincerlo, inoltre Paul non ha problemi a giocare sporco e questo solleva crescenti complicazioni, soprattutto per Bradley. La reporter infatti ha ora un compromettente segreto, del quale è a conoscenza solo Cory che l'ha aiutata a nasconderlo. Inoltre Mia è in una relazione con un fotografo di guerra, che è partito per l'Ucraina, e la nuova arrivata Chris combatte contro il razzismo strisciante dei vertici della UBA.

Cambiata la showrunner, The Morning Show abbandona il tema del MeToo e della cancel culture per abbracciare più questioni, ma diventa anche più vicino a una soap opera da prima serata.

Kerry Ehrin, responsabile delle prime due stagioni, ha lasciato il timone a Charlotte Stoudt autrice della non entusiasmante Frammenti di lei. La differenza si sente ma lo sforzo di rendere lo show più corale finisce solo per avvicinarlo a una serie di Shonda Rhimes, inoltre il tema dell'acquisizione da parte di una compagnia tecnologica, per quanto attuale, è appena stato trattato da Succession e ovviamente The Morning Show non può che uscire con le ossa rotte dal confronto con una delle migliori serie degli ultimi anni. Jon Hamm, nei panni di una versione fittizia di Elon Musk, è piuttosto diverso dal miliardario scandinavo interpretato da Alexander Skarsgård in Succession e il tono di The Morning Show è meno satirico, ma sono differenze che non bastano, perché la serie non è comunque più realistica e diluisce l'approfondimento di una figura potenzialmente interessante riducendola alla fine in un banale villain, da soap opera di lusso. La sua relazione con Alex è chiaramente un passo nella direzione del sentimentalismo spicciolo e se dà qualcosa da fare a Jennifer Aniston, lo fa però nel modo più banale possibile.

Anche peggio va con molte altre sottotrame, che sembrano buttate nel flusso del racconto quasi solo per poter dire di aver toccato anche questo o quel tema, come la guerra, il razzismo, l'aborto, l'assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Trump e così via. Ovviamente continua a fare la parte del leone il femminismo, con varie donne che lamentano di trovare porte chiuse e carriere bloccate da uomini bianchi più o meno vecchi e decisi a non lasciare il proprio posto. È curioso a ben vedere che non esistano personaggi maschili giovani e in carriera in The Morning Show, ma in fondo nemmeno tanto: la serie nasce rivolta al pubblico femminile, come veicolo per le sue due star Aniston e Whiterspoon, ed è sempre più in quella direzione che cerca di andare, dando peso ai personaggi di Mia, Stella, Laura e così via. È sempre meno presente Chip, interpretato da Mark Duplass, e il solo maschio rilevante, a parte per il villain Paul Marks, è Cory, ma il suo entusiasmo sconsiderato, che era valso un Emmy a Billy Crudup, è un lontano ricordo e anche lui si ritrova normalizzato da un contesto sentimentale.

La produzione resta patinatissima, con ambienti di lusso, vestiti alla moda, ricca colonna sonora e naturalmente è confermata la bella - ma lunga - sigla di apertura in animazione. Curiosamente, già alla terza stagione, le due protagoniste di The Morning Show non sono più coinvolte nello show mattutino della rete e non lavorano più insieme: si incrociano molto raramente in queste dieci puntate e le vediamo di rado anche di fronte alle telecamere.

La premessa della serie è di fatto già stata esaurita e la nuova showrunner cerca disperatamente di rinnovare le cose, arrivandoci però solo nel finale: per valutare le novità si dovrà attendere la già annunciata quarta stagione. Nonostante i molti temi buttati nel calderone, non cambia rispetto al passato lo scarso approfondimento dato al giornalismo, che nonostante il suo essere formalmente al centro della serie, è poco più dello sfondo di una serie di melodrammi familiari o sentimentali.

Episodi: 10 (60 min.)

Una stagione priva di identità, che prova disperatamente a restare attuale girando però a vuoto

Recensione di Andrea Fornasiero

Dopo che Alex e Bradley hanno rivelato il clima di di abusi all'interno dell'azienda, la prima si è ritirata a vita privata intenta a scrivere un libro di memorie, mentre la seconda ha continuato a condurre il Morning Show, senza però grandi fortune. La rete inoltre non se la passa bene e Cory è pronto a tutto per ribaltarne le sorti, in vista del lancio disperato di una piattaforma streaming. Il suo piano: riportare Alex a condurre lo show, poco importa che Stella Bak, la Presidente delle News, sia contraria, e che il ritorno di Alex vada nascosto a Bradley più a lungo possibile... Nel mentre Mitch si è trasferito in una villa sul Lago di Como, proprio quando in Italia arriva il Coronavirus e incombe l'inizio del lockdown...

Dopo una stagione all'insegna del #metoo, The Morning Show cerca disperatamente di restare attuale parlando di "cancel culture", ma il risultato è assai più confuso così come delude il trattamento del coronavirus.

Che questa non fosse davvero una serie sul giornalismo - nonostante Trump ci abbia insegnato che gli show mattutini americani lo sono eccome e hanno grande influenza - si era capito già nella prima stagione, ma la seconda annata si perde ulteriormente nelle vicende private dei personaggi, che oltretutto prendono ognuna la propria strada e raramente si incrociano. Le scene in cui Alex e Bradley sono insieme sono infatti sorprendentemente poche, così come fa quasi storia a sé l'esilio di Mitch a Como. Qui per altro incontra Valeria Golino che, per proteggerlo dall'attacco di un'americana #woke intenta ad allontanarlo dal bar, si lancia provocatoriamente in canti fascisti in piazza. L'effetto è sicuramente più trash di quanto volessero gli autori.

Anche l'arrivo di una terza diva del piccolo schermo come Julianna Margulies si rivela inconcludente e poco lucido. Introdotta come una rivale di Alex, per evitare il tropo del catfight tra donne potenti le viene presto dato un altro ruolo, più romantico, che rimane però in sospeso alla fine della stagione. Tanto che è impossibile non leggere tra le righe e immaginare i producer che si prendono il tempo di valutare il gradimento del personaggio, per poi decidere se e come trattare per estenderle eventualmente il contratto. Non è certo una soluzione nuova e di per sé non è neppure scandalosa, ma è costruita in modo davvero troppo plateale per una serie con queste pretese di prestigio. Così come la vicenda di Mitch è chiaramente in un vicolo cieco e non ci vorrà molto allo spettatore per capire che può finire solo in un modo...

La sorpresa della prima stagione di The Morning Show era stata Billy Crudup, che con le sue battute spiazzanti e il suo irresistibile vulcanico entusiasmo aveva vinto il solo Emmy della serie. Purtroppo dargli un ruolo di maggior responsabilità finisce per tenerlo più spesso in scena e il suo maggior peso drammatico non compensa la inevitabile diminuzione della sua esplosiva verve. Crudup fa del suo meglio, ma non può a ripetere il travolgente risultato della prima stagione.

Episodi: 10 (60 min.)

Una serie dal cast incredibile, ma molto più semplice e limitata del mondo che vuole raccontare

Recensione di Andrea Fornasiero

Il programma di infotainment mattutino The Morning Show, tra i più popolari d'America, subisce un brutto colpo quando uno dei due conduttori, Mitch Kessler, viene accusato di molestie sessuali. Alex Levy si ritrova così da sola, con un network che oltretutto le è piuttosto ostile. Inavvertitamente fa il gioco di Cory Ellison, il capo della divisione news, scegliendo come compagna di conduzione Bradley Jackson. Giornalista divenuta virale per una sfuriata durante una manifestazione, Bradley si considera come una che vuole arrivare alla verità e presto il suo carattere la porta a mettere in crisi Alex. Inoltre la caduta di Mitch non è che l'inizio di un'inchiesta targata #metoo, sull'ambiente di lavoro all'interno del programma.

Un cast incredibile e incredibilmente costoso è qui riunito per raccontare il giornalismo nella fascia di programmazione apparentemente più innocua e ottimista d'America, ma il vero tema della serie è uno solo: gli abusi sessuali e le dinamiche di potere sul posto di lavoro.

Utile a chi non avesse ancora capito che le denunce del #metoo non sono solo cosa di Hollywood, la serie spiega molto dettagliatamente nei suoi dieci episodi come gli abusi si verifichino facilmente ovunque. Quelle che dalla parte del più potente (spesso l'uomo) sono vissute come relazioni o scappatelle, magari inopportune ma consensuali, dalla parte del più debole (spesso la donna) possono essere vissute come un'imposizione dall'alto, un ricatto implicito, un'umiliazione e quindi un abuso. Il personaggio interpretato da Steve Carrell, ossia Mitch Kessler, ritiene infatti di non aver fatto niente di male, di aver avuto solo relazioni extraconiugali, ma strada facendo la serie mostra una verità diversa e più articolata.

Se però tutto questo non vi è nuovo - e del resto è stato raccontato molto di frequente negli ultimi tempi - c'è di che restare perplessi per l'insistenza su un singolo tema di una serie d'ambiente giornalistico, che infatti tocca inevitabilmente altre questioni ma le scopa sotto il tappeto per neutralizzarne la problematicità. C'è per esempio un intero episodio sugli incendi in California dove incredibilmente si riesce a non parlare di riscaldamento climatico; c'è un momento in cui un personaggio confessa un aborto in diretta e non si entra minimamente nella questione, in America caldissima, dei diritti delle donne; c'è persino un mass shooting, una strage di quelle per cui subito si riaccende il dibattito sul controllo delle armi, che qui invece serve solo a fare da eco alla crisi di mezz'età di un protagonista. Non si tratta nemmeno di occasioni sprecate, quanto piuttosto di totale indifferenza a qualsiasi tema non sia il #metoo.

La serie è tratta dal libro reportage "Top of the Morning", con sottotitolo "dentro il mondo di tagliagole della Tv del mattino" pubblicato nel 2013, quindi prima dello scandalo di Harvey Weinstein. Del resto non tutti i ricatti sul posto di lavoro hanno a che fare con il sesso e la serie in questo non teme di mostrare le sue protagoniste dedite a manovre spietate - anche se poi non resiste a riconciliare il tutto con la morale della brava gente. I momenti di dramma sono infatti comodamente piazzati per risolvere una crisi, per riavvicinare personaggi che si stanno allontanando, ma il trucco appare facilmente scoperto allo spettatore non troppo ingenuo.

Si potrebbe dire che in fondo questo è infotainment e non vero giornalismo, per cui la serie può essere leggera, ma è bene ricordare che il programma di news più citato da Trump è proprio uno show analogo, "Fox & Friends", quindi anche in questi momenti si fa politica. In The Morning Show invece non si capisce nemmeno chi sia il Presidente degli Stati Uniti: manca qualsiasi accenno alla sua figura. A salvare la baracca per fortuna c'è un cast di ottimo livello, non solo per le due protagonista e Steve Carrell, ma pure per Marcia Gay Harden, Gugu Mbata-Raw, Martin Short, Mindy Kaling, Mark Duplass, David Morse e soprattutto per Billy Crudup. Il suo manager ruba la scena a tutti per l'allegria, quasi il godimento, con cui gestisce il potere e gli intrighi. Spietato e arrivista, è alla ricerca tanto di successo quanto di eccitazione, è un uomo che sembra aver paura solo di una cosa: la noia. Il suo contagioso divertimento è la parte più gioiosa di una serie purtroppo molto più semplice e limitata del mondo che vuole raccontare.

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