Retribution

Matt Turner è un broker navigato dell'alta finanza che vive a Berlino con la moglie Heather e i due figli Zach ed Emily, la stessa città dove risiede il suo capo e CEO Anders Muller. A volte Matt è distante e burbero con la famiglia, ma cerca in tutti i modi di mantenere il loro alto standard di vita con operazioni finanziarie sempre più in bilico tra successo e fallimento. Un giorno, è lui a dover portare a scuola i figli, ma quello non è un giorno qualunque: un telefono lasciato da qualcuno dentro la sua macchina squilla, una voce gli spiega che sotto il sedile del passeggero è piazzata una bomba collegata ad un dispositivo a pressione e se Matt non farà tutto quello che gli verrà comunicato lui, Zach ed Emily salteranno in aria.

Pilota automatico e marcia in folle - restando nella metafora automobilista - per gli specialisti Liam Neeson, Matthew Modine e Nimród Antal.

Come fare a coniugare l'abbassamento della soglia di attenzione di Liam Neeson per gli action (lui continua a sostenere di voler smettere, la sua filmografia più recente gli parla sopra) con la coazione a ripetere (leggasi pompare nel portafoglio cachet più che dignitosi) e la necessità di tirare su uno spettacolo decente (il nordirlandese ha ben settantuno anni di frequentazione su questo pianeta)?

Mettiamo Liam Neeson in una macchina dalla quale non si può muovere, esibiamo in modo iperrealistico le sue capacità attoriali e spingiamo al massimo tutto quello che c'è fuori dal finestrino. Del resto, a dimostrare la plausibilità dell'operazione, c'era già il precedente di Desconocido - Resa dei conti, opera del 2015 di Dani de la Torre, vincitrice di due Goya e con all'attivo già due remake, il tedesco Don't. Get. Out! di Christian Alvart e il coreano Hard Hit di Kim Chang-ju.

Non poteva nascere da mani più ferme - e allo stesso tempo frementi - questo terzo remake, Retribution, n-capitolo della parabola action-thriller di Neeson, una gioiosa e remunerativa abitudine intrapresa quindici anni fa con il seminale Taken e i due seguiti, proseguita con le sbandate fuori di testa di Joe Carnahan e i suoi A-Team e The Grey, quindi la tetralogia con Jaume Collet-Serra (Unknown - Senza identità, Non-Stop, Run All Night - Una notte per sopravvivere e L'uomo sul treno - The Commuter), per concludere con l'ultima infilata di titoli più o meno anonimi, più o meno a cadenza annuale, che continuano a far ardere il fuoco della memesmetica sull'attore irlandese - ricordate Neeson che in uno spot del Super Bowl gioca online con il nick "AngryNeeson52" o Seth MacFarlane che rifà Taken con Kermit al posto del nostro?

E The Picture Company, che sta dietro al film: la casa di produzione fondata nel 2014 proprio con The Commuter ha iniziato la sua scalata al botteghino, spalleggiata da StudioCanal con la quale ha stretto un accordo di distribuzione fino a farla entrare come socio di minoranza nell'assetto della compagnia. L'obiettivo, per entrambi, è quello di scalare il mercato globale con prodotti pensati, prodotti e realizzati in Europa, sfruttando i codici dei generi (action, horror o thriller che siano) e ingaggiando star con appeal internazionale ma dal compenso più "local" - tutta la filmografia di Liam Neeson degli ultimi tre lustri, appunto. Il risultato più recente è Retribution, che ha dalla sua anche un ulteriore passaggio dell'equazione: un regista navigato e preciso, che magari conosce bene sia il sistema hollywoodiano che le produzioni europee, capace di lavorare su più direzioni - Nimród Antal, cioè.

Quando si parla di un film così si discute per forza di industria, topos e aspettative. E forse per questo Retribution manca - e neanche di poco - il bersaglio, perché non riesce a compiere quel sottile processo di identificazione e allo stesso tempo emancipazione dal genere, dal b-movie continentale, dall'AngryNeeson, rimanendo in una terra di mezzo che va oltre la scialba messa in scena o la sospensione dell'incredulità totalmente ignorata. Quello che manca al film, infatti, è una vera e propria consapevolezza di fondo, da cui deriva l'incapacità di gestire un materiale interessante in potenza - il viso di Neeson, un unico ambiente, il whodunit paranoico - e quindi l'indecisione sulla direzione definitiva da prendere - così hai un action moscio e un thriller sgonfio.

Dopo qualche passaggio iniziale che incuriosisce, come la sequenza con Matt e Heather che discutono in bagno con la doppia inquadratura della macchina da presa e dello specchio o la panoramica a 360° all'interno del veicolo, l'ambientazione in una Berlino che sembra essere attraversata da varie tensioni geopolitiche-finanziarie e perfino un Neeson meno monolitico e più sfaccettato del solito, bè, dopo questi minimi appunti di cinema ci si avviluppa in svolte narrative scritte al buio, stop e ripartenze che sembrano appiccicate per aumentare il minutaggio del film e una fragilità del meccanismo di creazione della tensione avvertibile ad ogni svolta. Retribution, cioè punizione, castigo, pena - ma per chi? 