Anno | 2023 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA, Gran Bretagna |
Regia di | John Trengove |
Attori | Jesse Eisenberg, Adrien Brody, Odessa Young, Sallieu Sesay, Philip Ettinger Ethan Suplee, Evan Jonigkeit, Caleb Eberhardt, Gheorghe Muresan, Brian Anthony Wilson, Sean Edward Lewis, Brian Brehm, Blake Brehm, Lamar Johnson, Adam Wade McLaughlin, Matthew Lamb, Rheta West, Jonah Wharton, Garrett Richmond, Zia Anger, Mike Alamo, Barbara Ackerman, Martha Stansberry, Charles Haislah, Emma Galvin, Jocelyn Williams, Logan Fry, Roger Petan, Sonny Ciarlillo, Jean Zarzour, Jon Seeber, Mike Sutton, Michael Alan Collette, Daniel Haley. |
MYmonetro | 2,29 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 24 gennaio 2023
Un uomo perde il totale controllo sulla realtà quando si libera dei suoi desideri repressi.
CONSIGLIATO NÌ
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Disoccupato e in procinto di diventare padre di un bimbo con la compagna Sal, Ralph sbarca il lunario lavorando come autista per Uber. Costantemente a corto di denaro, Ralph è sull'orlo di una crisi di nervi, ma ne è solo in parte consapevole. Da un lato i traumi infantili mai sopiti, dall'altro la disoccupazione e le preoccupazioni economiche portano Ralph ad avvicinarsi alle idee di Dan, guru a capo di una setta sull'orgoglio maschile "contro la ginosfera". Inevitabilmente anche i suoi rapporti con Sal e con i clienti e passeggeri della sua auto si complicano sempre più.
Benché la matrice sia evidente fin dall'inizio, John Trengove non riesce a resistere alla tentazione dell'omaggio più esplicito possibile a Taxi driver: quando Jesse Eisenberg comincia a rivolgersi aggressivamente all'immagine proiettata nello specchio, restano pochi dubbi sulla parabola che sarà attraversata da Ralph.
Se a fine anni 70 uno psicopatico misogino e razzista come Travis Bickle
poteva prendere di mira un politico o riscattarsi con atti eroici da vigilante, portando lo spettatore verso un'ambigua immedesimazione, oggi ogni deriva violenta sfocia in atti insensati, autoriferiti e autodistruttivi ed è difficile sentirsi anche solo minimamente Ralphie, benché la macchina da presa resti quasi sempre incollata a lui per tutta la durata di Manodrome.
Trengove, regista queer sudafricano al secondo film, sceglie Eisenberg per il ruolo di Ralphie con un chiaro intento di controcasting: la quintessenza del timido e complessato nerd newyorchese diviene un esempio di white trash appartenente al neo-proletariato, che trascorre ore in palestra per potersi scattare selfie a torso nudo.
Ralph è come un libro aperto, un catalizzatore di tutte le scorie depositate dalla stressante e alienante vita contemporanea.
Di fronte a sé ha modelli costantemente irraggiungibili, dietro di sé traumi difficilmente sanabili e destinati a crescere di fronte al momento critico della paternità, in cui il confronto con la realtà e l'abbandono dell'egoismo diventano passaggi inevitabili. Persino un Babbo Natale di strada diviene incarnazione di un ottimismo insopportabile per Ralphie, che si
accanisce su di lui, guidato da allucinazioni farmacologiche sempre più tangibili.
Le conseguenze delle azioni di Ralph, che collegano un segmento narrativo all'altro, sono tutte all'insegna della semplificazione: dalla rabbia per la condizione economica deriva la deflagrazione violenta; dall'abbandono paterno consegue una virilità dubbia; dal culto della forza fisica una tensione omoerotica, che da latente si fa gradualmente concreta. Ma la vita non è un algoritmo, in cui i rapporti di causa ed effetto procedono con regolarità impeccabile, e Trengove sembra smarrire molte nuances mentre si concentra sulla discesa agli inferi di Ralphie. La setta che dà il titolo al film, "famiglia" di veri uomini intenzionati a riprendersi il proprio primato di maschi nel
mondo, segue le parole, spesso semplicistiche e contraddittorie, di Dan, guru sui generis, che su Ralph esercita un ruolo maieutico dagli esiti devastanti.
Tengrove sposa il punto di vista di Ralph nella buona e nella cattiva sorte, fino a soggettive della casa in cui convive con Sal inquietanti e degne di un horror, ma la sensazione di schematismo che prevale in Manodrome vanifica le intuizioni di regia e il potenziale di un soggetto che vorrebbe scrutare all'interno di una ferita aperta della contemporaneità.
buon film,però destabilizzante ed apprensivo,sin dalle prime battute volge al brutale, ma la sceneggiatura è un continuo di tutto e il contrario di tutto....peraltro temi trattati ampiamente ma paradossalmente sempre interessanti...
Film che rappresenta in maniera plastica il processo di progressivo disfacimento psicologico in un soggetto maschile di giovane età affetto da problemi economici protagonista del film e di nome Ralphie.Disfacimento che trae origine dalla mancanza fin dalla fanciulezza del referente genitoriale maschile,cosa che implica una vana ricerca di virilità che culmina in un incerto esito [...] Vai alla recensione »
a me e' piaciuto. E' vero che e' un taxi driver ma c'e' anchela variante setta che fa breccia su una personalita' fragile. Buon film.
A Jesse Eisenberg non difetta certo il coraggio di compiere scelte anticonvenzionali. E la frustrazione maggiore che deriva dalla visione del film del sudafricano John Trengove (alla sua prima sortita statunitense) è che si fatica a capire quale elemento del pitch abbia convinto l'attore a investire così tanto in quello che, in ultima analisi, non è altro che l'ennesimo apologo sull'anomia postmoderna [...] Vai alla recensione »
Il nome del sudafricano John Trengove (classe 1978) - dopo gli inizi in campo televisivo, documentario, ecc. - era diventato noto, al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, con il suo controverso lungometraggio di debutto per il cinema The Wound, presentato prima al Sundance, poi nella sezione "Panorama" alla Berlinale del 2017 e a seguire in tantissimi altri festival al mondo.
Questa drammatica pellicola, in concorso per l'Orso d'Oro alla 73° Berlinale 2023, si svolge nel presente in una non meglio identificata metropoli di cultura anglosassone. Il giovanottone Ralphie (Jesse Eisenberg) è un taxista di Uber (notare che Uber è uno dei principali sponsor della Berlinale) e sviluppa i suoi bicipiti frequentando assiduamente una palestra maschile.
Con il film americano Monodrome, la competizione fa immediatamente alcuni passi indietro, riportandoci nel pantano d'autore in cui ci avevano lasciati ieri Irgendwann... e Blackberry. Jesse Eisenberg si è trasformato fisicamente per adattare il proprio corpo al personaggio di Ralph, un giovane white trash nordamericano che, perso il lavoro in fabbrica, cerca invano di sbarcare il lunario con Uber en [...] Vai alla recensione »
Ralphie si guadagna da vivere facendo l'autista Uber. Ha una compagna, che sta aspettando un bambino. La sua giornata è abbastanza monotona, ma ha il culto della forza e del corpo, che sviluppa frequentando una palestra, dove affiorano inquietudini esistenziali, con attrazioni omosessuali, che si trasformano in omofobia. Coinvolto da un amico di palestra all'interno di una setta di soli uomini, che [...] Vai alla recensione »
Ralphie (Jesse Eisenberg) è uno sfigato, un irrisolto, un incel, sebbene la ragazza l'abbia, e pure incinta. Autista Uber - diciamolo subito, il film vorrebbe essere un Uber Driver, come fu il Taxi per Scorsese: se, gli piacerebbe... - si allena in palestra senza grossi risultati (occhieggiando neri ben più dotati, anche lì), prende il Percocet di straforo, insomma, studia da balordo, perdendo presa [...] Vai alla recensione »
John Trengove cerca di scavare nella profondità di un uomo dai mille nodi irrisolti, distante anni luce da qualsiasi possibilità di quadratura del cerchio. Per svelare tutte le tensioni nascoste dietro le affermazioni di un'egemonia maschile e dietro la "cultura" maschilista. Il suo protagonista, Ralphie, si guadagna da vivere come autista di Uber a New York, ma non si tratta certo di grandi cifre. [...] Vai alla recensione »