L'elegante poliziesco con Omar Sy è capace di dialogare con i grandi riferimenti letterari, in un'architettura perfettamente bilanciata tra la lunga e la breve narrazione.
di Gabriele Prosperi
Ritroviamo Assane Diop ancora in latitanza dopo il colpo che lo aveva reso celebre a tutta la Francia. Ormai svelata la sua identità, Diop deve ora fare i conti con le conseguenze delle sue azioni che, malgrado siano per fama e ispirazione quelle di un ladro gentiluomo, stanno provocando dolore alla sua famiglia, abbandonata a sé stessa e senza un padre/marito a fianco, nonché causa dei loro problemi. Assane decide così di porre rimedio a tutto con un ultimo colpo ma, ad attenderlo, troverà un vecchio scheletro troppo a lungo nascosto nell'armadio e un ritorno inaspettato che sconvolgerà i suoi piani.
Lupin si conferma come una delle punte di diamante proposte da Netflix quest'anno, riportando - a tre anni dalla sua prima stagione - l'eleganza di un poliziesco che è in grado di dialogare con i suoi grandi riferimenti letterari.
Un'operazione tutt'altro che scontata, considerando la longevità del soggetto e il suo inflazionato utilizzo come matrice narrativa. Malgrado ciò, la serie dispone i suoi personaggi in un'architettura perfettamente bilanciata tra la lunga e la breve narrazione, non riproponendo vecchi modelli di serie serializzata ma, semmai, onorando i primissimi processi di messa in serie del racconto, dal feuilleton al cinema seriale dei primi decenni del Novecento.