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La zona d'interesse, un laboratorio di analisi della banalità del male. Un'opera di cui si parlerà a lungo

Una straordinaria Sandra Huller in un film ambizioso e collocato in un'epoca storica tristemente nota, quella degli anni '40 e della messa in atto della Soluzione Finale da parte dei nazisti. Da giovedì 22 febbraio al cinema.
di Emanuele Sacchi

venerdì 19 gennaio 2024 - Recensioni

Rudolf Höss e famiglia vivono la loro quiete borghese in una tenuta fuori città, tra gioie e problemi quotidiani: lui va al lavoro, lei cura il giardino e i figli giocano tra loro o combinano qualche marachella. C'è un dettaglio però. Accanto a loro, separato solo da un muro, c'è il campo di concentramento di Auschwitz, di cui Rudolf è il direttore.

A dieci anni di distanza da Under the Skin, acclamato universalmente come una delle opere che ha meglio colto le inquietudini della contemporaneità, Jonathan Glazer si ripresenta con la trasposizione di un romanzo di Martin Amis: un film ambizioso e collocato in un'epoca storica tristemente nota, quella degli anni '40 e della messa in atto della Soluzione Finale da parte dei nazisti.

Ma è chiaro fin da subito come non sia la ricostruzione storica a interessare il regista, bensì la messa in scena di una situazione paradossale, così estrema da trasformarsi in un laboratorio di analisi della banalità del male e della separazione tra percezione soggettiva e realtà oggettiva.
 

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