Anno | 2023 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Francia, Italia, Polonia, Belgio |
Durata | 92 minuti |
Al cinema | 12 sale cinematografiche |
Regia di | Giacomo Abbruzzese |
Attori | Franz Rogowski, Morr N'Diaye, Laetitia Ky, Leon Lucev, Matteo Olivetti Robert Wieckiewicz, Michal Balicki, Mutamba Kalonji. |
Uscita | giovedì 9 marzo 2023 |
Tag | Da vedere 2023 |
Distribuzione | Lucky Red |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,44 su 25 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 13 marzo 2023
Un arruolato della Legione Straniera incrocia il destino di un uomo che sta cercando di salvare il suo villaggio. Il film è stato premiato al Festival di Berlino, In Italia al Box Office Disco Boy ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 46,6 mila euro e 2,1 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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Aleksei è un giovane bielorusso che cerca di raggiungere clandestinamente la Francia. Una volta arrivato l'unico modo per poter essere regolarizzato è di aderire alla Legione Straniera. Si troverà così a combattere sul delta del Niger dove un giovane, Jomo, a sua volta combatte contro le multinazionali che sfruttano il territorio. Sua sorella Udoka vorrebbe invece lasciare il Paese. Aleksei e Jomo si incontreranno e si scontreranno. Ma non solo.
Disco Boy è un film che parla di guerra uscendo dai canoni del genere per affrontare sensazioni e traumi che permangono nell'inconscio.
È un film di fantasmi quello che Abbruzzese ci propone. Sono ectoplasmi della memoria che tornano a tormentare chi ne ha visto e toccato concretamente i corpi e non può più liberarsene. Grazie a intuizioni visive di grande efficacia (si veda a titolo d'esempio il combattimento corpo a corpo tutto visto con l'ottica dell'infrarosso notturno) veniamo immersi nel vissuto di un uomo che lascia il proprio Paese in cerca di una nuova vita e si trova invece a misurarsi, quasi sin da subito, con la morte. Una morte procurata e un'altra, di chi hai più vicino, subìta.
Nello sguardo di Franz Rogowski che interpreta Aleksei permane un continuo interrogarsi sul senso dell'esistenza sia che stia cercando di entrare clandestinamente in Francia, sia che stia sperimentando il duro addestramento della Legione Straniera. Perché questo non è un film, come altri ne abbiamo visti, sui corpi militari speciali e sulla loro struttura gerarchica pressoché assoluta. Abbruzzese si colloca semmai sulla scia di chi, come Clint Eastwood con Flags of Our Fathers e Lettere da Iwo Jima ha mostrato la guerra dai fronti opposti.
Qui i due 'nemici' sono Aleksei e Jomo, entrambi quasi 'necessitati' a combattere, l'uno per trovare un proprio posto nel mondo e l'altro per difendere il proprio villaggio dalla devastazione. Pronto, quest'ultimo a ricomparire nelle ossessioni dell'altro.
La scena in cui Aleksei, di fronte alla morte di donne e bambini, chiede l'autorizzazione per poter intervenire e questa gli viene negata perché lo scopo del suo intervento deve essere un altro, si rivela come estremamente significativa. Di fronte alla disumanità di chi non ha altri obiettivi che quelli prefissati da una logica bellica d'ingaggio c'è allora bisogno di un rifugio.
In un film di fantasmi questo viene a concretizzarsi in un corpo femminile statuario che non è oggetto del desiderio pulsionale ma bisogno estremo di un ritrovamento di un'umanità altrimenti destinata inesorabilmente a perdersi in logiche che di umano non hanno più nulla.
Era l’unico film italiano in concorso alla 73ma Berlinale e ha lasciato il segno, portando a casa l’Orso d’Argento per il Miglior Contributo Artistico. È Disco Boy di Giacomo Abbruzzese, che incontriamo nella sede romana di Lucky Red che distribuisce il film dal 9 marzo.
La nostra intervista parte dai dati concreti: dieci anni per mettere in piedi questo film, costato 3 milioni e mezzo di euro e realizzato su una serie di location diverse (Polonia, Parigi e Iles de la Riunion, vicino al Madagascar). Un’impresa sulla carta impossibile, che tuttavia Abbruzzese ha avuto la determinazione di portare avanti e il talento di firmare “nonostante tutto”: la pandemia, le ritrosie dei produttori, i consigli di tagliare una parte consistente della storia, il fatto che gli attori recitassero in lingue diverse, i disagi nella giungla e molto altro ancora.
Partiamo dalla Berlinale, che esperienza è stata?
Emozionante, specie quando Johnnie To mi ha detto che per lui Disco Boy era l’Orso d’oro.
Il suo film si dipana su due binari paralleli narrativi che si uniscono solo a metà film. È per questo che ha incontrato resistenze multiple da parte dei produttori?
Oggi fare un’opera prima così ambiziosa e costosa rasenta l’impossibile, abbiamo cercato tutti i fondi possibili immaginabili, avuto una coproduzione di quattro paesi e tanti cambi di produttori. C’era chi mi diceva che il film aveva binari troppo separati, chi che c’erano dentro troppe cose, io insistevo a dire che a tenere insieme tutto doveva essere la regia, lo sguardo. Non volevo fare, come mi era stato proposto, due storie che continuamente facevano avanti indietro con montaggi alternati, l’abbiamo già visto mille volte. Preferivo impostare una storia, abbandonare il personaggio e raccontarne un’altra, che poi ad un certo punto torna a incrociarsi con la prima.
La storia del bielorusso Aleksei che fugge dal suo passato e poi la storia di Jomo, combattente del delta del Niger...
Raccontarli entrambi e incrociare le loro storie era la scommessa del mio film. Ho lottato anche contro chi voleva a tutti i costi la storia d’amore finale, o chi mi suggeriva di tagliare tutta la parte “africana”. Ci sono stati tanti tentativi di normalizzarlo e omologarlo, ma ho rischiato tanto e oggi Disco Boy è il risultato di quello che veramente volevo realizzare.
La parte “africana” era fondamentale per il discorso centrale sull’alterità che porta avanti il film.
Proprio così, il concetto profondo di base è la questione dell’altro. Nei film di guerra l’altro esiste per un minuto appena, come vittima o come nemico, non esiste mai pienamente con una propria dignità emotiva e un suo racconto. Io volevo darglieli e, in un mondo pieno di narrazioni a senso unico, ribadire che la potenza del cinema sta nel saper incrociare gli sguardi.
Com’è stato girare nella giungla?
In quella di Iles de la Riunion abbiamo girato per due settimane ma era “safe”, il più grande pericolo era il morso di un ragno tutt’altro che mortale. La difficoltà, semmai, era sezionare tutta l’isola in cerca di piccoli fiumi in cui girare. Avevo un solo giorno per fare l’ultimo check per poi iniziare le riprese il giorno dopo e quel giorno il mio volo andò in overbooking. Ho dovuto prendere un volo il giorno dopo e dopo 12 ore di viaggio ho iniziato subito a girare.
Da una parte c’è il rivoluzionario o ecoterrorista africano, dall’altra un legionario apolide che combatte una guerra che non è la sua: entrambi sono guerrieri “loro malgrado”.
Sono stati costretti a prendere le armi per poter immaginare una vita migliore. Oggi raccontiamo quasi esclusivamente le sofferenze dei civili e delle vittime, dimenticandoci che spesso quelli che stanno al fronte non sono necessariamente fanatici o esaltati. Mi interessava raccontare questa umanità non catalogabile: non sono buoni o cattivi, sono umani. E così il personaggio africano non è un migrante, ma uno che difende la sua terra ad ogni costo, resistente o ecoterrorista a seconda dei punti di vista. Di certo era una prospettiva insolita e anche abbastanza inedita al cinema.
Ci parli del cast: come ha scelto Franz Rogowski?
L’avevo visto in Victoria e mi aveva impressionato molto la sua carica di forza e di violenza senza mai andare nel clichè, con il volto innocente e segnato. È un attore capace di recitare con tutto il corpo: nella giungla con un fucile in mano è assolutamente credibile.
Il giovane Aleksei fugge dalla Bielorussia con l'amico Michail: raggiunta da solo la Francia, si arruola nella Legione Straniera per guadagnare il passaporto e «un posto al sole». La sua strada si incrocia con quella di Jomo, che sul delta del Niger prova a difendere la propria terra dallo sfruttamento delle multinazionali, mentre la sorella Udoka (che, come lui, possiede magnetici occhi di diverso [...] Vai alla recensione »
Imponente esordio per un cineasta italiano non giovanissimo (40 anni), Giacomo Abbruzzese, che mette insieme una storia post-coloniale e internazionale che si svolge tra l'est europeo perduto nel populismo periferico (Bielorussia, Polonia), dentro una Francia razzista e guerrafondaia, prosegue nel Delta del Niger in guerra mistica, per finire di nuovo a Parigi tra i fantasmi africani.
Buone notizie. Ci sono ancora film fatti di immagini immagini che non si limitano a servire un racconto ma resistono e ci interrogano. Ci sono copi non conformi che imprimono in queste immagini il peso della loro singolarità. Soprattutto ci sono registi capaci di estrarre dal cilindro qualcosa che non avevamo ancora visto e li riguarda (ci riguarda) da vicino.
Aleksei è un giovane rifugiato che parte dalla Bielorussia per raggiungere la Francia ed arruolarsi nella Legione Straniera. Il giovane viene presto inviato in Niger dove il suo destino si intreccerà con quello di un ribelle locale che ha come missione quella di salvare il suo villaggio dallo sfruttamento. Orso d'argento 2023 per il miglior contributo artistico (degna di nota la fotografia di Hélène [...] Vai alla recensione »
Si dice sempre che le persone che si arruolano nella legione straniera lo fanno per farsi dimenticare dal mondo. Ma Aleksei (Franz Rogowski), che viaggia dalla Bielorussia alla Francia per arruolarsi, è già un dimenticato della società, un orfano e un fantasma. Per esplorare il tema della presenza industriale e militare europea in Africa, Giacomo Abbruzzese ha scelto un'ottica sperimentale, onirica, [...] Vai alla recensione »
Opera prima fulminante, in cui chi dirige, come il suo protagonista, rischia, rincorre, "lotta", e alla fine fa centro. Dall'ultima Berlinale, dove ha vinto l'Orso d'argento per il miglior contributo artistico, "Disco Boy", diretto da Giacomo Abbruzzese, approda finalmente in sala carico di carisma, forza e sana ambizione. Un film di sensazioni, sfide, scontri, metafore, che parla di guerra in maniera [...] Vai alla recensione »
Che cosa sarà dello scontro tra l'Europa ricca, occidente originario a tradita vocazione umanista, e l'Africa identitaria, rabbiosa d'antichi e attuali saccheggi? Gli storici con la sfera di cristallo non sono ottimisti. Qui, esordio nel lungometraggio, il tarantino cosmopolita Giacomo Abbruzzese vede un misterico conflitto: anarcoide, di esistenziale instabilità e privo di documentari, il bielorusso [...] Vai alla recensione »
Unico titolo italiano in Concorso all'ultima Berlinale, premiato per il miglior contributo tecnico (la fotografia di Héléne Louvart), "Disco boy" è l'assai interessante opera prima di Giacomo Abbruzzese, tarantino ma da tempo trasferito a Parigi. Dimostra un'idea precisa di cinema, poco allineata, specie per la media italiana, capace di sradicare il racconto in frammenti e disporli per immagini, con [...] Vai alla recensione »
Aleksei (Franz Rogowski), il protagonista di Disco Boy, esordio nel lungometraggio di Giacomo Abbruzzese, arriva in Francia dalla Bielorussia rischiando la vita e seppellendo amici. Da clandestino trova una nuova famiglia, l'unica possibile, nella Legione Straniera. In Africa, nel delta del Niger, il giovane Jomo (Morr Ndiaye) combatte contro le multinazionali che sfruttano il territorio, anche a costo [...] Vai alla recensione »
Giacomo Abbruzzese è nato a Taranto nel 1983. Ha 40 anni e Disco boy è il suo debutto. Ma non fatevi trarre in inganno. In realtà, è quasi un veterano: ha diretto corti e documentari che hanno vinto premi in mezzo mondo, si e diplomato a Le Fresnoy in Francia, vive e lavora a Parigi e a Madrid. Se volessimo usare un'espressione orribile, è un cervello in fuga.
O lo amerete o odierete. Non ci sono vie di mezzo per l'esordio di Giacomo Abbruzzese, unico italiano in concorso al festival di Berlino dove ha vinto l'Orso d'Argento per la fotografia di Hélene Louvart. La storia vede intrecciarsi i destini di un uomo in fuga dall'Est Europa (un grande Franz Rogowski) che si arruola nella Legione Straniera e di un altro nel delta del Niger che combatte contro le [...] Vai alla recensione »
Aleksei (Franz Rogowski) entra clandestinamente in Francia dalla Bielorussia per arruolarsi nella Legione Straniera. Dopo l'addestramento, parte per la Nigeria per liberare alcuni ostaggi catturati da un movimento di liberazione che lotta contro il governo e le multinazionali del petrolio, colpevoli della devastazione ambientale sul delta del Niger.
"Disco Boy" è titolo spiazzante, pure fuorviante, davvero non so quanto attrattivo, ma ci sarà una ragione se il regista tarantino Giacomo Abbruzzese, classe 1983, che oggi vive tra Parigi e Madrid, ha voluto intitolare così il suo lungometraggio d'esordio, tornato dalla Berlinale, dove era in concorso, con un premio alla notevole fotografia di Hélène Louvart.
Due destini. 1) Bielorussia. Aleksei e un sodale si fingono tifosi in trasferta, superano il confine con la Polonia. Sono diretti in Francia, per arruolarsi nella Legione straniera. Per fare tabula rasa, annullarsi, rifondarsi, ricominciare (col nome Alex Dupont, vero nome di Leos Carax). 2) Nigeria. Jomo è a capo del Movimento di emancipazione del delta del Niger, il MEND, gruppo di lotta armata contro [...] Vai alla recensione »
In Africa un gruppo di guerriglieri dorme placidamente in attesa di un altro giorno di lotta. In Europa un autobus di tifosi bielorussi si appresta ad attraversare il confine con la Polonia per assistere a una partita di calcio. Aleksei e Michail, però, hanno un progetto diverso. Poco dopo aver passato la frontiera i due si allontanano: sognano una fuga che li porti verso Occidente.
Disco Boy, unico film italiano in concorso al 73° Festival Internazionale del Cinema di Berlino, è il primo lungometraggio di Giacomo Abbruzzese, tarantino apolide, fotografo e autore di cortometraggi e documentari e residente in Francia. Francia che, assieme al Belgio, alla Polonia e all'Italia, concorre nella produzione di un film che, a ben vedere, di italiano ha ben poco, e non solo in termini [...] Vai alla recensione »
Due ragazzi fuggono dalla Bielorussia destinazione Francia, il sogno di un'altra vita che da «clandestini» rischia di portare a una nuova condizione senza orizzonti. Lontano da quei confini europei blindati, sul Delta del Niger altri ragazzi lottano per la loro terra contro lo sfruttamento e la devastazione ambientale di un colonialismo (francese e non solo) che non è mai finito.
C'è un mondo di schiavi che sopravvive tra due fiumi. Poco importa si tratti del selvaggio delta del Niger o del governato corso della Senna parigina: l'umanità invisibile che vi galleggia è serrata in una prigionia circolare, cui solo un'iniziale illusione di libertà può dare la speranza. Su un imprevedibile intreccio di destini si concentra la narrazione del drammatico Disco Boy, il buon esordio [...] Vai alla recensione »
Anime vaghe, fantasmi della contemporaneità: chi conosce il cinema di Giacomo Abbruzzese (Fireworks, This Is the Way, Stella Maris, I santi...), non si stupisce certo dinnanzi alla presenza così immanente eppure così spirituale di Alex, il protagonista di Disco Boy, il suo primo lungometraggio di finzione, in Concorso a Berlino 73. Alex è un corpo senza storia, figura tremula di un tempo senza più [...] Vai alla recensione »
Quello di selezionare e mostrare opere - diciamo con un certo margine d'approssimazione - d'impegno politico, da sempre, è stato uno degli elementi più caratterizzanti del programma della Berlinale. Tanto da provocare anche degli incidenti diplomatici gravi: al Festival nel 1979, la presentazione dei celebri Cancelli del cielo di Michael Cimino provocò uno scandalo internazionale: la delegazione sovietica [...] Vai alla recensione »
Il cinema italiano ancora protagonista a Berlino: dopo il buonissimo risultato ottenuto da Mario Martone con "Laggiù qualcuno mi ama", è arrivato il turno di "Disco Boy", l'unico film nostrano presentato in concorso. Va evidenziato subito che si tratta dell'esordio nel lungometraggio di finzione di Giacomo Abbruzzese, regista nato a Taranto nel 1983, che si era però già messo in mostra con il documentario [...] Vai alla recensione »
Disco Boy si apre su un sogno. È nell'elemento onirico che Giacomo Abbruzzese trova la sua personale guida nel mondo della finzione. Dopo un percorso nel cinema documentario culminato nel 2022 con la candidatura ai César per America, il suo primo film di finzione è anche l'unico film italiano in gara alla 73ª Berlinale. In una giungla, diversi uomini di colore dormono stretti sotto un riparo di fortuna. [...] Vai alla recensione »
Cosa vuol dire dover combattere ogni giorno per la propria libertà, per la propria patria o anche semplicemente per difendere la propria identità? Soltanto chi ogni giorno vive determinate situazioni può realmente capire. E, spesso, condividere determinate esperienze può farci sentire indissolubilmente legati. Persino quando ci si trova a migliaia e migliaia di chilometri di distanza.
Nativo di Taranto, ma da tempo trapiantato a Parigi, con all'attivo alcuni "corti", Abbruzzese firma la sua opera prima "Disco boy", che dimostra un'idea precisa di cinema, poco allineata, specie per la media italiana, capace di sradicare il racconto in frammenti e disporli per immagini, con uno sguardo onirico e visionario. Il bielorusso Aleksei esce dal suo Paese per seguire una partita di calcio, [...] Vai alla recensione »