Oltre il confine

Dopo la morte della madre Bekisisa, una ragazzina di dodici anni e suo fratello Eno di sei decidono di partire per l'Italia dove erano già stati ma poi sono stati costretti a tornare in Africa per colpa del padre. Entrambi vogliono una vita migliore. Eno poi ha un grande desiderio: avere la maglietta di Sadio Mané, l'attaccante senegalese della nazionale esploso nel Southampton e poi nel Liverpool. Dopo un viaggio pieno di insidie riescono a raggiungere il nostro paese. Ora il loro obiettivo è quello di arrivare a Roma. Nel frattempo si arrangiano come possono e trovano da dormire in una ex-fabbrica di specchi dove vivono molti bambini di diverse nazionalità che sono stati abbandonati. Ma lì le regole sono chiare: se non si collabora e non si porta del cibo, non si mangia. Bekisisa lega soprattutto con Alaba che l'aiuta a inserirsi nel gruppo. Ma la minaccia è dietro l'angolo; c'è infatti un uomo perfido, Gigetto, di cui tutti hanno paura. Dal momento in cui Eno ha commesso un furto, tutti sono in pericolo.

Quasi in contemporanea con Io Capitano, Oltre il confine è un altro viaggio dall'Africa verso l'Italia.

Quello del film di Matteo Garrone è mostrato come un'odissea prima della traversata. Oltre il confine invece porta già i due protagonisti nel nostro paese, ma li trattiene in una specie di limbo, un luogo abbandonato dove si trovano assieme ad altri ragazzini e da dove non possono entrare né uscire. Io Capitano è caratterizzato da un secco realismo con dei frammenti visionari.

Al contrario il film scritto e diretto da Alessandro Valenti, co-fondatore di Scirocco Films e abituale sceneggiatore di Edoardo Winspeare di cui è stato co-sceneggiatore per Galantuomini, In grazia di Dio e La vita in comune, cerca un approccio diverso, soffermandosi sulle sofferenze e i sogni dei due protagonisti e sul loro legame. La parte iniziale, con l'immagine della madre morta avvolta in una coperta e portata sulla spiaggia e la scena in cui Bekisisa si carica sulle spalle Eno è promettente. Poi il film sceglie la strada di una fiaba nera, quasi una versione moderna di Pinocchio dove il cattivo Gigetto interpretato da Nicola Rignanese potrebbe essere l'incarnazione di Mangiafuoco mentre quella dell'attrice con la passioni per le api, portata sullo schermo da Iaia Forte, quella della fata turchina.

In Oltre il confine si sente la paura dei bambini ma nel film ci sono dentro troppi tocchi autoriali che lo fanno deragliare, dal gioco di ombre sotto la tenda, ai dialoghi di Bekisisa davanti al fuoco che cerca la madre fino agli alberi abbracciati. È un sentimentalismo ridondante e forzato, così come sono troppo caricati i membri della gang criminale di Gigetto, come nella scena in cui fanno irruzione nella fabbrica per rapire i bambini che è troppo sbrigativa e rapida nell'esecuzione.

Quella di Oltre il confine era già una storia che parlava da sé. Aveva bisogno di uno stile più secco, non necessariamente documentaristico, ma comunque più diretto. Il dolore era già nel volto di Bekisisa, senza la necessità del dettaglio delle lacrime. Ci sono ovviamente tutte le migliori intenzioni. Ma oltre al cuore c'era il bisogno di quella giusta distanza che invece non c'è. 