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Amerikatsi, la memoria doverosa del tragico genocidio armeno

Michael A. Goorjian, regista americano di origini armene, ha realizzato un film potente e onesto evocando uno dei più efferati delitti della Storia.
di Pino Farinotti

giovedì 18 aprile 2024 - Focus

Michael A. Goorjian, regista americano di origini armene, ha realizzato Amerikatsi, un film potente e onesto evocando uno dei più efferati delitti della Storia, il genocidio armeno. Il film è stato presentato in anteprima al Woodstock Film Festival e ha vinto il premio come “Miglior film narrativo”. E’ stato candidato agli Oscar fra i film in lingua straniera.  Sarà nella sale italiane in primavera.
Il regista è perfettamente accreditato per questo racconto. E’ un fatto di sua cultura personale e famigliare. I nonni del padre erano miracolosamente sopravvissuti a quello sterminio. Il ragazzo Charlie è protagonista del film. Mentre i soldati ottomani irrompevano nelle case e portavano via gli armeni, Charlie si salvò nascondendosi in un baule che il caso, straordinariamente fortunato, destinava ad essere trasportato negli Stati Uniti.

E’ davvero opportuno, prima di proseguire il racconto, produrre un’istantanea di quella vicenda armena. Col termine “genocidio” oppure “olocausto degli armeni”, si indicano le persecuzioni degli armeni, deportati e uccisi dall’impero ottomano nel biennio 1915/1916. I morti furono più di un milione e mezzo. Gli armeni commemorano quel massacro il 24 aprile. La notte fra il 23 e 24 aprile fu devastante. Vennero arrestatati personaggi della cultura e dell’élite sociale di Costantinopoli. Gli arresti si protrassero per diversi giorni. In un mese oltre mille intellettuali armeni, scrittori, giornalisti, docenti, delegati al parlamento, furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati durante il viaggio. Molti morirono di fame o per sfinimento. Erano presenti, per supervisione, ufficiali tedeschi collegati all’esercito turco. Gli storici rilevarono una analogia, una sorta di prova generale, fra quella marcia della morte, con le marce dei deportati ebrei verso i lager.

Ma il richiamo del Paese e del sangue è forte e Charlie, diventato uomo, decide di tornare nella sua terra. E’ il 1947 e quella nazione è soffocata da un oscurantismo che non fa prigionieri. Fa parte dell’impero sovietico con tutto ciò che il comunismo rappresenta. E’ l’inizio della guerra fredda e Stalin non intende tollerare focolai di democrazia o di affinità con l’Occidente, con L’America. Dunque la sua azione repressiva è impietosa. E Charlie sconta quella dura realtà e ne paga le conseguenze. Viene arrestato col pretesto di portare la cravatta, simbolo di cultura occidentale. Dalla prigione, osservando quel mondo, si rende conto del triste destino della sua terra d’origine. Ma non basta, il regime teme che i modi occidentali dello “straniero” possano influenzare gli altri detenuti e così lo relega in isolamento.  
Ma Charlie, dalla sua identità di uomo libero, cerca di capire. E ciò che scopre sono verità disumane e inaccettabili. 

Michael A. Goorjian ha espresso una visione di quella terra e del mondo che può essere estesa e misurata nella nostra epoca che vive, come non era mai accaduto, di contrasti fra mistiche, culture, Paesi, guerre, rese dei conti che per decenni erano state tenute sopite e che adesso sono esplose. Amerikatsi offre un’indicazione di resilienza onesta e profonda. Porta l’utente a ragionare sul nostro status attuale.
E’ ciò che devono fare le opere, che sia arte, cinema o scrittura.


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