Titolo originale | Dreissig |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania |
Durata | 120 minuti |
Regia di | Simona Kostova |
Attori | Henner Borchers, Övünç Güvenisik, Pascal Houdus, Raha Emami Khansari, Misha Lukashuk Kara Schröder. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 28 novembre 2019
Un gruppo di amici passa la notte tra le strade di Berlino.
CONSIGLIATO NÌ
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Cinque amici si incontrano a Neukölln, quartiere “alternativo” di Berlino, per festeggiare il compleanno di uno di loro: non un compleanno qualsiasi, ma quei trent’anni che dovrebbero sancire il passaggio definitivo all’età adulta. Peccato che nessuno dei cinque abbia ancora una vita stabile, professionalmente o personalmente: sono tutti single, dopo che due di loro - l’espatriato francese Pascal e l’attrice di origini mediorientali Raha, che indossa una t-shirt con la scritta “refugees welcome” - si sono appena lasciati. Pascal ha un buon lavoro ma sogna di trasferirsi a Tokyo; Raha fa l’attrice ma non ha ancora sfondato. Quanto agli altri, Kara è arrabbiata e confusa, Henner maschera dietro alla sua esuberanza clownesca una dark side che non tarderà a mostrarsi, e Ovi, il festeggiato, è uno scrittore in piena crisi da pagina bianca.
È proprio da un piano sequenza su Ovi che parte la narrazione di Thirty, opera prima di Simona Kostova, regista e sceneggiatrice bulgara trapiantata in Germania, e il virtuosismo di quella prima scena è il tallone d’Achille di un film impegnato soprattutto a mostrare ciò che Kostova ha imparato nelle scuole di cinema tedesche.
La sua notevole abilità dietro la cinepresa è messa in bella mostra, ma interferisce con una narrazione esile come le vite dei personaggi che racconta. Kostova ha una buona capacità di gestire la luce (e il buio: si pensi alla scena dell’illuminazione progressiva delle candeline sulla torta di compleanno di Ovi), il colore e i primi piani, ma spesso indugia sulle inquadrature oltre il necessario. Il suo studio di una generazione in preda all’horror vacui rischia lo stesso compiacimento narcisistico che manifestano i cinque protagonisti (che hanno gli stessi nomi propri dei loro cinque interpreti), creando un’aderenza fra forma e contenuto forse non del tutto volontaria. Il mondo boho chic di questi Peter Pan, cui si aggiungerà una ragazza meno problematica e onanista nel corso della serata, è fatto di vernissage modaioli e scatole cinesi che contengono il nulla, ma anche Thirty soffre di una simile inconsistenza, e la pretenziosità di certe situazioni e affermazioni (“Possiamo influenzare il nostro destino o è tutto già predefinito?”) diventa quella del racconto filmico stesso.
Così se da un lato la regista fotografa accuratamente uno spaesamento esistenziale che appartiene a molti giovani neotrentenni, attratti da una città giovane e multiculturale come Berlino, ma incapaci di tenere il passo con la sua velocità (anche se la attraversano in fretta, in bici o di corsa), dall’altro si attarda nella descrizione insistita della loro giornata a scapito di una storia che possa coinvolgere il pubblico. Forse l’elemento più interessante, cinematograficamente parlando, è la gestione del sonoro: un aspirapolvere sopra i titoli di testa, un frullatore che ottunde una conversazione (pseudo) esistenziale. Resta la capacità di Kostova di indagare i volti e i corpi dei suoi soggetti ai margini delle loro vite, l’agilità con cui passa dai primissimi piani ai campi lunghi (e viceversa) la determinazione a stare dentro la storia che racconta: per un film girato in 8 giorni con un budget di 5000 euro, è già qualcosa.