Little America

Film 2019 | Commedia

Regia di Tze Chun, Stephen Dunn (III), Sian Heder, Deepa Mehta, Bharat Nalluri, Nima Nourizadeh. Una serie Da vedere 2019 con Angela Lin, X. Lee, Justin Ahdoot, Madeleine Chang, Avril Lena Wei, Jamie Gore Pawlik. Cast completo Genere Commedia - USA, 2019, Valutazione: 3,5 Stelle, sulla base di 1 recensione.

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Ultimo aggiornamento venerdì 24 gennaio 2020

Otto storie vere di immigrazione in America. La serie ha ottenuto 2 candidature a Spirit Awards, 1 candidatura a Bafta TV Award,

Consigliato assolutamente no!
n.d.
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO
CONSIGLIATO SÌ
Una serie antologica per risvegliare l'empatia del pubblico per chi appare diverso, ma non lo è.
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 20 dicembre 2019
Recensione di Andrea Fornasiero
venerdì 20 dicembre 2019

Un ragazzino indiano rimane in America a gestire l'hotel di famiglia, mentre i genitori sono rimpatriati a forza. Una ragazza latino americana di famiglia molto povera scopre la passione per lo squash. Un ragazzo africano, cresciuto con il mito dei western, cerca di integrarsi nell'università americana. Una donna misteriosa partecipa a un ritiro in un centro di meditazione, dove si è fa voto di silenzio. Una ragazza africana mandata a studiare in America non riesce a cavare nulla dalla sua laurea, ma ai suoi biscotti non resiste nessuno. Una donna cinese realizza il suo sogno di trascorrere una vacanza in crociera con i suoi figli, che però sono molto meno entusiasti di lei. Un uomo iraniano compra un terreno per costruire la propria casa, nonostante sia occupato da una grande roccia che si convince di poter distruggere. Un giovane uomo siriano, omosessuale, viene scoperto dal padre e costretto a vivere in clandestinità nella sua terra, sognando l'America.

Otto storie di vita quasi ordinaria in otto episodi da circa mezz'ora, per raccontare le tante identità che compongono l'America delle città e pure della provincia.

La serie è prodotta dalla coppia di autori di The Big Sick: il matrimonio si può evitare, l'amore no: l'attore Kumail Nanjiani ed Emily V. Gordon, a cui si aggiunge il sempre bravo Alan Yang, noto come sceneggiatore di Master of None, più o meno sul medesimo tema, e pure di Forever per Amazon. L'intento è di portare sullo schermo un'antologia di storie vere, che risveglino l'empatia del pubblico per chi appare diverso ma è un essere umano esattamente come noi. Senza dimenticare la meraviglia per le imprevedibili casualità della vita.

Per evitare che il progetto sia avvelenato dalle controversie della politica, la serie decide di non affrontare direttamente la questione della crisi degli immigrati contemporanea, ma non è un caso che sia il primo episodio a inscenare una deportazione ingiusta, e la successiva indifferenza della presidenza repubblicana, per chiarire lo "schieramento" della serie.

Le storie scelte sono di tono piuttosto vario, alcune più leggere e altre più drammatiche, ma le più memorabili sono quelle che evitano l'usurato sogno americano, con il successo dell'individuo contro le avversità, per parlare d'altro. Anche perché le avversità le attraversano più o meno tutti gli immigrati e quindi il rischio è che gli episodi si facciano presto ripetitivi, ma è un pericolo di cui gli autori sono chiaramente ben consci. Così il primo episodio realizza e allo stesso tempo rende beffardo il trionfo del protagonista, il secondo e il terzo sono invece più tradizionali ma cercano di trovare un'identità nell'ironia.

Poi arriva il quarto, quasi interamente muto, ineffabile fino alla rivelazione conclusiva e attraversato da una leggerezza irresistibile, un gioiello che si stacca completamente dai precedenti e convince della bontà del progetto e della sua capacità di inserire variazioni anche spiazzanti. Gli ultimi quattro episodi pure alternano storie più ottimiste ad altre invece più amare o metaforiche, sempre trovando una genuina autenticità dei personaggi. In particolare l'episodio dedicato alla famiglia cinese in crociera è autobiografico, scritto e diretto dal figlio protagonista - che nel mentre è cresciuto ed è divenuto un regista.

Buoni, come ci si aspetta, i valori produttivi e a spiccare è soprattutto il casting, che aveva l'arduo compito di trovare volti per lo più sconosciuti, visto che gli attori di queste etnie non sono star a Hollywood, e fare in modo che funzionassero in una sola mezz'ora. Aiutano in qualche caso gli interpreti che partecipano in ruoli più o meno secondari, come Zachary Quinto nei panni del guru che non proferisce quasi parola, o come il bravissimo John Ortiz nelle vesti dell'allenatore di squash. L'episodio con la donna francese ha vita un po' più facile, perché può avvalersi di un'attrice bilingue come Mélanie Laurent, e il protagonista dell'ultima puntata è l'attore libanese Haaz Sleiman, che si è già visto in numerose serie e quindi risulterà probabilmente un po' familiare al pubblico. La maggior parte dei protagonisti sono invece pressoché mai visti prima e anche questo li rende credibili nell'incarnare la dignità degli immigrati che, a volte più o meno invisibili, vivono al nostro fianco.

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