Titolo originale | Les enfants d'Isadora |
Titolo internazionale | Isadora's Children |
Anno | 2019 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Corea del sud |
Durata | 84 minuti |
Regia di | Damien Manivel |
Attori | Agathe Bonitzer, Manon Carpentier, Julien Dieudonné, Marika Rizzi, Elsa Wolliaston . |
MYmonetro | 2,95 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 29 agosto 2019
Una donna riversa tutto il suo dolore nella danza.
CONSIGLIATO SÌ
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Una storia ispirata alla figura di Isadora Duncan, ballerina "di rottura" vissuta agli inizi del ventesimo secolo che perse i due figli in un tragico incidente e creò uno spettacolo basato sull'esperienza luttuosa di una madre. Un secolo più tardi, quattro donne entrano in contatto con la sua danza: una giovane ragazza parigina che decide di re-interpretare lo spettacolo, un'insegnante di ballo che cura la coreografia, un'adolescente che lo mette in scena, e un'anziana signora che assiste alla prima rappresentazione.
Può una composizione vecchia di un secolo, che racchiude il segreto di un forte dolore, schiudersi nel mondo contemporaneo attraverso la danza e toccare le persone giuste?
Attraverso un percorso annotato da cartelli, della durata di un paio di mesi, il regista Damien Manivel ripercorre questo filo con garbo estremo, in un'opera originale nello spirito quanto nella forma, che però finisce spesso per apparire pedante.
Molto poco parlato e rispettoso della solennità dei gesti, Isadora's Children è esigente con la pazienza dello spettatore, calato in un'atmosfera solitaria in cui sembra che ognuna delle quattro protagoniste sia l'unica persona al mondo, e in cui non esistono riferimenti se non le parole di Isadora Duncan lette su una pagina. "Non ho inventato questa danza", scrive l'artista, "è stata dormiente per secoli e il mio dolore l'ha risvegliata."
È con il passaggio da una donna all'altra che il film acquista profondità e va oltre il mero esercizio di stile. "Madre", la composizione di Duncan (la cui vita incredibile è valsa a Vanessa Redgrave una nomination all'Oscar nel biopic Isadora del 1968), e in particolare un passaggio che mima la presa di un bambino, diventa metafora di un processo meticoloso, ripetuto fino allo stremo. È nei brevi istanti di intermezzo che si scorge qualcosa di più su queste quattro vite, tra una telefonata fuori dalla scuola di danza e la dedizione di una ragazza che si ripete "posso farcela" allo specchio. Lentamente, le individualità si legano tra loro come le indicazioni sul libretto, per dar vita a una rappresentazione tridimensionale.
L'ultimo segmento è quello che meglio illustra pregi e difetti del film, facendo sentire il peso di ogni passo nel lungo cammino verso casa dopo lo spettacolo, e rendendo proprio per questo più significativa la replica della danza finale. Manivel, da uomo, si è dato il compito difficile di esplorare un riverbero tutto femminile di arte e sofferenza; il suo esperimento riesce a metà, con uno stile affettato che a volte limita il potere espressivo delle sue interpreti, ma che lascia intravedere il valore di una danza che non appartiene a nessuno, ma parla a tutti.
«Non ho inventato io la mia danza, esisteva molto prima di me. Era dormiente da secoli, e il mio dolore l'ha risvegliata». Sono parole di Isadora Duncan, pioniera della danza moderna la cui vita fu spezzata nel 1913 dall'incidente in cui morirono i suoi due bimbi, annegati nella Senna; da quel lutto, Duncan distillò un assolo intitolato Mother, vero protagonista di questo quarto lungo di Manivel.
dopo, quattro donne scoprono questa danza straziante. Damien Manivel, filmmaker con un passato di ballerino, approda con Les Enfants d'Isadora a un film espressamente sulla danza, costruito attorno alla figura della grande danzatrice Isadora Duncan e al tragico episodio della sua vita, avvenuto nell'aprile 1913, quando i suoi due figli annegarono nelle acque della Senna.
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