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Baby Gang, una rappresentazione grezza e brutale in chiaro stile pasoliniano

Un film che ha il pregio di mantenere la genuina sgradevolezza delle vicende raccontate, ma questo non basta. Da oggi al cinema. 
di Paola Casella

mercoledì 17 luglio 2019 - Recensioni

Giorgio e Marco sono teenager e amici fraterni. Entrambi fanno parte di una baby gang, ovvero un gruppo di ragazzi dediti alla piccola delinquenza quotidiana: furti, rapine, spaccio, botte ai tifosi delle squadre opposte, consumo dissennato di alcool e droghe, e in generale tutti quelli che a Roma vengono definiti “impicci”. La gang di Giorgio e Marco decide di allargare il proprio raggio d’azione alla baby prostituzione, “avviando” le amiche coetanee e inventandosi loro protettori, così come alla clonazione delle carte di credito, approfittando del fatto che Giorgio lavora come cameriere in una trattoria. Completa il quadro l’acquisto di quei “ferri” che rendono ancora più pericoloso l’operato dei baby gangster, e servono a derubare i clienti delle baby prostitute.

La periferia di Roma fa da sfondo a queste discutibili “gesta”, e l’assenza visibile di un tessuto sociale o famigliare (i padri sono quasi sempre assenti, prevalentemente perché “al gabbio”), di concerto con il degrado urbano, crea un habitat mefitico per la generazione dei figli perduti. E segna invariabilmente il loro destino.

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