joker91
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sabato 1 febbraio 2020
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un bellissimo film
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Una esperienza cinematografica di grande impatto emotivo come non se ne vedevano da tempo. Sam Mendes fa a livello produttivo quello che ha fatto a suo tempo Spielberg con SALVATE IL SOLDATO RYAN,in questo film però non c'è epica ne retorica ne siparietti vari. C'è solo una missione da portare a termine per evitare la morte di 1600 persone costretti alla guerra. Molto bello il cameo di Colin Forth,fotografia da oscar
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gadoraid
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venerdì 31 gennaio 2020
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sopravvalutato
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Sicuramento esco fuori dal coro ..ma a mio modesto parere il film è sopravalutato.Il piano sequenza non basta a farti immergere negli ambienti di guerra. In certi momenti sembra di essere piu' in un gioco della serie Call of Duty. Non me ne vogliano chi ha giudicato questo film con 5 stellette. Ho ancora negli occhi i rumori e i piano sequenza temporali del Dunkirk di Nolan che non aveva bisogno di sceneggiatura in quanto la sceneggiatura era tutta nella visione stessa.
Il film di Mendes manca di qualcosa. Non basta farti vedere le trincee, non basta farti vedere due ragazzi inespressivi che corrono impauriti tra le sortite dalle trincee.
Non basta.
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Sicuramento esco fuori dal coro ..ma a mio modesto parere il film è sopravalutato.Il piano sequenza non basta a farti immergere negli ambienti di guerra. In certi momenti sembra di essere piu' in un gioco della serie Call of Duty. Non me ne vogliano chi ha giudicato questo film con 5 stellette. Ho ancora negli occhi i rumori e i piano sequenza temporali del Dunkirk di Nolan che non aveva bisogno di sceneggiatura in quanto la sceneggiatura era tutta nella visione stessa.
Il film di Mendes manca di qualcosa. Non basta farti vedere le trincee, non basta farti vedere due ragazzi inespressivi che corrono impauriti tra le sortite dalle trincee.
Non basta. George McKay appare piu' nella parte rispetto a Dean Charles Chapman ma risulta alcune volte veramente inespressivo.
Penso ad un Di Caprio in un ruolo del genere. Manca la sofferenza vera, manca la tragedia vera nei solchi delle comparse di una guerra inutile e disastrosa. Tutto troppo ricostruito..troppo manieristico e autocelebrativo. Manca anche l'epicità dell'impresa. Manca un vero tuffo in un torrente freddo. Il sangue nei volti troppo finto.
Tutto molto abbozzato. Anche gli stessi topi sembrano troppo "topi". Molto probabilmente il film vincerà l'Oscar.
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savio 86
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mercoledì 29 gennaio 2020
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la nascita dell' "iperealismo digitale"
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Ciò che caratterizza “1917” di Sam Mendes (il regista di American Beauty per intenderci) è l’uso di un linguaggio cinematografico completamente nuovo.
Tutti noi abbiamo ancora negli occhi i racconti dei nostri nonni o di chi ha vissuto una guerra, qualunque essa sia: questi racconti non sono sempre le grandi imprese della Storia che leggiamo sui libri, a volte sono semplici episodi, più o meno secondari, oppure storie di vita quotidiana, viste con gli occhi di chi quelle vicende le ha vissute.
Sam Mendes mette lo spettatore nei panni di un soldato della Prima Guerra Mondiale e racconta un episodio, una semplice consegna di un messaggio ad un altro reggimento, facendoci immergere nella realtà della Grande Guerra.
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Ciò che caratterizza “1917” di Sam Mendes (il regista di American Beauty per intenderci) è l’uso di un linguaggio cinematografico completamente nuovo.
Tutti noi abbiamo ancora negli occhi i racconti dei nostri nonni o di chi ha vissuto una guerra, qualunque essa sia: questi racconti non sono sempre le grandi imprese della Storia che leggiamo sui libri, a volte sono semplici episodi, più o meno secondari, oppure storie di vita quotidiana, viste con gli occhi di chi quelle vicende le ha vissute.
Sam Mendes mette lo spettatore nei panni di un soldato della Prima Guerra Mondiale e racconta un episodio, una semplice consegna di un messaggio ad un altro reggimento, facendoci immergere nella realtà della Grande Guerra. La storia è semplice e lineare: il 2° reggimento rischia di cadere in una trappola e due semplici caporali del 7° reggimento, William Schofield e Tom Blake (interpretati rispettivamente da dai giovani George MacKay e Dean-Charles Chapman) devono raggiungere la nuova linea, dove è anche in servizio il fratello di Tom (Richard Madden), e consegnare l’ordine del Generale Erinmore (Colin Firth). Così inizia la storia e termina con la semplice consegna del messaggio al colonnello Mackenzie (Benedict Cumberbatch), attraverso il classico sistema delle peripezie (bisogna addentrarsi in territorio nemico con i tedeschi in ritirata).
Ciò che però è fenomenale è il modo in cui questa storia viene narrata: un piano sequenza di due ore, dove si seguono da vicino i due protagonisti, come se lo spettatore fosse il terzo uomo della spedizione: siamo di fronte ad un “iperealismo digitale” che porta alle estreme conseguenze le teorie cinematografiche del Dogma 95, epurandolo però di tutti quei fattori che ne compromettevano la fruibilità al grande pubblico.
Sono due gli elementi che caratterizzano la regia: da un lato un uso impeccabile del digitale, che permette una visione della scena “in prima persona”, dando l’illusione che la camera non stacchi mai per due ore (tranne una sola, funzionale, elissi - quando William perde i sensi), dall’altro Mendes abbandona un classico linguaggio cinematografico per usare le forme, i tempi, i movimenti e molti schemi narrativi, dei videogiochi “sparatutto in prima persona”.
Può sembrare un paradosso, ma quei principi del Dogma 95 (la camera in spalla, il punto di vista in prima persona, le lunghe sequenze) sono state applicate e perfezionate nel mondo videoludico, dove quelle stesse regole sono funzionali all’immedesimazione giocatore-personaggio, elementi che nei film degli ultimi 20 anni troviamo ma solo “accennati” per alcune scene (fa scuola qui “Il Cigno Nero” con le stupende scene di ballo a 360°).
L’obiettivo è quindi raggiunto: far rivivere gli orrori della Grande Guerra, i pericoli, il fango, le distese di cadaveri, il filo spinato, le trincee; il tutto dimostra come, nell’era digitale, si avanzi verso il livellamento dei linguaggi, con la scomparsa delle distinzioni nelle varie aree della comunicazione.
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mauridal
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mercoledì 29 gennaio 2020
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vince chi sopravvive..
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VINCE CHI SOPRAVVIVE dice l’ufficiale al soldato.
In una guerra dove esiste solo orrore e stupidità e tutti sanno che non c è un vincitore.
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VINCE CHI SOPRAVVIVE dice l’ufficiale al soldato.
In una guerra dove esiste solo orrore e stupidità e tutti sanno che non c è un vincitore. Le due guerre mondiali del novecento sono state solo orrore , macelleria , soprattutto stupidità dei governanti che le dichiarano e degli eserciti che le hanno eseguite . La prima grande guerra del 1915/18 , guerra di trincea è stata una vera macelleria umana dove i soldati sono stati mandati a morire nella maniera più atroce in cui i combattimenti erano solo dei massacri e mutilazioni dei corpi . La vera storia delle guerre combattute sul campo, non è mai stata scritta , e questo film cerca di raccontare la guerra del ’17 attraverso gli occhi sbarrati di un giovane tenente, dell ‘esercito inglese la sua incredulità dinanzi ai fatti di una guerra ,che lo travolge senza potersi opporre e che tuttavia alla fine ,accetta fino a portare a termine una missione disperata. Il film è una sola grande carrellata visiva non un vero piano sequenza unico e non interrotto ,ma questo non toglie nulla all’effetto di coinvolgimento dell’attenzione sul personaggio principale e pochi altri di appoggio . Dunque lo spettatore fin dalla prima scena punta lo sguardo sul protagonista e poi lo segue in una unica corsa fino alla fine della storia . La scelta formale è di un grande regista che sa fare cinema , tanto che la storia si racconta da sola , attraverso le azioni e i pensieri e gli scarni dialoghi del tenente poco più che un ragazzo , con in tasca la foto della giovane moglie e della figlia con la scritta torna a casa. Non un film dal pacifismo buonista e l’ovvio messaggio no alla guerra , ma credo un punto di vista efficace per il messaggio no alle guerre stupide e idiote volute da simili governi guidate da generali e militari di altrettanta qualità. Il generale , che nel film vuole mandare a tutti i costi al massacro una intera divisione ,non prestando attenzione ai nuovi ordini che il povero giovane soldato pure riesce a portare in tempo , è forse il simbolo dell’antimilitarismo che Sam Mendes vuole in ultimo suggerire ,poiché la battuta finale vince una guerra chi sopravvive dimostra che un vero vincitore , in una guerra non esiste. (mauridal)
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loland10
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mercoledì 29 gennaio 2020
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tempi e spasmi
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“1917” (id., 2019) è l’ottavo film del regista-sceneggiatore-produttore britannico Sam Mendes.
Il cinema (ri)disegna dei quadri e fa degli scherzi a tutti. Chi vede la finzione pensa di equipararla al reale e chi vuole raccontare il reale (non visto e sentito) sembra dire di riviverlo in corsa e successione senza tempi morti. Ecco che il cinema di Mendes sviluppa poco il contorno, annienta le pause e scaraventa il tutto in una sequela di andata,
Il tempo parte. In se nei tempi da ripresa. È il 6 aprile del 1917 quando parte il cronometro per il regista. Niente pause, solo attese e presunti silenzi.
Il nemico pare non esercizi mai, anzi il nemico è schivare pallottole e pensare di aiutare quando è in difficoltà (la scena dell’aereo in avaria).
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“1917” (id., 2019) è l’ottavo film del regista-sceneggiatore-produttore britannico Sam Mendes.
Il cinema (ri)disegna dei quadri e fa degli scherzi a tutti. Chi vede la finzione pensa di equipararla al reale e chi vuole raccontare il reale (non visto e sentito) sembra dire di riviverlo in corsa e successione senza tempi morti. Ecco che il cinema di Mendes sviluppa poco il contorno, annienta le pause e scaraventa il tutto in una sequela di andata,
Il tempo parte. In se nei tempi da ripresa. È il 6 aprile del 1917 quando parte il cronometro per il regista. Niente pause, solo attese e presunti silenzi.
Il nemico pare non esercizi mai, anzi il nemico è schivare pallottole e pensare di aiutare quando è in difficoltà (la scena dell’aereo in avaria). Anzi il nemico ti pugnala e vorresti aiutarlo: il gesto mortale è fuor inquadratura. Il sangue e la morte si incontrano. Da un aereo colpito e in caduta libera, inizia il vero film dell’ansia e del tempo che (s)corre sulla testa del film stesso.
6 Aprile 1917. Inizio, giorno mese e anno.
1, un piano sequenza che sembra unico. La maestria fa il resto; lo stacco in nero riesce a far cambiare inquadratura e ricominciare la corsa.
9, la prova de nove per un regista che sa sempre cosa fare; prima il film è dopo la storia o navigare, come un tuffo da piattaforma, dentro il corso della storia.
1, aggiungere uno zero per le candidature ai prossimi Oscar; o l’Academy ha preso un abbaglio o il film è di quelli da studiare, o sono tutti fuori di testa o questo registro britannico, da qualche lustro, la sa veramente lunga.
7, il numero di un ricordo e di un racconto, il numero di una corsa che non si ferma mai fino all’arrivo. Alla chiusura dello schermo pare ancora correre tutto mentre immaginiamo Mandes che esce dallo schermo (‘una rosa purpurea della trincea e di un comando imperioso’) e insegue noi comuni spettatori oltre la sala.
Incipit di avvicinamento in un verde anomalo e un fruscio leggero e tranquillo.
La ripresa si ferma sui volti, poi indietreggia e indica la strada per i due fino ad una trincea dove si parte per un incontro, un comando e una corsa senza pausa.
Dentro una trincea per fuggirne, incontro al nemico che di vede poco, terra di nessuno, colori affumicati, acque putride, cadaveri sotto e per galleggiare, ruderi e stanze impolverate, resti e cenere, fuochi e spari, silenzi e carovane da prendere.
Caporale uno: William caparbio e sfinente, solido e sognante; arriva all’incontro; Caporale due: Tom amico e intenso, forte e solidale; è dentro la corsa dell’altro.
Film in ammanto crepuscolare dove cielo, polvere e freddo sono in carreggiata perenne. Dove ogni gesto di ripresa è dentro il set che scorre al nostro sguardo. Dove i nostri occhi e i nostri corpi sono in sintonia con tutto.
Le sequenze seguono le ombre morenti di commilitoni e due in fuga da un pericolo
Storia: è l’ordine da eseguire, portare un dispaccio importante per bloccare la morte sicura di oltre 1600 ragazzi nell’attacco ai tedeschi che strategicamente si sono ritirati oltre la Linea Hindenburg. I due soldati britannici William e Tom hanno il compito di portare il messaggio: la loro corsa è contro il tempo nel mezzo della terra non amica.
Uso della storia: il regista opera un servizio a se stesso per raccontarla senza quasi mai farla vedere; pochi attimi, qualche gesto, un aereo, fuoco e incendio e la corsa fra l’assalto (una scena di grandissima intensità e girata in grande spolvero registico). La storia pare sospesa tra la tecnica pura e la polvere continua
Simboli: la polvere, il fango, l’acqua, il filo spinato, i cadaveri, le pallottole, la posizione, il buio, lo schermo nero, il topo, il salto, le pietre, l’elmetto e il pugnale. Tutto contribuisce come il cielo consunto e la luce scevra di desiderio come di farsi vedere (e farci vedere), come il manto verde iniziale (‘torneranno i prati’ di Ermanno Olmi è una speranza del dopo ma quasi circolare nella follia di una guerra); poi una ragazza e una neonata che si incontrano sotto la bufera in una città spettrale con un incendio da cardiopalma.
Piano sequenza (idea): il piano sequenza unico non c’è, la struttura sembra unica ma restano degli stacci. Certo i tempi e il tempo non corrispondono alla durata del film. Sarebbe stato un qualcosa di eccezionale.
Corsa folle: è lo spettatore che viene coinvolto appieno, follemente fino alla trincea giusta (tra assalti e polvere ovunque).
Ansia e incontro: l’arrivo e il saluto, il fratello e il tenente Blake, il respiro di una vita e l’emozione repressa. Fine di una corsa e incontro frontale, la camera si muove sempre ma lì il contatto umano è essenziale, statuario e commovente.
Cast: George MacKay (William Schofield) e Dean-Charles Chapman (Tom Blake) sono I due soldati votati alla prova attoriale di grande impegno. Riescono con capacità e forza volitiva; si deve dire che tutte le parti sono convincenti con atti ‘retorici’ quasi dovuti. Si ricordano Mark Strong (capitano Smith), Andrew Scott (tenente Leslie), Colin Firth (generale Erinmore) e Benedict Cumberbatch (colonnello MacKenzie).
Fotografia di Roger Deakins: di grande livello, pare e no solo, inneschi l’ansia del film con chiaroscuri opprimenti, grigi fendenti e bui trapelanti; e il fuoco pare un diversivo distruttivo di ogni riuscita e di ogni folle corsa. Un fuoco che arde dentro al sergente che bon si perde d’animo e ricomincia a macinare passi veloci per arrivare al battaglione giusto....
Musica di Thomas Newman: focale e focosa, silente e viscida, rantolante e angusta.
Regia di Sam Mendes: maniacale, intensa, laterale e attorno, dentro l’elmetto.
Voto: 7½ (***½) -cinema di scontro, persuasivo-
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foffola40
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mercoledì 29 gennaio 2020
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coraggio disperato
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Il soldato eroe che riesce a portare a termine l'ordine del generale appare quasi invincibile nei vari e lunghi attraversamenti dei terreni in mano ai nemici: rischiosi, senza cibo, senza riposo con la morte sul collo. Il suo compagno d'arme che più di lui credeva nella consegna ricevuta, anche perchè desideroso di incontrare il fratello in guerra proprio nella compagnia che dovevano raggiungere, muore nell'aiutare un pilota nemico abbattuto. Quindi non resta che proseguire da solo, aveva promesso all'amico di incontrare il fratello e di scrivere a sua madre. Amicizia, amore per la vita, onore militare. Molto ritmo, molta tensione, bella musica.(foffola40)
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mtom83
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mercoledì 29 gennaio 2020
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action movie sulla prima guerra mondiale.
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Sam Mendes propone un action movie sulla Grande guerra: scelta di per sè curiosa e forse discutibile, considerando il carattere di guerra statica e di trincea del primo conflitto mondiale.In tutti i casi quello che nel film funziona è certamente la scelta stilistica e il comparto tecnico: Il lungo piano sequenza e la regia claustrofobica nelle trincee restituisce un'immedesimazione totale dello spettatore nella narrazione, la fotografia è decisamente riuscita e alcune scene sono memorabili per impatto visivo e realizzazione, mentre tutto il comparto audio rende anch'esso l'atmosfera di guerra. La prima mezz'ora del film, con l'azione nella terra di nessuno e l'entrata nelle trincee nemiche è un piccolo capolavoro di realizzazione tecnica e realismo di guerra, che si saldano al genere action in maniera abbastanza naturale.
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Sam Mendes propone un action movie sulla Grande guerra: scelta di per sè curiosa e forse discutibile, considerando il carattere di guerra statica e di trincea del primo conflitto mondiale.In tutti i casi quello che nel film funziona è certamente la scelta stilistica e il comparto tecnico: Il lungo piano sequenza e la regia claustrofobica nelle trincee restituisce un'immedesimazione totale dello spettatore nella narrazione, la fotografia è decisamente riuscita e alcune scene sono memorabili per impatto visivo e realizzazione, mentre tutto il comparto audio rende anch'esso l'atmosfera di guerra. La prima mezz'ora del film, con l'azione nella terra di nessuno e l'entrata nelle trincee nemiche è un piccolo capolavoro di realizzazione tecnica e realismo di guerra, che si saldano al genere action in maniera abbastanza naturale. Cosa non va allora in "1917"? il problema è che l'equilibrio della prima parte, che con il giusto mix avrebbe garantito un risultato davvero notevole, nella seconda ora del film si perde per sbilanciarsi troppo sulla componente action, generando scene poco credibili e in generale facendo perdere spessore alla narrazione. In questo senso 1917 ripercorrere le orme di altri celebri film di guerra (salvate in soldato ryan e full metal jacket) impressionando maggiormente per il comparto visivo, mentre la scelta di privilegiare l'azione, come detto, ha ricadute significative sulla sceneggiatura, che diventata ossificata ha il rischio clichè dietro l'angolo...clichè che si materializzano in più momenti del film abbassando inevitabilmente il valore dell'opera e il mio giudizio.
Per concludere: "1917" resta un'opera molto apprezzabile e godibile come esperienza estetica e di intrattenimento, meno sotto il profilo dello spessore narrativo e del realismo storico, aspetti che risultano sacrificati nel complesso del film.
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antonio baldini
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mercoledì 29 gennaio 2020
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un esercizio di stile senza arte
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Per carità, ottima regia (unico piano sequenza girato con maestria), ottima la scenografia che non si astiene dal ritrarre anche la "crudità" della guerra coi suoi morti e cadaveri, buona la colonna sonora
Ma la sceneggiatura?
La trama è talmente banale che sembra unicamente un pretesto per fare iniziare il film (una missione da portare a termine, un territorio ostile, un fratello da salvare, un comandante arrogante, una coppia di amici che da come è presentata capisci subito che uno dei due sarà destinato a morire...)
Il film prosegue senza approfondire nessun evento; non ci si può nemmeno appellare al fatto che il film voglia esaltare la freddezza della guerra perchè non c'è nemmeno introspezione dei personaggi, ma rimane sui clichè.
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Per carità, ottima regia (unico piano sequenza girato con maestria), ottima la scenografia che non si astiene dal ritrarre anche la "crudità" della guerra coi suoi morti e cadaveri, buona la colonna sonora
Ma la sceneggiatura?
La trama è talmente banale che sembra unicamente un pretesto per fare iniziare il film (una missione da portare a termine, un territorio ostile, un fratello da salvare, un comandante arrogante, una coppia di amici che da come è presentata capisci subito che uno dei due sarà destinato a morire...)
Il film prosegue senza approfondire nessun evento; non ci si può nemmeno appellare al fatto che il film voglia esaltare la freddezza della guerra perchè non c'è nemmeno introspezione dei personaggi, ma rimane sui clichè. I tedeschi sono tutti cattivi, gli inglesi sono buoni e i francesi si fidano, il protagonista non desidera medaglie ma vorrebbe tornare a casa. Non c'è tempo per soffermarsi su nessun aspetto della storia perchè in realtà ogni cosa che succede sembra solo uno stratagemma per non fare annoiare il pubblico e continuare con il piano sequenza, non ha una vera importanza
Dopo questa lunga carrellata di eventi a sè stanti si arriva al finale che è talmente scontato che gli stessi personaggi sembrano quasi imbarazzati; sono talmente abbozzati che sono incapaci di trasmettere una qualunque emozione
Sinceramente ve lo sconsiglio; non lo paragonerei nemmeno a un videgioco perché a meno di confrontarlo con un Super Mario (trama: Mario deve salvare la principessa da Bowser e alla fine ci riesce) in genere hanno trame più complessse
Questo film è come quando si fa una bella foto alla torre di Pisa o al colosseo; può essere anche bella ma è totalmente impersonale
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[+] un'esperienza di immersione visiva e amplificata
(di antonio montefalcone)
[ - ] un'esperienza di immersione visiva e amplificata
[+] assolutamente d'accordo
(di no_data)
[ - ] assolutamente d'accordo
[+] lo riguardi quando è di buon umore
(di no_data)
[ - ] lo riguardi quando è di buon umore
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flaw54
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martedì 28 gennaio 2020
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bel film
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Film bellissimo per alcune scene veramente riuscite ( i soldati inglesi che cantano nel bosco, la discesa nel fiume, il percorso nelle trincee.....). Coinvolgente il piano sequenza con cui seguiamo gli spostamenti dei protagonisti e pregevoli le interpretazioni degli attori. Se devo ricercare un limite lo trovo in alcune incongruenze, una su tutte il misterioso Arrigo di una colonna di soldati in un luogo che doveva essere libero, perché i tedeschi si erano da poco figura di. Ma secondo me questi aspetti sono superabili all'interno di un'opera viva che purtroppo ti mette a contatto con la morte el'assurdità della guerra.
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inesperto
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martedì 28 gennaio 2020
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scenario dalla guerra di trincea
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Gran bel war movie che pesca in parte da Apocalypse Now ed in parte da Salvate il soldato Ryan. Il piano-sequenza continuato sulle vicende del nostro caporale è davvero eccezionale: lo spettatore è immerso totalmente dentro il grande schermo ed è partecipe di ogni momento di tensione. In effetti, non si riesce mai a prendere fiato durante la proiezione. Le ambientazioni sono perfette ma la lente del regista evidenzia anche il senso di responsabilità del protagonista per il fondamentale compito che deve portare a termine, in condizioni quasi impossibili ma per un obiettivo di drammatica importanza. Molto potente il breve momento di calore che egli vive riparandosi in una casa semidistrutta in mezzo alle bombe, all'interno della quale si nascondono una donna ed una neonata.
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Gran bel war movie che pesca in parte da Apocalypse Now ed in parte da Salvate il soldato Ryan. Il piano-sequenza continuato sulle vicende del nostro caporale è davvero eccezionale: lo spettatore è immerso totalmente dentro il grande schermo ed è partecipe di ogni momento di tensione. In effetti, non si riesce mai a prendere fiato durante la proiezione. Le ambientazioni sono perfette ma la lente del regista evidenzia anche il senso di responsabilità del protagonista per il fondamentale compito che deve portare a termine, in condizioni quasi impossibili ma per un obiettivo di drammatica importanza. Molto potente il breve momento di calore che egli vive riparandosi in una casa semidistrutta in mezzo alle bombe, all'interno della quale si nascondono una donna ed una neonata. Le esigenze di trama hanno posto in primo piano il solo MacKay, alternandogli vicino vari attori nello svolgersi della pellicola, da Colin Firth a Benedict Cumberbatch (gran peccato aver potuto vedere per così poco un simile talento), passando per altri. Di pregevole fattura, il film merita il clamore che lo attornia.
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