1917

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Istantanea di 1917 Valutazione 4 stelle su cinque

di CineFoglio


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domenica 26 gennaio 2020

Dalle memorie del nonno, Sam Mendes rievoca un capitolo buio e atroce della storia europea, inseguendo, o sovrapponendosi, alla disperata missione di due giovani caporali del reale esercito nelle pianure nord francesi lungo la Hindenburg Line.
 
La tradizione della cinematografia di guerra non solo si preoccupa di spettacolarizzare l’ingenuità umana e le barbarie del campo, ma ci regala una vivida ricostruzione di un passato che è necessario ricordare: esperienze vissute e mutilate da intere generazioni al fronte, confinate in trincee (in)umane con la sola speranza di non essere maciullati dalla raffica della mitraglia.
 
La storia-episodio del 6 Aprile è sorretta da una sceneggiatura al limite della semplicità. Una corsa contro il tempo, un roller coaster da punto-A a punto-B nell’arco di poco meno di una giornata.
 
Oltremodo semplice, invece, la messa in scena del film incorniciata in un unico ed interminabile piano sequenza con l’intento – pensando a classici del 1998 come Salvate il Soldato Ryan e la Sottile Linea Rossa – di immergere lo spettatore nell’azione, quasi ad emulare una esperienza in realtà virtuale a 360°. L’effetto finale è irresistibile e coinvolgente: un POV con palpitazioni da horror-movie che guada fiumi e sorpassa reticolati in uno scenario desolato e post-apocalittico. Il tutto arricchito da sublimazioni visive che Roger Deakins (Skyfall, Sicario, Blade Runner 2049) ricama in una apparente calma e nebbiosa pianura. 
 
Ricostruzione storica, vestiti ed oggettistica sono al top - ad esempio le divise di fanteria dalle mille tasche per nascondere missive ed i valori più cari - come le musiche ed i suoni della battaglia, quelli della “quiete prima della tempesta” in armonia tra l’epico ed il nostalgico. La recitazione vanta un cast britannico d’eccezione fatto più di temporanee performance o camei che marcano i mini archi narrativi della “corsa”. 
 
1917, data la natura della sua scrittura semplice ed essenziale, impatta sul pubblico più che con un articolato storytelling narrativo, con l’encomiabile apparato tecnico-visivo con cui è costruito – che va a definire il drama della pellicola. Infatti, le condivisioni sentimentali dei protagonisti, se non di tutti i personaggi, vengono messe in secondo piano rispetto al senso del dovere per la patria ed alla dedizione per il bene comune del fronte - mostrataci anche nei momenti dedicati al lutto. Non mancano, di certo, sequenze di pura empatia emotiva, dal post aereo tedesco al religioso silenzio contemplativo della canzone del bosco. 
 
Prendendo le distanze dal recente Dunkirk, 2017, affine per tematiche e per il ricercato feedback dello spettatore (anche se il crescendo zimmeriano viene a tratti citato da Thomas Newman), il war movie di Mendes fa del montaggio tout court la sua essenza e novità dove l’editing è inesistente ed il raccordo tra i fotogrammi è pressoché perfetto - in realtà micro tagli nei vari take sono stati fatti e poi, in post produzione, perfettamente ricongiunti in un unico flusso d’immagini senza stacco. 

Il tempo è un altro elemento d’analisi di questo 1917 poiché il piano sequenza infinito ci porta a seguire e vivere gli eventi in una scala di tempo reale (dell’azione) e quello percepito (visione) di 1:1. La complessità di questo approccio è stata nel comprimere il tempo reale di Schofield e Blake in quelle della lunghezza del film grazie ad escamotage come la perdita di coscienza e la riapertura sul nero – anche se, personalmente, non eccellono come il superamento della collina e l’arrivo alla fattoria o il successivo “breve” tragitto in camion fino al ponte distrutto. 
 
Il tempo reale viene compresso e “mascherato”, nascosto da time-lapses che marcano il ritmo della narrazione ed estendendo il tempo d’azione di William e Tom. 
Allo stesso tempo, seppur ben reso, questo approccio può generare l’esatto opposto di un’immersione totale e verosimile nell’azione. Svelato il patto tra il film e l’audience, ci si accorge che certe sequenze possano insospettire nella loro ostentata veridicità quasi a rendere intere scene più simili a dei “caricamenti”, tipici dei giochi da console, tra un’area e l’altra - la citazione ai giochi non è fuori luogo visto che la tecnica tipica di 1917 (similmente al recente Birdman, 2014) è stata sperimentata nell’ultimo titolo della saga di God of War.
 
1917 è indubbiamente un film maestoso veicolato da un duplice, se non singolo, punto di vista che sovrappone lo spettatore al protagonista al centimetro, creando un girato in perenne soggettiva per la maggior parte riuscito, anche se a volte possa risultare artificioso, con una potenza delle immagini-suono che lo rendono un instant classic del genere. 
 
25/01/2020

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