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Un affare di famiglia: il sangue non vale, il sangue… mente

Kore'eda racconta un quotidiano strappato ora per ora, che finisce per creare un legame dalla forza misteriosa, che sorpassa tutto, crimini compresi. Palma d'Oro a Cannes e dal 13 settembre al cinema.
di Pino Farinotti

Un affare di famiglia

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Miyu Sasaki . Interpreta Juri nel film di Kore'eda Hirokazu Un affare di famiglia.
giovedì 23 agosto 2018 - Focus

Il Festival di Cannes ha attribuito la Palma d'Oro 2018 a Un affare di famiglia, del giapponese Kore'eda Hirokazu. Un riconoscimento così importante, anzi, il più importante sul piano del cinema inteso come cultura, è legittimo che aprisse un orizzonte infinito di letture, di discussione, persino di Storia. Il film non è facile, l'autore non concede niente, il suo stile non fa prigionieri, l'unica concessione è a se stesso e alle indicazioni che intende portare. Che non hanno confini, appunto. "Gruppo di famiglia in un interno" ma è un interno stipato, angusto, persino sordido, dove alcuni adulti e un bambino vivono nella sporcizia, coi materassi a terra, negli odori della cucina, un micromondo sporco. Per la sopravvivenza si fanno furti nei supermercati. Poi c'è la "nonna", il perno di tutto. L'uomo di casa è Osamu, che una notte raccoglie una bambina abbandonata, Aki, che entra a far parte del gruppo.

Il regista racconta dunque di una famiglia che famiglia non sarebbe, nessuno è legato all'altro dal sangue. Quel quotidiano strappato ora per ora, finisce comunque per creare un legame dalla forza misteriosa, che sorpassa tutto, crimini interni compresi.
Pino Farinotti

Questa visione fa parte della tradizione giapponese, che nelle epoche ha fatto irruzione nel cinema portando contenuti sconosciuti, avvenne nei primi anni cinquanta, quando l'occidente si accorse che molto lontano viveva una cultura cinematografica diversa ma avanzata. Fu quando a Venezia arrivò Kurosawa col suo Rashomon che incantò tutti e vinse il Leone d'Oro, e pochi mesi dopo anche l'Oscar. È solo un indizio perché poi i giapponesi hanno reinventato e dominato l'animazione, e rivisitato e imposto agli inventori occidentali la violenza estrema.


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In foto una scena del film Un affare di famiglia.
In foto una scena del film Un affare di famiglia.
In foto una scena del film Un affare di famiglia.

E non può non ricorrere un nome decisivo, il contrappasso è automatico. Trattasi di Yasujiro Ozu, il gran maestro che nel 1953, firmando Viaggio a Tokyo, raccontando una vicenda di assoluta semplicità, diede un'indicazione del senso della vita e di uno stile di cinema. Non è certo un caso che quel film tenga le primissime posizioni di tutte le classifiche del cinema. È una storia di famiglia. Due anziani genitori raggiungono Tokyo per avere notizie dei figli. L'accoglienza è triste, il primogenito e la sorella hanno altro da fare, non sanno come gestire quel problema. È la nuora, vedova del secondo figlio, che li accoglie, che cerca di spiegare e giustificare. La nuora, che non ha lo stesso sangue. Come il gruppo del micromondo di questi anni. I due vecchi di Tokyo affrontano l'incomprensione, la durezza dei figli e non possono che prenderne atto. È il Giappone a pochi anni da Hiroshima, tutto è stato stravolto, vita, cultura e tradizioni. La famiglia paga il grande smarrimento.

Ozu, che una commissione di soli registi ha indicato come "il più grande autore di cinema di sempre" aveva inteso tutto e lo dichiarava, e Kore'eda raccoglieva il testimone.
Pino Farinotti

L'atomica del 1945 è troppo a fuoco, e sussiste, non solo un "bang" reale, ma un vero big bang etnico, che ha determinato civiltà e destini. Hiroshima non ti lascia mai del tutto libero. Il Giappone di oggi, che nelle epoche ha rincorso e superato l'antico nemico, è quello delle grandi ricchezze, della finanza che condiziona le borse del mondo, è quello del contrasto immane, dove, dalle case di bambù alzi lo sguardo e vedi le torri più alte di quelle di New York. Ma è anche quello del gruppo di famiglia di Kore'eda. Tutto resettato, anche nella genetica, e con piccolo paradosso si può dire: il sangue non vale, meglio, il sangue... mente. La famiglia la si fa in altri modi.


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