mauro
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domenica 9 dicembre 2018
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la leggenda di mercury
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Il film non si discosta molto da quelli riguardanti la vita delle star della musica che lo hanno preceduto, ovvero: si propongono di fare una biografia esaustiva e possibilmente non banale della vita di un gruppo musicale, o di un solista ed inevitabilmente affondano in una narrazione antologica, per la verità in questo anche sbagliata, in alcuni casi, di fatti ormai arci noti, in una invenzione di dialoghi molto privati che nessuno può aver riportato, perchè come in questo caso non c'erano testimoni e alcune persone tirate in ballo sono pure decedute da ormai molti anni. Si tende a mitizzare ancora maggiormente qualcosa che non ha bisogno di trovare ua dimensione superiore a quella che abbia già, voglio dire: c'è forse bisogno di lucidare il tesoro dei Queen? Ma non penso proprio, si lustra automaticamente tutte le volte che si apre lo scrigno della loro fantastica musica.
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Il film non si discosta molto da quelli riguardanti la vita delle star della musica che lo hanno preceduto, ovvero: si propongono di fare una biografia esaustiva e possibilmente non banale della vita di un gruppo musicale, o di un solista ed inevitabilmente affondano in una narrazione antologica, per la verità in questo anche sbagliata, in alcuni casi, di fatti ormai arci noti, in una invenzione di dialoghi molto privati che nessuno può aver riportato, perchè come in questo caso non c'erano testimoni e alcune persone tirate in ballo sono pure decedute da ormai molti anni. Si tende a mitizzare ancora maggiormente qualcosa che non ha bisogno di trovare ua dimensione superiore a quella che abbia già, voglio dire: c'è forse bisogno di lucidare il tesoro dei Queen? Ma non penso proprio, si lustra automaticamente tutte le volte che si apre lo scrigno della loro fantastica musica. Del resto è questa la parte che accende l'entusiasmo dello spettatore, la nostalgia di non avere avuto ancora la possibilità di godere della genialità di questo gruppo musicale. Non mi è piaciuta per niente la lettura che viene data del personaggio Mercury, in rapporto con il gruppo, sì è detto abbiano collaborato attivamente alla pellicola, beh allora io non ci casco, qui sembrano chierichetti dediti alla famiglia e alla musica, morigerati lavoratori che lavorano e poi vanno a letto la sera presto dopo aver raccontanto la favola ai figli, mentre Mercury un egoista sesso dipendente, malato di solitudine. Mmmm a me sembra che si sia fatto un torto più che un omaggio al leader dei Queen, sono stati scorretti. Una brava persona non toglie la maschera in pubblico ad un amico, specialmente se questo non c'è più e non si può difendere, prima di tutto perchè è scorretto e secondariamente è solo la sua versione dei fatti è quindi anche un'operazione piuttosto arrogante e presuntuosa. Diciamolo questo film è memorabilia!!! Questa abitudine di ricreare le ambientazioni perfette di un certo periodo storico, o, come in questo caso ricercare somiglianze stupefacenti con gli originali, anche se nel caso di Mercury, riuscita a metà poichè fino ad una certa data aveva molto più fisico del protagonista, ormai non sa più di niente, oggi è facile affidarsi a professionisti in grado di ricreare perfettamente qualsiasi momento storico, non stupisce più questa abilità e poi è una carta regalo, il succo è altrove e qui non c'è. Il problema è che non si riesce ad accettare che dietro al rock star ci sia un uomo, si deve per forza guardargli dentro, sezionarlo, non ci bastano i Queen? Dobbiamo avere per forza una cronologia perfetta degli eventi? Per farci cosa? Per capire magari il segreto del loro talento? Eh mi dispiace non c'è un segreto, ci si nasce, oppure no, punto! Il film è bello nei momenti musicali perchè i Queen erano indiscutibilmente fantastici. Per il resto mi è sambrata l'ennesima operazione, poco artistica e molto economica di accendere i riflettori per vendere dischi e sfruttare ancora una volta l'immagine di Freddie.Invece di vedere il film consiglio di mettere sullo schermo un bel live vero dei Queen, molto meglio! Volete sapere chi era Freddie Mercury, ecco era quello lì, a me basta e avanza!
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rmarci 05
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venerdì 31 maggio 2019
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un biopic furbo, piatto e stereotipato
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Atteso con grande trepidazione dai fan dei Queen di tutto il mondo e preceduto da una pubblicità enorme da parte dei mass media, Bohemian Rhapsody ha spaccato in due la critica: elogiato da alcuni come un film meravigliosamente emozionante e nostalgico, nonché tecnicamente impeccabile, e stroncato da altri, che lo hanno definito come un film piatto, frettoloso nella sceneggiatura, superficiale e molto, troppo, furbo. Personalmente, mi trovo d'accordo con la seconda metà della critica: nonostante il film si avvalga di un montaggio ineccepibile grazie a cui la musica dei Queen buca lo schermo e fa tremare la sala cinematografica, la sceneggiatura tragicamente approssimativa lo rende prigioniero dei molteplici stereotipi che caratterizzano ormai molti biopic moderni: il modo con cui viene affrontata la personalità di Freddie Mercury risulta costantemente banale e privo di spessore, elemento causato anche dall'interpretazione altalenante di R.
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Atteso con grande trepidazione dai fan dei Queen di tutto il mondo e preceduto da una pubblicità enorme da parte dei mass media, Bohemian Rhapsody ha spaccato in due la critica: elogiato da alcuni come un film meravigliosamente emozionante e nostalgico, nonché tecnicamente impeccabile, e stroncato da altri, che lo hanno definito come un film piatto, frettoloso nella sceneggiatura, superficiale e molto, troppo, furbo. Personalmente, mi trovo d'accordo con la seconda metà della critica: nonostante il film si avvalga di un montaggio ineccepibile grazie a cui la musica dei Queen buca lo schermo e fa tremare la sala cinematografica, la sceneggiatura tragicamente approssimativa lo rende prigioniero dei molteplici stereotipi che caratterizzano ormai molti biopic moderni: il modo con cui viene affrontata la personalità di Freddie Mercury risulta costantemente banale e privo di spessore, elemento causato anche dall'interpretazione altalenante di R. Malek che, nonostante sul palco non faccia rimpiangere il mito della musica, nelle scene dialogate è limitato da un trucco eccessivo che annulla qualsiasi forma di espressività. I cliché sono ben visibili anche nei dialoghi poco convincenti e nella raffigurazione delle relazioni omosessuali della star. Ciò che mi ha infastidito di più però è l'elevato tasso di furbizia con cui il regista tratta il film, indirizzandolo principalmente alla generazione che è cresciuta con la voce di Mercury, per assicurarsi l'accesso facile ai futili Premi Oscar nonché lo straordinario successo al botteghino. Per fare ciò inoltre concentra tutta l'attenzione sulla figura carismatica del protagonista che, dopo i primi tre quarti d'ora, prende totalmente il sopravvento sugli altri membri del gruppo, che si riducono a personaggi appena abbozzati. Insomma un film nostalgico, che però, nella sua abile operazione di ricostruzione di un'icona, tralascia quasi totalmente l'aspetto cinematografico, finendo per essere, almeno sotto quel punto di vista,
un parziale disastro. Nonostante questo, comunque, possiede delle qualità, come la magistrale scena finale al Live Aid, la qualità del montaggio sonoro e della colorata fotografia, oltre all'innegabile coinvolgimento emotivo.
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volont�78
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venerdì 21 febbraio 2020
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passo falso
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L'ennesima opportunità sprecata,per poter raccontare nel modo più degno possibile una band storica.Invece il messaggio che traspare,è superficialtà a tutti i livelli.
In primis la storia,sin da subito troppo fallace,per niente credibile,anche per lo spettatore che conosce poco o nulla la vita privata di Mercury.Focalizzare il tutto sul ripudio delle sue origini e soprattutto sulla sua omosessualità,fa precipitare la pellicola in una stucchevole e noiosa rappresentazione di momenti trash con abbellimenti kitsch.Per non parlare di Rami Malek.
Nulla da eccepire sulla professionalità e l'impegno,ma ciò che appare sullo schermo sin dalle prime inquadrature,non può che indurre ad un mix di sensazioni che vanno dall'imbarazzo,per proseguire con il ridicolo sino a terminare con l'involontariamente comico.
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L'ennesima opportunità sprecata,per poter raccontare nel modo più degno possibile una band storica.Invece il messaggio che traspare,è superficialtà a tutti i livelli.
In primis la storia,sin da subito troppo fallace,per niente credibile,anche per lo spettatore che conosce poco o nulla la vita privata di Mercury.Focalizzare il tutto sul ripudio delle sue origini e soprattutto sulla sua omosessualità,fa precipitare la pellicola in una stucchevole e noiosa rappresentazione di momenti trash con abbellimenti kitsch.Per non parlare di Rami Malek.
Nulla da eccepire sulla professionalità e l'impegno,ma ciò che appare sullo schermo sin dalle prime inquadrature,non può che indurre ad un mix di sensazioni che vanno dall'imbarazzo,per proseguire con il ridicolo sino a terminare con l'involontariamente comico.Assolutamente oltraggioso l'eccessiva protuberanza della dentatura e le infamanti battutine su tale difetto.
Per concludere,una domanda sorge spontanea.
Il progetto supervisionato dal resto della band,cosa voleva restituire al pubblico dell'immagine del gruppoo la figura di Mercury?Rispettando le soggettive valutazioni di chi guarda e soprattutto osserva,ciò che resta di una delle più gloriose band del mondo,è una percezione negativa di primeggiare a tutti i costi tra i componenti stessi.
Definirlo un clamoroso passo falso è più un dovere umano alla memoria oltraggiata di Freddy.
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cristiano catalini
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lunedì 3 dicembre 2018
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i still love you
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Chi è in cerca delle prove della grandezza dei Queen, e di quel formidabile frontman che è stato Freddie Mercury, resti a casa, metta su un qualunque disco della band Inglese, e si perda tra le note. Se nessuno avesse mai dedicato una poesia alla Luna, questa non sarebbe per ciò meno bella. "Bohemian Rapsody" è altro. È un volo tra note, parole, stati d'animo che si intrecciano e si annodano, per poi sciogliersi, per portarci in alto, fino a fare "un buco nel cielo". La critica tende a dimenticare, troppo spesso, la ragione per la quale ancora si scrivono poesie alla Luna: per emozionarci nel rileggere quel che provavamo. Per emozionare qualcun altro che magari non ha mai scritto nulla, ma sente sulla pelle lo stesso brivido.
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Chi è in cerca delle prove della grandezza dei Queen, e di quel formidabile frontman che è stato Freddie Mercury, resti a casa, metta su un qualunque disco della band Inglese, e si perda tra le note. Se nessuno avesse mai dedicato una poesia alla Luna, questa non sarebbe per ciò meno bella. "Bohemian Rapsody" è altro. È un volo tra note, parole, stati d'animo che si intrecciano e si annodano, per poi sciogliersi, per portarci in alto, fino a fare "un buco nel cielo". La critica tende a dimenticare, troppo spesso, la ragione per la quale ancora si scrivono poesie alla Luna: per emozionarci nel rileggere quel che provavamo. Per emozionare qualcun altro che magari non ha mai scritto nulla, ma sente sulla pelle lo stesso brivido. Due ore ed un quarto di brividi. Brividi delicati, violenti, di paura, di angoscia, gioia, tristezza, tripudio; brividi che nascono da lontano, tanto lontano. È epica moderna, diversa da quella antica. È il punto di vista esterno di un mondo interiore. È l'uomo dietro al genio, quel che si vuole raccontare. L'uomo al di là degli eccessi e degli stereotipi. L'uomo, e la sua poesia. La poesia di un uomo che si è preso quella luna della quale gli altri sanno solo scrivere. Ed il suo amore forte, immenso, smisurato per la vita, per la gente, per le cose semplici.
Se avete la testa piena di Bachtin, Bazin, Nouvelle Vague, "occhi della madre" et simila, lasciateli a casa. Mettetevi comodi. E regalatevi due ore ed un quarto di dolcissime emozioni.
"When I look, and I find I still love you"
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rino79
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domenica 9 dicembre 2018
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didascalico e privo di empatia
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Premesso che ho amato i Queen fin da bambino, la mia recensione riguarda esclusivamente l'opera cinematografica, cercando di non lasciare che l'amore per Freddie, per i Queen e per la loro musica ne influenzi il giudizio.
Nonostante Freddie Mercury sia magistralmente interpretato da Rami Malek (già apprezzato in Mr. Robot), con un'interpretazione da Oscar, senza dubbio, nonostante un casting eccezionale ed attentissimo degli attori secondari (Brian May e Deacon erano identici agli originali, così come la madre e il padre di Freddie), l'approccio generale del film risulta troppo didascalico, frettoloso e politcally correct e in fin dei conti, una grande occasione persa di rappresentare davvero la grandezza di Freddie.
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Premesso che ho amato i Queen fin da bambino, la mia recensione riguarda esclusivamente l'opera cinematografica, cercando di non lasciare che l'amore per Freddie, per i Queen e per la loro musica ne influenzi il giudizio.
Nonostante Freddie Mercury sia magistralmente interpretato da Rami Malek (già apprezzato in Mr. Robot), con un'interpretazione da Oscar, senza dubbio, nonostante un casting eccezionale ed attentissimo degli attori secondari (Brian May e Deacon erano identici agli originali, così come la madre e il padre di Freddie), l'approccio generale del film risulta troppo didascalico, frettoloso e politcally correct e in fin dei conti, una grande occasione persa di rappresentare davvero la grandezza di Freddie.
Troppo didascalico, poichè ingabbiato nello schema trito e ritrito della biografia dell'artista "maledetto": l'infanzia modesta, il trauma fondante, l'ascensione con prezzo annesso da pagare quasi sempre con una tossicodipendenza, la caduta, la redenzione a cui segue qualche volta la malattia e la morte. E pur non scostandosi mai da questi clichè, il film non riesce comunque a creare l'empatia tra lo spettatore ed il dramma interiore di Freddie. Tantomeno riesce ad esaltarne la genialità, la forza creativa e l'unicità. Lo spettatore non assiste MAI alla genesi delle canzoni, (per me la pecca più grave della pellicola) ovvero al processo creativo ed alle cause scatenati che portano alla creazione di un'opera d'arte, ma assiste soltanto al fatto compiuto, quando cioè le canzoni sono già in testa di Freddie o di May o di Deacon. Basti pensare alla "nascita" di Bohemian Rhapsody, che Mercury scrisse quasi interamente da solo, rappresentata in maniera frettolosa e priva di dettagli che esaltino la genialità del momento, nella scena in cui Malek suona il pianoforte e sembra colto dall'ispirazione divina. Sembra appunto, perchè tutto il resto è lasciato allo sforzo immagignifico dello spettatore. E del fatto che la canzone sia stata quasi certamente il mezzo utilizzato dal cantante per dichiarare la propria omosessualità? Nemmeno un accenno.
Per la maggior parte del tempo sembra infatti di assistere piuttosto ad un docu-fiction, una ricostruzione cronologica (nemmeno troppo accurata) della nascita della band e di alcune loro celebri canzoni, fino al grande successo planetario Non troppo accurata perchè alcuni fatti narrati sono inesatti e/o confusionari (ad esempio John Decon arrivò nella Band un anno dopo e non insieme a Freddie e i Queen decisero di comune accordo di separarsi per un periodo dal 1982 al 1983, non fu Freddie a lasciare la band per intraprendere la carriera di solista).
Altra grande lacuna a mio avviso rimane l'assenza di una vera introspezione dei personaggi, troppo stereotipata nei componenti della band e troppo superficiale nel personaggio di Freddie: i suoi drammi interiori non coinvolgono mai davvero lo spettatore: nè la presa di coscienza dell'omoessualità, nè il rapporto conflittuale con il padre, nè la notizia della malattia. In questo a mio avviso il regista Bryan Singer avrebbe potuto osare di più, sfruttando magari qualche scena onirica e simbolica. Sarà che il mio metro di paragone per il cinema biografico rimane The Doors di Oliver Stone, dove l'introsprezione di Jim Morrison è allo stato dell'arte.
Troppo frettoloso dicevo: troppe le cose da raccontare per una pellicola di sole due ore. Un film sui Queen avrebbe richiesto perlomeno un'altra ora ed arrivare almeno al loro concerto più celebre, quello di Wembley nel 1986.
Politcally Correct poichè di tutta quel periodo importante nella vita di Freddie durante i primi anni 80, gli eccessi, l'omosessualità libertina, rimane un accenno frettoloso e pudico, quasi una tacita censura, a voler pensar male.
Tuttavia il film merita comunque di essere visto. Al cinema certamente, per godere appieno della colonna sonora e perchè ha il grande pregio di riportare in vita Freddie per qualche ora.
La scena finale invece merita un giudizio a parte, poichè la ricostruzione delll'intera esibizione dei Queen al Live Aid del 1985 a Wembley, seppur un copia-incolla della performance originale - è davvero un capolavoro cinematografico (e tecnologico) che ricongiunge sia i membri della band tra loro che lo spettatore ai Queen, restituendo a Cesare quel che è di Cesare e cioè Freddie, in tutta la sua grandezza, al suo pubblico.
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[+] magari fosse stato almeno didascalico
(di colette84)
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roby 82
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lunedì 3 dicembre 2018
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troppa pubblicità fa rima con flop
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Bohemian Rapsody...ovvero tutto quello che NON CAPIRETE dei Queen. Senza date, nessuno che capisca da dove salta fuori John Deacon (il bassista), canzoni che saltano fuori come per magia, una trama che vorrebbe parlare ma non parla. Si va di fretta, è evidente come si voleva chiudere nelle 2 ore il film, finendo per far saltare fuori una trama molto povera, sia che si parli di Mercury, sia che si voglia parlare della band. Sarebbe bastato un pò più di coraggio, e anche celebrare il film con una colonna sonora più ampia, o introdurre nel film stesso il concerto più famoso dei Queen come quello di Wembley 86 e il gioco sarebbe riuscito. E invece?? E invece il prodotto non è altro che uno normale film biografico che sarebbe riuscito anche o forse meglio ad aziende come la Rai, ma non da 10€ in una sala cinematografica.
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Bohemian Rapsody...ovvero tutto quello che NON CAPIRETE dei Queen. Senza date, nessuno che capisca da dove salta fuori John Deacon (il bassista), canzoni che saltano fuori come per magia, una trama che vorrebbe parlare ma non parla. Si va di fretta, è evidente come si voleva chiudere nelle 2 ore il film, finendo per far saltare fuori una trama molto povera, sia che si parli di Mercury, sia che si voglia parlare della band. Sarebbe bastato un pò più di coraggio, e anche celebrare il film con una colonna sonora più ampia, o introdurre nel film stesso il concerto più famoso dei Queen come quello di Wembley 86 e il gioco sarebbe riuscito. E invece?? E invece il prodotto non è altro che uno normale film biografico che sarebbe riuscito anche o forse meglio ad aziende come la Rai, ma non da 10€ in una sala cinematografica.
Merito a parte per Rami Malek sia per interpretazione (non facile) sia per i dettagli ben studiati. Il resto....non fa storia.
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folignoli
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martedì 11 dicembre 2018
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attori bravissimi
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Ingiustificate le critiche a questo film, che ritengo il più bello del 2018. Forse non riesco a scindere il valore del film, dalla maestosità della musica dei Queen e per questo livéllo verso l'alto il mio giudizio. Ad ogni modo, le sensazioni, le lacrime ed il piacere fisico che mi ha provocato, significano che il film è veramente emozionante. Rami Malek e soprattutto il suo sguardo un po' triste ed un po' fiero, unito alla sua gestualità e mimica molto ricercata, è riuscito ottimamente a far ricordare un "performer" inimitabile come è stato Freddie Mercury. Parlando del film nello specifico, lasciando da parte gli apprezzamenti per coloro che hanno fatto la storia, è bello soffermarsi sulla bravura degli attori.
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Ingiustificate le critiche a questo film, che ritengo il più bello del 2018. Forse non riesco a scindere il valore del film, dalla maestosità della musica dei Queen e per questo livéllo verso l'alto il mio giudizio. Ad ogni modo, le sensazioni, le lacrime ed il piacere fisico che mi ha provocato, significano che il film è veramente emozionante. Rami Malek e soprattutto il suo sguardo un po' triste ed un po' fiero, unito alla sua gestualità e mimica molto ricercata, è riuscito ottimamente a far ricordare un "performer" inimitabile come è stato Freddie Mercury. Parlando del film nello specifico, lasciando da parte gli apprezzamenti per coloro che hanno fatto la storia, è bello soffermarsi sulla bravura degli attori. Tutti. Bravissimi in ogni minimo cenno, in ogni sguardo a far vivere in loro le emozioni che noi (il pubblico) stavamo provando. E' vero, è un film che racconta ciò che la gente voleva veder raccontato. Ma lo fa bene e del resto, per concentrare in 130 minuti la seconda parte di vita di Farrokh Bulsara, era necessario raccontarlo in maniera lineare e semplice. L'amore per Maria, la conoscenza dei Smile (che poi diventano Queen), l'omosessualità, la malattia. Poche cose ma sviluppate e rappresentate degnamente attraverso un grande cinema e degli attori straordinariamente somiglianti ai personaggi reali. Freddie era più alto ... è vero. C'è qualche inesattezza a livello cronologico, ok. Durante il concerto del Live Aid, nell'inquadratura dall'alto si vede che i parcheggi per le auto, attorno allo stadio di Wembley sono semi vuoti. Tutto vero. Piccole cose che non oscurano il grande lavoro di montaggio del suono e ricostruzione dei live, soprattutto quello del 1985. Enozioni autentiche e film da vedere dall'inizio finio alla fine dei titoli, per gustarsi fino alla fine "The show must go on". Io l'ho visto due volte al cinema.
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carlaas
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sabato 22 dicembre 2018
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vuole essere troppo e finisce per essere poco!
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Il film “Bohemian Rhapsody” è indubbiamente un progetto ambizioso, forse così tanto da perdere di vista l’obbiettivo che intende perseguire. Che poi… Qual è il vero obbiettivo di questo film? È il racconto biografico del superbo Freddie? È un omaggio alla musica e al genio dei Queen? È un film “musicale”? Vuole raccontarci la genesi e l’evoluzione della band? Delle due ore e tredici minuti di film, ciò che emerge è un calderone in cui il regista Bryan Singer mescola troppe cose diverse che perdono - purtroppo - di consistenza. Alcune scelte di regia risultano ridondanti, alcune inquadrature ripetitive. La trasmissione dal significante al significato non opera come dovrebbe e le “figure retoriche di regia” non generano un adeguato feedback emotivo nello spettatore divenendo così un arido esercizio di stile che non aggiunge valore al film.
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Il film “Bohemian Rhapsody” è indubbiamente un progetto ambizioso, forse così tanto da perdere di vista l’obbiettivo che intende perseguire. Che poi… Qual è il vero obbiettivo di questo film? È il racconto biografico del superbo Freddie? È un omaggio alla musica e al genio dei Queen? È un film “musicale”? Vuole raccontarci la genesi e l’evoluzione della band? Delle due ore e tredici minuti di film, ciò che emerge è un calderone in cui il regista Bryan Singer mescola troppe cose diverse che perdono - purtroppo - di consistenza. Alcune scelte di regia risultano ridondanti, alcune inquadrature ripetitive. La trasmissione dal significante al significato non opera come dovrebbe e le “figure retoriche di regia” non generano un adeguato feedback emotivo nello spettatore divenendo così un arido esercizio di stile che non aggiunge valore al film. In medio stat virtus. La struttura del film è un crescendo consueto, per certi aspetti banale, nessuna deviazione in corsa. La narrazione procede lineare e l’acme del film è nella parte finale, in quel ritrovato sodalizio (musicale e non) della band. La morte del protagonista non scalfisce questa evoluzione, dal momento che è semplicemente accennata nei titoli finali film. Lo spettatore è silenziosamente rasserenato. Il film ha però un pregio: riesce a cogliere il carisma, il vigore del performer, riesce a raccontare la straordinaria presenza scenica, la sensualità universale di Freddie Mercury, il pahtos e l’intensità di questo artista. Tuttavia l’analisi psicologica dei personaggi è poco profonda così come l’evoluzione degli stessi che risulta impercettibile. Vagamente accennata è anche la tematica della consapevolezza sessuale di Mercury. Nel complesso è un film che piace ma, come direbbe il nostro Dante Alighieri, è un film “Sanza 'nfamia e sanza lodo”. Un film che, innegabilmente, coinvolge lo spettatore grazie alle numerose parti (forse troppo lunghe) dedicate alla riproposizione fedele delle esibizioni dei Queen, un film capace di destare nel pubblico il forte desiderio, una volta uscito dalla sala e tornato a casa, di riascoltare i successi della band. Ma non sarebbe bastato allora andare a riguardare il concerto del “Live Aid” del 1985 per ricevere questa iniezione di adrenalina? Un film dunque senza una identità chiara e univoca. Vuole essere troppo e finisce per essere poco. Piace in quanto prodotto di massa. Piace decisamente meno ai fan che ritengono intollerabili errori e inesattezze storiche e musicali. A chi conosce la storia dei Queen la “sapiente” miscellanea di verità e finzione disturba.
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ollipop
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domenica 13 gennaio 2019
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un viaggio nella leggenda
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successo planetario meritatissimo : non e' piaciuto ai nostri critici ?poco importa : piace a milioni di spettatori che applaudono a fine proiezione in un trionfo di emozioni .
Lo scopo di un film e' coinvolgere , emozionare commuovere :il film raggiunge perfettamente questi obbiettivi :
Ci consegna un Freddy Mercury sensazionale nella interpretazione straordinaria di un giovane attore capace di cogliere nella gestualita' del cantante la sua potenza espressiva.
La musica ovviamente fa il resto fino agli ultimi venti minuti di un concerto unico irripetibile e straordinario
il tema poi della omosessualita viene affrontato con discrezione e rara eleganza : non intacca assolutamente la grandezza e l'umanita d
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successo planetario meritatissimo : non e' piaciuto ai nostri critici ?poco importa : piace a milioni di spettatori che applaudono a fine proiezione in un trionfo di emozioni .
Lo scopo di un film e' coinvolgere , emozionare commuovere :il film raggiunge perfettamente questi obbiettivi :
Ci consegna un Freddy Mercury sensazionale nella interpretazione straordinaria di un giovane attore capace di cogliere nella gestualita' del cantante la sua potenza espressiva.
La musica ovviamente fa il resto fino agli ultimi venti minuti di un concerto unico irripetibile e straordinario
il tema poi della omosessualita viene affrontato con discrezione e rara eleganza : non intacca assolutamente la grandezza e l'umanita di un artista che e' e sara' sempre storia della musica mondiale,
Una regia efficace fa muovere attori braviissimi a decretare il successo di una delle pellicole piu riuscite degli ultimi anni !
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erica villafranca
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martedì 12 marzo 2019
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un film tra essere ed appartenere: la mia psicorecensione
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Questo film racconta la storia di Farrokh (un ragazzo, un uomo, un essere umano, una persona) che segue la sua forte spinta ad Essere, Esprimersi e Realizzarsi ben lontano dai canoni di tradizione familiare e culturale di appartenenza. Anche se il conseguimento del successo e della popolarità nella prima parte del film rappresentano la meta positiva raggiunta dal protagonista, nella seconda parte emerge chiaramente il Dilemma del protagonista: “Essere o Appartenere?” già anticipato nelle prime scene. La storia del Mito Freddie Mercury e l’emergere del Dilemma umano di Farrokh vengono qui presentati attraverso l’osservazione delle caratteristiche psicologiche e dei vissuti evidenziati nella regia di questo film.
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Questo film racconta la storia di Farrokh (un ragazzo, un uomo, un essere umano, una persona) che segue la sua forte spinta ad Essere, Esprimersi e Realizzarsi ben lontano dai canoni di tradizione familiare e culturale di appartenenza. Anche se il conseguimento del successo e della popolarità nella prima parte del film rappresentano la meta positiva raggiunta dal protagonista, nella seconda parte emerge chiaramente il Dilemma del protagonista: “Essere o Appartenere?” già anticipato nelle prime scene. La storia del Mito Freddie Mercury e l’emergere del Dilemma umano di Farrokh vengono qui presentati attraverso l’osservazione delle caratteristiche psicologiche e dei vissuti evidenziati nella regia di questo film. Il Dilemma “Essere o Appartenere” rimane sullo sfondo di una storia di successo e non ha spinte né motivazioni sufficienti per essere risolto efficacemente nella vita del suo protagonista nella prima parte della storia filmata, dove la decisione sul dilemma si limita ad un’attribuzione di priorità all' “Essere”, trascurando il valore e l’importanza che l’”Appartenere” riveste rispetto al proprio benessere. Solo con l’affacciarsi del Dramma nella sua Vita e quindi attraverso un contatto con il proprio mondo interiore di sofferenza ci saranno gli elementi che saranno di supporto al protagonista per una presa di decisione creativa e integrativa di “Essere e Appartenere”. Emergerà una nuova consapevolezza da Sé e per Sé rispetto alle scelte ed alle relazioni professionali ed affettive.
La necessità di separarsi dalla famiglia per conquistare la propria autonomia ed il proprio successo. Farrokh non viene incoraggiato dalla famiglia, in particolare dal padre, che si mostra scettico e ostile verso le inclinazioni artistiche di quel figlio. Attraverso una grande motivazione all'autonomia e al successo, ispirato dalla creatività, da incredibili doti canore e da una espressività decisamente anticonvenzionale diventa Freddie Mercury, il leader e front man del Gruppo (i Queen) che lo accoglierà e lo rispecchierà per valori, comportamenti e modalità espressive. Farrokh diventa Freddie, un vero Idolo con fan in tutto il mondo. Per Essere sé stesso, Farrokh si ribella a imposizioni ed aspettative e diventa Freddie, rispecchiando quel che vuol Essere. Non cede ai giudizi, alle critiche ed alle costrizioni commerciali che ostacolerebbero la sua creatività e spontaneità e, con grande coraggio, insieme al suo Gruppo, porta avanti un unico e speciale progetto rappresentato emblematicamente dalla canzone Bohemian Rhapsody, manifesto del successo di Freddie dei Queen. Farrokh sa quali sono le sue capacità, sa che può realizzare il proprio sogno e progetto. Ha una buona dose di fortuna: è la persona giusta, nel posto giusto e nel momento giusto. Ma la sola fortuna non basta in una storia di successo. Il successo di Farrokh è qui raccontato come un processo quasi inevitabile, e assolutamente non casuale. Non è solo una questione di fortuna, ma di saperla cogliere attivamente come la scintilla iniziale. Lui e solo lui sa cogliere l’opportunità di un evento fortuito. La situazione del posto giusto nel momento giusto è l’arena di un uomo presente a sé stesso e al mondo che lo circonda che attiva intenzionalmente il proprio successo e lo fa diventare un esito di consapevolezza, progettazione e costruzione. Farrokh è la persona giusta poiché possiede l’autostima necessaria per essere quel che è, ha spirito di iniziativa, coraggio e spontaneità nel cercare e trovare i suoi alleati, sa di poter contare su competenze e coraggio necessari per affrontare le sfide e gli ostacoli. La prima parte della storia di Farrokh parla quindi del suo successo (Essere e Autorealizzarsi) e di come questo processo possa compiersi naturalmente quando ve ne sono le basi.
L’Apoteosi e il Dramma: la Responsabilità della propria VIta Veniamo alla seconda parte del film. Il coraggio espressivo e l’autodeterminazione del protagonista, nella prima parte della sua storia sono necessari per raggiungere il successo che fanno diventare l’uomo un culto. L’uomo di successo diventa un idolo, quasi una divinità immortale. Ma la natura dell’uomo… immortale non è. Il culto di sé stesso e degli aspetti che sono stati necessari al successo, portano Farrokh ad allontanarsi dalla vera natura umana e dai suoi basilari . Non tiene conto degli aspetti di fragilità inevitabili della sua condizione umana cui è comunque esposto, nonostante tutta la ricchezza, tutto il successo e tutto il potere accumulato. Tutto quel che è servito a Farrokh per diventare Freddie viene continuamente e spasmodicamente alimentato fino ad ottenere una vera e propria idolatria nei confronti di una immagine incompleta e falsata rispetto al suo sentire umano e fragile. Senza rendersene conto il protagonista arriva e si trova a condurre una Vita piena di illusioni, dove l’illusione principale e inconsapevole è la divina immortalità. La Vita da portare avanti è quella di una immagine divina e diventa una trappola. Si rivela infatti insoddisfacente per la persona umana e sofferente, che ancora vive e abita dentro quella immagine con il suo bisogno di amore, di vicinanza, di fiducia e di protezione rimasti immutati ma ora trascurati. L’ostinazione grandiosa nel prendersi cura della sua immagine alimenta una illusione ben lontana da sé stesso, diventa catalizzatrice di solitudine e disperazione che vengono negate, evitate ed accantonate fino a fare cadere Farrokh in una spirale che lo condurrà forzosamente a prendere atto del Dramma della Vita Umana (non Divina e non Eterna). Una volta illuso, l’unico modo per sperimentare la drammatica realtà è passare per la delusione, sentendo la sua condizione umana nella paura, nella solitudine, nel tradimento umano della fiducia e nella fragilità.
Ascoltare e comprendere le proprie emozioni e i sentimenti. Decidere. Il ragazzino eccentrico e dotato che avevamo visto all’inizio del film attraversa un Dramma e diventa Adulto. Si ripulisce dell’inutile e dannoso per Sé (l’idolatria e l’illusione), riprende parti dimenticate (i suoi bisogni umani di amore e appartenenza) e le unisce a quelle riscattate (la sua autorealizzazione ed il riconoscimento sociale). Finalmente intero e pieno nel sapere e sentire Chi è. Il culmine del cambiamento è una presa di decisione importante sulla sua Vita ed è frutto di un travolgimento e coinvolgimento emotivo che non può più essere evitato con altre illusioni. E’ una spinta vitale di fronte al dramma della malattia e della morte che gli permette di arrivare ad una nuova lucida conoscenza e di agire in piena consapevolezza di Sé. Attraverso la delusione, la disperazione, la paura e la solitudine ha un insight che gli consente di distinguere chiaramente tra l’ascoltare profondamente sé stesso e il vedere la propria immagine. Di fronte alla chiarezza delle due alternative possibili, può scegliere. Il Cambiamento si attua come una decisione che riporta Farrokh dove immaginiamo di averlo lasciato, prima di raggiungere il suo successo e dove ora sente di aver bisogno di tornare con nuova consapevolezza. Farrokh ritorna alle origini, al suo bisogno di amare e di appartenere. Sente che non è più tempo di allontanarsi, si è allontanato e si è ritrovato. Ora è tempo di far ritorno portando con sé ciò che è diventato. Ormai si accetta e sa di poter essere accettato. E queste sono le qualità che gli sono necessarie per amare ed appartenere là dove non ci sono più idoli, ma solo persone adulte e fragili come lui. Farrokh decide che non può bastare a sé stesso, che la vicinanza non può essere ottenuta solo attraverso il successo. L’importanza delle relazioni umane che erano sullo sfondo diventano figure di rilievo. E l’importanza del successo che era in primo piano diventa una cornice preziosa di questo film meraviglioso. Successo e bisogno di relazioni autentiche si muovono insieme, i due portavoce di Essere e Appartenere. Esse sono interdipendenti e si muovono dentro Farrokh e dentro ciascuno di noi. Misurarne e sentirne l’intensità, ricercarne l’equilibrio e l’armonia è un fatto assai personale, è una questione di ascolto di sé stessi, è un’opportunità per poter essere felici e vivere sereni, nonostante la Vita…nonostante il Dramma. Essere e Appartenere sono i due motori dell’animo umano che ritroviamo nel vivere sociale di una persona di successo. Ogni Vita e ogni storia è diversa per i tempi con cui vengono azionati i due motori, chi parte con uno, chi con l’altro, chi di uno o entrambi ha troppa paura e non parte mai.
Così per Farrokh, giunto alla fine del film ma non ancora della sua Vita è il tempo di negoziare, non di subire né di imporre; è il tempo di chiedere e trovare ciò di cui ha sempre avuto ed ha ancora bisogno senza rinnegarlo e senza pretenderlo. E’ il tempo di integrare il successo, tutto quello possibile, ad una Vita e ad una necessità decisamente più umane.
E’ il tempo di salire sul palco di Wembley e di godersi lo spettacolo del pubblico insieme all’amore della famiglia a cui sente e vuole appartenere.
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