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The Rider - Il sogno di un cowboy, un magnifico incrocio tra realtà e finzione

Chloé Zhao dirige una storia di cowboy feriti, riserve e praterie, antico e moderno. Al cinema
di Tommaso Tocci

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Brady Jandreau . Interpreta Brady nel film di Chloé Zhao The Rider - Il sogno di un cowboy.
sabato 31 agosto 2019 - Focus

È partita alla volta della frontiera, Chloé Zhao, come chi da quella frontiera non poteva essere più lontana. Lei, non solo rappresentante piena dell'America liberale della East Coast, cresciuta nella grande città e laureata in cinema alla Tisch School della New York University, ma nata a Pechino e passata dall'Inghilterra. Un doppio salto, e un doppio atto di integrazione che rendono ancora più curioso il risultato finale, così fluido e delicato. The Rider, una storia di cowboy feriti, di riserve e praterie, di antico e moderno.

Il salto di Zhao è stato quello di lasciare Brooklyn e di mettersi in macchina verso il South Dakota, nello specifico verso la riserva indiana di Pine Ridge, in una comunità di nativi americani Lakota Sioux.
Tommaso Tocci

Lo ha fatto non per The Rider, ma per il suo primo film, Songs My Brothers Taught Me, quando la ricerca dell'ispirazione l'ha convinta a cercare un mondo nuovo e sconosciuto. E se il suo esordio con quel micro-indie già mostrava il segno di un metodo di indagine cinematografica, fatto di ascolto e di mescolanza tra il reale e il costruito, sarebbe stato un incontro fortuito durante la lavorazione del film a rivelarsi poi fondamentale per il successo di The Rider. Colpita dalle persone e dal modo di vivere di Pine Ridge, Zhao ha continuato a frequentare la riserva, fino a imbattersi in Brady Jandreau, che all'epoca non aveva ancora avuto l'incidente che ne ha cambiato la vita e la carriera.

Realtà e finzione cominciano già a incrociarsi, con la regista incuriosita dal personaggio ma ancora priva di un'idea di come collocarlo sullo schermo. Il vero Brady, che nel film diventerà poi Brady Blackburn, è un addestratore di cavalli e professionista del rodeo molto spigliato e aperto, con un magnetismo molto diverso da quello introspettivo che finirà nella storia di The Rider. È solo quando Zhao scopre del suo incidente, avvenuto nel 2016, che la parabola narrativa si fa strada nella sua mente.

65 per cento di realtà contro 35 per cento di finzione, dice la regista. Ma al di là dei numeri, è chiaro che Zhao ha sviluppato sul campo una particolare tipologia di indagine antropologica fai da te, fatta di scambio continuo e di un'assoluta mancanza di inibizione nel portare il suo soggetto molto vicino ai traumi che lo definiscono. Non soltanto Brady stesso, ma suo padre, la sua giovane sorella autistica, e il vecchio amico Lane Scott, anche lui vittima di un grave incidente (stavolta d'auto) che viene rielaborato in alcune delle scene più toccanti del film.

Brady, che si presentava alle interviste per The Rider con indosso un giubbotto che promuoveva la sua attività di addestratore di cavalli, ha accettato di co-creare una finzione pur volendo tutelare la realtà. Chiunque abbia visto il film ne immagina probabilmente le scene ambientate alla luce dell'alba o del tramonto; un motivo estetico chiave, ma anche una condizione posta da Brady che voleva girare solo la mattina presto e la sera, per non doversi assentare dal suo lavoro.


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In foto una scena del film The Rider - Il sogno di un cowboy.
In foto una scena del film The Rider - Il sogno di un cowboy.
In foto una scena del film The Rider - Il sogno di un cowboy.

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