Menina

Film 2017 | Drammatico 100 min.

Regia di Cristina Pinheiro. Un film Da vedere 2017 con Nuno Lopes, Naomi Biton, Beatriz Batarda, Thomas Brazete, Jean-Claude Dreyfus. Cast completo Titolo originale: Menina. Genere Drammatico - Francia, 2017, durata 100 minuti. - MYmonetro 3,10 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 23 gennaio 2018

Alla fine degli Anni Settanta una bambina di 8 anni deve relazionarsi con una madre analfabeta e un padre alcolizzato.

Consigliato sì!
3,10/5
MYMOVIES 3,50
CRITICA
PUBBLICO 2,69
CONSIGLIATO SÌ
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Una storia autobiografica per raccontare le difficoltà dell'immigrato e la sofferenza dell'esilio.
Recensione di Francesca Ferri
martedì 23 gennaio 2018
Recensione di Francesca Ferri
martedì 23 gennaio 2018

Mi chiamo Luisa Palmeira, ho dieci anni. La mia famiglia è portoghese. Ma io sono francese, non sono come loro, non faccio errori quando parlo. Mia madre è più bella di Marilyn Monroe, tranne quando porta gli occhiali. Mio padre ha una moto rossa e mi fa vincere a braccio di ferro. L'altro giorno mi ha detto che presto sparirà. Ma io non ci credo!
Attraverso i grandi occhi neri della ragazzina, menina in portoghese, ci ritroviamo a guardare il mondo degli adulti con l'ingenuità dei bambini e la magia dei sognatori. Con lo stesso approccio Cristina Pinheiro ha ripercorso la storia di famiglia per il suo primo lungometraggio dalla freschezza dell'infanzia e la malinconia del fado.

L'attrice e tecnica del cinema portoghese, scoperta dal regista francese Michel Deville, racconta la sofferenza degli immigrati, le difficoltà dell'integrazione, la saudade in un'opera autobiografica scritta poco dopo aver perso i genitori.

Terza figlia, ma l'unica ad essere nata in Francia, Cristina Pinheiro voleva salvare in un film la memoria delle radici che rischiava di perdere. Menina dunque è una cronaca poetica e profonda di un'infanzia lacerata tra due culture, ambientata nel 1979 a Port-Saint-Louis-du-Rhône, in Provenza, quando i portoghesi dovevano a malincuore integrarsi nella società francese. Inizia in un 25 aprile, giorno della rivoluzione dei garofani che segna la fine della dittatura di Salazar, e si conclude in un 14 luglio, giorno della festa nazionale francese, il racconto sul dolore dell'esilio, sul significato di appartenere al proprio Paese ma anche ad un altro.

Luisa Palmeira, che parla un francese impeccabile, frequenta la scuola francese e amiche francesi, dei garofani sa ben poco, confonde Salazar con Saint-Lazare e di portoghese non le rimane altro che il nome. Il padre invece, che è dovuto fuggire dalla dittatura, fantastica costantemente sul ritorno nella sua terra, affondando nell'alcol i problemi e la paura della morte per una malattia di cui solo Luisa è a conoscenza. Rafforzato dal segreto, il rapporto tra padre e figlia cresce fino a uno scambio di ruoli: la bambina inizia a vegliare sul padre malato, a spalleggiarlo di fronte alla madre quando torna a casa ubriaco, a dargli lezioni di sincerità e fedeltà dopo averlo visto sulla spiaggia con la "bionda della Cometa".

Tra bellezza e isolamento, i paesaggi selvaggi della Camargue esaltano la contraddittorietà dei sentimenti della famiglia, in cui ciascuno a modo suo esprime la gioia di vivere in Francia ma anche la difficoltà di trovare il proprio posto in un nuovo Paese. Nonostante la natura incontaminata, gli spazi illimitati, il sole del sud, ciascuno in cuor proprio sembra chiedersi "a che serve tutto ciò se si è comunque lontani da casa?". Una sensazione di malinconia che è un misto di solitudine, sradicamento e nostalgia emerge, inoltre, dalle immagini sbiadite di un mondo stinto come una vecchia camicia dai colori pastello. Tra naturalismo e poesia, la storia di famiglia che è anche una storia di riscatto sociale, di ricerca identitaria, segue le tracce di Luisa Palmeira che si fa intermediaria delle due culture.

Lontana da essere un'opera perfetta, Menina si fa perdonare le crepe di un racconto dolceamaro che ha il suono di una personale rivelazione. Se la sceneggiatura non approfondisce abbastanza il problema della doppia cultura e avanza senza destinazione precisa, gli attori, Naomi Biton in primis, Nuno Lopes e Beatriz Batarda irradiano di sincerità i loro personaggi. È l'autenticità dei volti che racconta più delle parole cosa vuol dire essere immigrati.

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