Titolo originale | Marianne Faithfull, fleur d'âme |
Anno | 2017 |
Genere | Documentario, Biografico, |
Produzione | Francia |
Durata | 61 minuti |
Regia di | Sandrine Bonnaire |
Attori | Marianne Faithfull, Mick Jagger, Sandrine Bonnaire, Andrew Loog Oldham, Eva von Sacher-Masoch Ed Harcourt, Rob McVey, Rob Ellis, Nicholas Faithfull, The Rolling Stones, Warren Ellis, Keith Richards, Brian Jones (II). |
Tag | Da vedere 2017 |
Distribuzione | I Wonder Pictures |
MYmonetro | 3,45 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 novembre 2017
L'attrice e regista Sandrine Bonnaire racconta una delle figure più importanti dello scenario musicale mondiale dagli anni Sessanta a oggi, le sue mille vite, gli incontri e la sua storia straordinaria. In Italia al Box Office Faithfull ha incassato 1,3 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Chi è Marianne Faithfull? Con sintesi cinematografica davvero ammirevole prova a raccontarlo l'attrice Sandrine Bonnaire (Giovanna d'Arco, Il buio nella mente, Confidenze troppo intime), già da un decennio passata dietro la macchina da presa. È la ragazzina angelicata che a metà anni '60 viene notata da Andrew Loog Oldham, allora manager dei Rolling Stones, e lanciata con hit come "As Tears Go By". La bellezza irraggiungibile della Swingin' London scaraventata nello spettacolo, con genitori eccentrici e avventurosi. La sposa e madre che scandalizza l'opinione pubblica fuggendo con Mick Jagger, per poi lasciarlo prima che lo faccia lui. L'amica di sballo di Anita Pallenberg, fatta a pezzi dai gossip dopo una nota retata poliziesca a casa di Richards. La ventenne dei tentati suicidi, la homeless (a Soho, stesso set di Irina Palm, che nel 2007 la riporta nel cinema d'essai), tossicodipendente, autoesiliata negli Stati Uniti e poi espulsa come undesiderable alien, "straniera indesiderata".
La sopravvissuta, la fortunata, la disgraziata, la combattente. Una revenant della musica, songwriter e interprete di valore sbocciato solo a vitale distanza dalla fama e complicità schiacciante del duo Jagger/Richards.
In un continuo andirivieni temporale, i look floreali degli anni 60 rincorrono i primi piani di oggi e il confronto è spiazzante. Tra i due poli, una produzione costante in studio di registrazione, a partire da "Broken English" (1979), filmato in video da Derek Jarman (l'album con "The Ballad of Lucy Jordan", che risuona anche in Thelma e Louise) fino alla raccolta di cover "Easy Come, Easy Go" (2008), con guest come Nick Cave, Cat Power, Jarvis Cocker, il sontuoso "Give My Love To London" (2014) e "No Exit" (2016), con cui Faithfull ha festeggiato, anche con un tour, il suo mezzo secolo di attività. Nei teatri (come il Bataclan, prima e dopo l'attentato) insieme a una super band: Rob Ellis, Rob McVey, Ed Harcourt, Warren Ellis.
L'obiettivo della Bonnaire, come lei senza tetto né legge, la inchioda a più riprese, nell'arco di un anno e mezzo, a domande non pruriginose ma nemmeno confortevoli, che, tra estratti di live e registrazioni, spesso la riportano a un passato duro, oscuro, infernale. È infatti la voce spezzata della Faithfull che in inglese declama il dantesco Canto Primo ad aprire questa ricognizione molto empatica e documentata di vita dentro e ai margini dallo show business. Con una chiusa da "La Tempesta", perché la materia onirica alimenta anche la mitologia del rock. Ma in campo chiede spazio anche la voce della Bonnaire, che aspetta con sussurrata insistenza la possibilità di piccole epifanie: come il raccordo in montaggio tra la supplica alla regista perché spenga la macchina da presa e il "please" di Sister Morphine, «il vero inizio della mia vita creativa», di cui Marianne scrisse il testo. Faithfull è un riconoscersi tra artiste non convenzionali, teso alla rivelazione progressiva di un talento a lungo oscurato dalla dipendenza. Quel craft che è capacità e felicità di scrivere ma anche di dare nuova interpretazione ai testi, in un cantato tra Brecht e punk, eredità nobile tedesca e inglese sporcato dalla street life, vestigia di stiffness britannica e anticonformismo apolide.
Chi è Marianne Faithfull? Un'artista che ha avuto mille vite e due corpi, ma anche due voci, una soave e innocua, l'altra cavernosa, intermittente, sincera al punto da farsi ancora male, ma tramite la quale ha trovato se stessa. Un'antidiva che vuole ancora imparare dalla vita e sorride, anche con gli occhi, a ogni frase. Sottotitolo all'edizione francese: fleur d'âme. Per Bonnaire: un'artista fragile, a fior di pelle.
Sandrine Bonnaire, nei panni di regista, sa mescolare sapientemente, con abile montaggio l’intervista a Marianne Faithfull con il materiale di repertorio (sempre interessante), mettendo in contatto e a confronto passato (ciò che la cantante era allora) e presente (ciò che è oggi), palesandosi anche sottile psicologa.Si avverte, infatti, tra lei e Marianne quella complicità necessaria per scavare [...] Vai alla recensione »