mauro2067
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domenica 17 settembre 2017
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la voglia di vivere...
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Si sono accese le luci e mi ci è voluto qualche minuto per riprendermi. La storia di oltre 300.000 soldati salvati da morte e prigionia sicura sulle spiaggie francesi di Dunkirk (Dunkerque) ruota intorno a pochi personaggi e ad una sovrapposizione temporale degli avvenimenti vissuti dagli stessi protagonisti. Ne viene fuori un film che tiene lo spettatore, che rimbalza da una situazione all’altra, in ansia fino all’ultima scena, . Le immagini del mare, della spiaggia sconfinata con centinaia di soldati che aspettano di imbarcarsi fanno arrivare al cuore la tensione della guerra, la paura della morte. Non ci sono corpi martoriati dalle pallottole, sangue, arti orribilmente mutilati come nel “Salvate il soldato Ryan”, c’è solo l’espressione di giovani vite che vogliono tornare a casa, che vogliono vivere, sconfitte dalla paura e dalla vergogna di non essere state all’altezza, che combattono contro la propria viltà che li porterebbe a sacrificare un altro al proprio posto ma che sono capaci di atti di coraggio.
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Si sono accese le luci e mi ci è voluto qualche minuto per riprendermi. La storia di oltre 300.000 soldati salvati da morte e prigionia sicura sulle spiaggie francesi di Dunkirk (Dunkerque) ruota intorno a pochi personaggi e ad una sovrapposizione temporale degli avvenimenti vissuti dagli stessi protagonisti. Ne viene fuori un film che tiene lo spettatore, che rimbalza da una situazione all’altra, in ansia fino all’ultima scena, . Le immagini del mare, della spiaggia sconfinata con centinaia di soldati che aspettano di imbarcarsi fanno arrivare al cuore la tensione della guerra, la paura della morte. Non ci sono corpi martoriati dalle pallottole, sangue, arti orribilmente mutilati come nel “Salvate il soldato Ryan”, c’è solo l’espressione di giovani vite che vogliono tornare a casa, che vogliono vivere, sconfitte dalla paura e dalla vergogna di non essere state all’altezza, che combattono contro la propria viltà che li porterebbe a sacrificare un altro al proprio posto ma che sono capaci di atti di coraggio.Poi ci sono anche le azioni belle che riempiono il cuore e fanno dire evviva arrivano i nostri.
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alemrg
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venerdì 15 settembre 2017
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noioso
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Attenzione: pericolo fregatura.
Sono appena tornato dal cinema e ho trovato questo film complessivamente noioso e privo di spina dorsale.
Il giudizio complessivo dato a questo film appartiene ad uno dei misteri di Fatima; mi fa pensare che i produttori accortisi della grande importanza dei giudizi su internet abbiano investito soldi ed energie per dargli la direzione desiderata (ricordiamoci che ci sono in ballo centinaia di milioni di dollari).
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Attenzione: pericolo fregatura.
Sono appena tornato dal cinema e ho trovato questo film complessivamente noioso e privo di spina dorsale.
Il giudizio complessivo dato a questo film appartiene ad uno dei misteri di Fatima; mi fa pensare che i produttori accortisi della grande importanza dei giudizi su internet abbiano investito soldi ed energie per dargli la direzione desiderata (ricordiamoci che ci sono in ballo centinaia di milioni di dollari).
p.s. Tutte queste stelle ti porteranno al cinema ma quando sarai dentro ti ricorderai di me e di quello che ti avevo detto (però purtroppo i tuoi soldi saranno già nelle tasche del produttore).
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anaesthetix
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venerdì 15 settembre 2017
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pura emozione e paura
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Sto leggendo molte recenzioni non troppo positive, ma mi astengo da esse, avendo ritenuto Dunkirk un vero capolavoro di Nolan. Il finale non è paragonabile a quello di Inception, ma il film lo trovo talmente ben girato che ho passato l'80% della visione con i brividi sul corpo. Nolan è riuscito a mostrarci la nuda e cruda verità: okay, forse lo state giudicando negativamente in quanto ormai siamo abituati a guardare film per lo più inventati, surreali, che quasi ci sembrano veri. Potessi farlo di persona, mi complimenterei personalmente con Nolan per esser riuscito a creare un film talmente ben fatto da mettere i brividi, e riuscendo a far rimanere il mio pensiero ancora fisso lì, a Dunkirk.
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Sto leggendo molte recenzioni non troppo positive, ma mi astengo da esse, avendo ritenuto Dunkirk un vero capolavoro di Nolan. Il finale non è paragonabile a quello di Inception, ma il film lo trovo talmente ben girato che ho passato l'80% della visione con i brividi sul corpo. Nolan è riuscito a mostrarci la nuda e cruda verità: okay, forse lo state giudicando negativamente in quanto ormai siamo abituati a guardare film per lo più inventati, surreali, che quasi ci sembrano veri. Potessi farlo di persona, mi complimenterei personalmente con Nolan per esser riuscito a creare un film talmente ben fatto da mettere i brividi, e riuscendo a far rimanere il mio pensiero ancora fisso lì, a Dunkirk. Ormai nel cinema, con tutte le attrezzature che si hanno a disposizione, troppoi è semplice girare un film "finto" (mi riferisco agli argomenti), mostrare la semplicità, la realtà è diventato sempre più difficile, ma Nolan ci è riuscito.
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[+] ah
(di contrammiraglio)
[ - ] ah
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domenicomaria
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venerdì 15 settembre 2017
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precisazioni
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Per il sig "Florentin"(solita banalità dei nicknames):ho letto il suo articolo che condivido sull'impeccabile confezione tecnica resa magistralmente. Non amo nè le stroncature nè le esaltazioni in 1/2 parole; non è ermetismo estremo; è qualcosa di molto pigro,di un po' arrogante e poi scusi, da un fiorentino come lei questi anglotecnicismi....che delusione! Molti dei films da lei citati, classici da "Obbiettivo Burma" in poi, avendo 62 anni li ho visti e nel caso Midway rivisti, più volte.Io credo che il tempo sia galantuomo, in merito alla fedeltà storica ai fatti reali.Il problema è che il cinema americano e inglese,per decenni(ma peggio Hollywood), hanno infarcito le pellicole con retorica nazionalista molto spesso a senso unico.
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Per il sig "Florentin"(solita banalità dei nicknames):ho letto il suo articolo che condivido sull'impeccabile confezione tecnica resa magistralmente. Non amo nè le stroncature nè le esaltazioni in 1/2 parole; non è ermetismo estremo; è qualcosa di molto pigro,di un po' arrogante e poi scusi, da un fiorentino come lei questi anglotecnicismi....che delusione! Molti dei films da lei citati, classici da "Obbiettivo Burma" in poi, avendo 62 anni li ho visti e nel caso Midway rivisti, più volte.Io credo che il tempo sia galantuomo, in merito alla fedeltà storica ai fatti reali.Il problema è che il cinema americano e inglese,per decenni(ma peggio Hollywood), hanno infarcito le pellicole con retorica nazionalista molto spesso a senso unico. Aggiunga a questo, visto che conosce l'inglese, da un po' di anni in DVD/BLURAY, la possibilità di vedere il film in italiano audio(del tempo)con i sottotitoli tradotti di fresco(pur se non sempre bene), può immaginare tagli,storture,censure miste che piovevano su tante pellicole.Io ho trovato quella sensazione,rarissima, non di essere catapultato in un mondo irreale e di fantasia scatenata, ma in un vero,intensissimo momento storico di caos e impotenza da parte di un esercito che, anche mal guidato,non aveva fatto i conti con l'oste, Adolf Hitler, come ho tentato di sintetizzare in estremo. Sono un insegnante di Storia, e fatalmente in un qualche modo lo si capisce.Trovo il film umanissimo, di quella parte di umanità perdente perchè colpevolmente illusa dal potere(la bestiacca nazista comunque controllabile).Si vada a guardare quasi in contemporanea a "Obbiettivo Burma", "I migliori anni della nostra vita"con Fredrich Marsch,Myrna Loy e Dana Andrews, di William Wyler(7 Oscar!). Altro che il rientro devastante dal Vietnam o le imprese eroiche(che certamente vi furono, su entrambi i lati del Pacifico,forse più dai giapponesi).I 3 commilitoni reduci che tornano alla vita normale,la fatica terribile dell'adattamento al quotidiano,l'essere incollati come calamite dalla guerra e l'essere creature deboli e vaganti nel mondo "normale".Le mazzate servono eccome, senza Dunkirk, senza Pearl Harbour la tana e la belva avrebbero avuto il sopravvento sul mondo libero. Viva questo film che mette a nudo sia lo strapotere iniziale nazista,che nessuno storico può contestare, sia la fallimentare sufficienza e spocchia inglese che procura disastri(come per l'America di Pearl Harbour o John Kennedy. L'americano non può avere nemici mortali? E chi lo ha detto! Perfino nel suo stesso suolo).Gusto personale, ultima opinione: per avere almeno una corretta idea di Dunkirk questo film va benissimo(approfondimenti specifici a parte).Per lo Sbarco in Normandia, "Salvate il soldato Ryan" certo è molto meno agogico di "Il giorno più lungo", ma, per deliberata scelta, lo Sbarco in Normandia vero e proprio è una parte minoritaria del film che poi si impantana sulla lettera nobilmente ovvia e nobilmente retorica e stereotipata del Capo di Stato Maggiore alla Vedova Ryan. Mi consenta da ultimo di invitarla a analizzare la situazione.Possibile che il 90% circa di chi scrive sia vittima di allucinazione collettiva o Nolandipendenza?
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theblue90
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venerdì 15 settembre 2017
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un'occasione mancata
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Andate pure al cinema, perché ci sono delle scene abbastanza belle; ma andateci senza troppe aspettative. Il film a parer mio è discreto, ma non è certo il capolavoro o l'esperienza sensoriale che altri hanno voluto far intendere. L'impressione generale è quella di un lungometraggio preparato in un tempo minore di quello che sarebbe stato necessario, con un mix di idee e di spunti che avrebbero richiesto più cura e più minuti nel montaggio finale (106 minuti totali, per me, sono pochi). Il pregio più grande del film costituisce pure il suo più grande limite: le riprese grandangolari, lo sfruttamento orizzontale del campo visivo, uniti ad una palette cromatica tendente al blu, contribuiscono alla spettacolarizzazione di talune scene, ma generano nello spettatore la sensazione che ogni singolo fotogramma sia stato girato pensando non già alla guerra, ma al cinema, allo spettatore medesimo.
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Andate pure al cinema, perché ci sono delle scene abbastanza belle; ma andateci senza troppe aspettative. Il film a parer mio è discreto, ma non è certo il capolavoro o l'esperienza sensoriale che altri hanno voluto far intendere. L'impressione generale è quella di un lungometraggio preparato in un tempo minore di quello che sarebbe stato necessario, con un mix di idee e di spunti che avrebbero richiesto più cura e più minuti nel montaggio finale (106 minuti totali, per me, sono pochi). Il pregio più grande del film costituisce pure il suo più grande limite: le riprese grandangolari, lo sfruttamento orizzontale del campo visivo, uniti ad una palette cromatica tendente al blu, contribuiscono alla spettacolarizzazione di talune scene, ma generano nello spettatore la sensazione che ogni singolo fotogramma sia stato girato pensando non già alla guerra, ma al cinema, allo spettatore medesimo. E questo è male. Parlando dei dialoghi: sapevo che ne avrei trovati molti meno rispetto ai passati film di Nolan, e avevo appreso la notizia con gioia. Purtroppo, però, ne ho trovati più di quelli che immaginavo, e quelli che vi sono risultano essere abbastanza banali. Alcune scelte di montaggio possono lasciare perplessi, e va evidenziato anche che il film, onde evitare qualsiasi tipo di limitazione o indicazione sui divieti ai minori, è oltremodo corretto: si possono ammirare soldati che saltano per aria e non riuscire a scorgere, al contempo, neppure una goccia di sangue. Anche questo non aiuta. Il finale è in assoluto il momento peggiore del film, dimostrazione che Nolan ha preso, impacchettato e infiocchettato il lungometraggio con il più spavaldo spirito statunitense (il fatto che non si veda un nazista per tutto il film, salvo un paio di secondi in una scena finale, contribuisce all'idea statunitense della lotta dei "giusti" contro un male indefinito e senza volto). Insomma, un'occasione mancata.
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contrammiraglio
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giovedì 14 settembre 2017
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al limite del soporifero
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Tutto mi sarei aspettato da un regista come Nolan meno che un film scialbo e noioso; se fino ad un certo punto si può anche sopravvivere alla noia, la stessa diventa insofferenza quando fa diventare uno Spitfire aliante e non ostante tutto gli fa anche abbattere un bombardiere in picchiata, oltre a mezza Luftwaffe prima; decisamente un passo falso questo film.
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matteofedele
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giovedì 14 settembre 2017
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capolavoro di poche parole
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L’altruismo di alcuni, l’egoismo di altri nella corsa contro il tempo che è la sopravvivenza. Nel suo decimo lungometraggio Nolan lesina in spettacolarità per focalizzarsi sull’umanità, limita il parlato per concentrarsi sugli sguardi. L’umanità e gli sguardi di un esercito di piccoli personaggi in balia di una morte senza volto. Nessuno di loro è più di uno stereotipo (l’eroico pilota, il bravo comandante, il soldatino impaurito), perché la vera protagonista è la guerra, la paura di esserne annientati, la speranza di uscirne vivi.
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L’altruismo di alcuni, l’egoismo di altri nella corsa contro il tempo che è la sopravvivenza. Nel suo decimo lungometraggio Nolan lesina in spettacolarità per focalizzarsi sull’umanità, limita il parlato per concentrarsi sugli sguardi. L’umanità e gli sguardi di un esercito di piccoli personaggi in balia di una morte senza volto. Nessuno di loro è più di uno stereotipo (l’eroico pilota, il bravo comandante, il soldatino impaurito), perché la vera protagonista è la guerra, la paura di esserne annientati, la speranza di uscirne vivi.
Tornano i tre livelli narrativi di “Inception” (si fonderanno solo per il gran finale) e come in “Inception” ognuno dei tre ha un arco temporale diverso. Per una settimana patiamo coi soldati sulla spiaggia, per un giorno navighiamo sul piccolo yacht del “marinaio della domenica” Mark Rylance e abbiamo solo un’ora per volare con Tom Hardy sopra la Manica prima che finisca il carburante.
In un cast di grandi nomi e di piccoli nomi di grande talento, la miglior interpretazione è quella del silente Aneurin Barnard, la più vivida incarnazione dell’istinto di sopravvivenza dai tempi di Tom Hanks in “Cast Away”. Buon esordio cinematografico per il civile Tom Glynn-Carney, per il soldato Fionn Whitehead e per il cantautore ex “One Direction” Harry Stiles. Risicato purtroppo il ruolo del traumatizzato Cillian Murphy, mentre fanno una nuova ottima figura i veterani Kenneth Branagh, Mark Rylance e Tom Hardy. Quest’ultimo, giunto alla sua terza collaborazione col regista britannico, si conferma uno dei numerosi feticci nolaniani. A proposito di feticci nolaniani, lo score di Zimmer cattura magistralmente paura e speranza dei personaggi con una continua alternanza di ansia lacerante ed esaltazione epica.
Non è il miglior Nolan (“Inception” resta la vetta), ma questo non gli impedisce di essere l’ennesimo capolavoro di una filmografia priva di passi falsi.
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visual_man
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giovedì 14 settembre 2017
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stilisticamente e tecnicamente un capolavoro
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Purtroppo Nolan fallisce quando è il momento di dispensare emozioni vere, anzi la sua intenzione pare sia stata quella di evitarle come la peste (intenzionalmente, vorrei a questo punto sperare, perché non credo a sviste del genere). Perché, quindi, seguire, dall'inizio alla fine del film, le vicende proprio di quel giovane soldato, se poi, alla fine, si rivela anonimo come la massa dei suoi commilitoni rimpatriati? Perché nascondere per quasi tutto il tempo dietro la maschera il viso dell'eroe senza macchia sullo Spitfire, come se Hardy fosse la versione positiva di Bane de "Il Cavaliere Oscuro"? Allo spettatore viene sostanzialmente impedita l'immedesimazione con i personaggi, a cui non resta solo che consolarsi con le maestose immagini ed il roboante sonoro.
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Purtroppo Nolan fallisce quando è il momento di dispensare emozioni vere, anzi la sua intenzione pare sia stata quella di evitarle come la peste (intenzionalmente, vorrei a questo punto sperare, perché non credo a sviste del genere). Perché, quindi, seguire, dall'inizio alla fine del film, le vicende proprio di quel giovane soldato, se poi, alla fine, si rivela anonimo come la massa dei suoi commilitoni rimpatriati? Perché nascondere per quasi tutto il tempo dietro la maschera il viso dell'eroe senza macchia sullo Spitfire, come se Hardy fosse la versione positiva di Bane de "Il Cavaliere Oscuro"? Allo spettatore viene sostanzialmente impedita l'immedesimazione con i personaggi, a cui non resta solo che consolarsi con le maestose immagini ed il roboante sonoro. Dio salvi la Regina.
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alfiosquillaci
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mercoledì 13 settembre 2017
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infernetto a dunkerque
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Mi ha annoiato non poco. Tre piani narrativi che si intersecano in modo labirintico e ad capocchiam (come smorzare una scena giunta all'acme per passare a un'altra? col coitus interruptus cinematographicus). Ecco i miei appunti critici e le mie insoddisfazioni.
Economia di mezzi narrativi, certo. Ma non nel senso dell'"effetto cric" per produrre paura in platea, tipo minimo sforzo massimo rendimento come nei film di Hitchcock, dove bastava uno scricchiolio o un'ombra o una bella donna nuda che fa la doccia e non è presaga di quel che sta per succedere, mentre noi sì avvertiti dalla musica extranarrativa.
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Mi ha annoiato non poco. Tre piani narrativi che si intersecano in modo labirintico e ad capocchiam (come smorzare una scena giunta all'acme per passare a un'altra? col coitus interruptus cinematographicus). Ecco i miei appunti critici e le mie insoddisfazioni.
Economia di mezzi narrativi, certo. Ma non nel senso dell'"effetto cric" per produrre paura in platea, tipo minimo sforzo massimo rendimento come nei film di Hitchcock, dove bastava uno scricchiolio o un'ombra o una bella donna nuda che fa la doccia e non è presaga di quel che sta per succedere, mentre noi sì avvertiti dalla musica extranarrativa. No, non per questo, ma per evidente contenimento di costi. Capisco che le grandi scene di guerra costino un botto e che o ricorri alla computer grafica o fai appello a budget corposi, ma tre miserelli Spitfire inglesi che vanno di qua e di là a mitragliare per il cielo di Dunkerque (ma perché mai lasciare in inglese il toponimo francese?) qualche peregrino stuka tedesco sono davvero povera cosa per chi ha visto altri film di guerra a ridosso degli anni '60-70. Forse in quegli anni c'erano ancora presso i trovarobati più velivoli a disposizione dei set cinematografici? Ma qui è come consolarsi con l'aglietto direbbero i miei amici romani.
La musica saturante di Hans Zimmer (lo stesso de "Il gladiatore", possibile?), in evidente stanca creativa, fa metà del suo lavoro e l'altra la assegna alla funzione sonora amplificante e spaccatimpani dell'IMAX. Il filo melodico, diciamo così, del soundtrack è una specie di sirena-trombone soffiata nelle orecchie degli spettatori, che chissà quale quintessenziale magnetismo acustico voleva suggerire alle storie che si intrecciano sullo schermo. A volte sembra addirittura che la musica soffochi le già minute immagini di giovanetti inglesi in scena, qui esili e preraffaelliti, e che nulla hanno delle tipiche facce irregolari e bitorzolute inglesi (knobby faces) che Orwell aveva segnalato nel suo saggio sul carattere british “Il leone e l’unicorno” (1941, l'anno dopo "Dunkirk").
Io non cercavo in questo film supplementi d'anima né ricercatezze stilistiche, queste le lascio ai cinéphiles che oggi sono in circolazione più dei sommelier e gli chef (con i quali condividono sprezzi , idiosincrasie e sublimi inattingibili), ma proprio il cinema-cinema popolare inaugurato alla fine degli anni ’70 da Spielberg, ossia buona gastronomia visiva con qualche elevazione d’eccezione, non so, una battuta memorabile, un dialogo shakespeariano perfetto, una panoramica immortale, un plot condotto con maestria e nulla più. Macché. Dicono, quelli che sanno, che il regista Nolan sia un genio, una specie di Wagner della pellicola che saprebbe mettere in linea magistralmente Wort, Ton, Drama (parola, musica e rappresentazione/narrazione), e, con lode addizionale, aggiungono, avrebbe i tempi delle serie televisive, che non so quale encomio supplementare possa costituire.
"Dunkirk" è un film che ribadisce alle platee anglosassoni la tenacia, l’orgoglio, la tigna britannici, che furono il vero motore che portò gli inglesi alla vittoria finale, è vero. Virtù civiche e militari che, quando vengono proiettati come in questo film sulle efelidi e la faccina shakespeariana di Kenneth Branagh - qui ancor più rimpicciolito in un cappotto master mariner e sacrificato su un molo in ottemperanza a un indefesso spirito di servizio fuori ordinanza -, sembrano raggiungere i toni grotteschi di un lirismo nella farsa.
Alfio Squillaci
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mabster
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mercoledì 13 settembre 2017
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mediocre film di guerra
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Tom che abbatte due caccia bf109, un bombardiere heinkel 111 e, a motore spento, un bombardiere ju87 in picchiata; be' tutto questo ricorda l'altro Tom che fotografica in volo rovescio un mig.
Il soldato imbarcato e affondato più volte.
L'ostentato e iper-leccato patriottismo inglese.
lIn sinstesi: La celebrazione dei superinglesi incastonata in un mediocre film di guerra.
...nsomma, parecchio sottotono per uno come Nolan
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